Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5338 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5338 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CEPARANO ATTILIO N. IL 21/09/1956
avverso l’ordinanza n. 51/2012 TRIB.SEZ.DIST. di TORRE DEL
GRECO, del 23/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZE!;

Data Udienza: 20/09/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 23 luglio 2012 il Tribunale di Torre
Annunziata, sezione distaccata di Torre del Geco, in funzione di giudice
dell’esecuzione, ha parzialmente accolto la domanda di Ceparano Attilio,
intesa ad ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione tra i
reati di abusivismo edilizio, commessi il 26/09/1998, dal 5/10/1998 al

In particolare, la continuazione è stata riconosciuta tra i primi tre fatti,
attinenti al medesimo abuso edilizio, con esclusione dell’ultimo, commesso
il 27/09/2007, a distanza di tempo dai precedenti e riguardante altro tipo di
abuso (rimessaggio barche) rispetto a quello relativo a manufatto di natura
residenziale, commesso nel periodo 1998-1999 con completamento dei
lavori nel 2005-2007.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Ceparano tramite il difensore, il quale deduce la violazione e falsa
applicazione dell’art. 81 cod. pen.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché, al di là del titolo dato al motivo
formulato, propone in realtà censure di merito non consentite nel giudizio di
legittimità, diffondendosi nella descrizione del manufatto abusivo escluso
dalla continuazione, che consisterebbe in un vano ascensore e in un
manufatto in muratura posto al di sotto di un capannone, completato con la
realizzazione di una piscina destinata al figlio e al nipote del ricorrente,
entrambi invalidi, donde la ritenuta finalità residenziale anche della
costruzione realizzata nel 2007 che si porrebbe in continuità con le
precedenti.
Il giudice dell’esecuzione, invece, con motivazione adeguata e coerente,
immune da vizi logici e giuridici, e perciò insindacabile in questa sede, ha
sottolineato la frattura temporale e qualitativa ravvisata tra i lavori eseguiti
fino al 2006 e i manufatti successivi a destinazione non residenziale (e, in
proposito, va annotato che la realizzazione di una piscina non costituisce
normale pertinenza di un edificio residenziale).

27/09/1999, il 23/02/2006 e il 27/09/2007.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 20 settembre 2013.

minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

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