Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5337 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5337 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIUNTA PAOLO N. IL 25/03/1971
avverso l’ordinanza n. 2468/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
PALERMO, del 02/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 20/09/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 2 ottobre 2012 il Tribunale di sorveglianza di
Palermo ha dichiarato inammissibili le istanze di detenzione domiciliare e
semilibertà e respinto la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale,
avanzate da Giunta Paolo, condannato alla pena di anni tre di reclusione ed

oggetto di furto, commesso nel 2008.
A ragione della decisione il Tribunale ha addotto la pericolosità sociale

dell’istante desunta dai precedenti penali; dalla nota informativa di carabinieri
in data 3 luglio 2012, segnalante numerose denunce, tra cui la più recente per
truffa e sostituzione di persona nel marzo 2012, e assidue frequentazioni con
persone pregiudicate; dalla indagine socio-ambientale dell’U.E.P.E. (Ufficio
esecuzione penale esterna) attestante l’assenza di revisione critica del lungo
passato deviante, da parte del Giunta, coniugato con due figli minori e occupato
nel suo autoparco per compravendita di auto, sito in Canicattì.
Il Tribunale, in particolare, ha dichiarato inammissibile la detenzione
domiciliare generica, ai sensi dell’art. 47ter, comma lbis, Ord. Pen., risultando
il Giunta condannato per reati aggravati dalla recidiva reiterata; e inammissibile
anche la semilibertà non essendo stata espiata la quota minima prevista dalla
legge.
Ha, quindi, respinto la domanda di affidamento in prova al servizio sociale
per la rilevata pericolosità sociale e per la sua non affidabilità anche in relazione
all’attività lavorativa svolta, poiché, proprio nell’ambito di essa, erano stati
commessi i reati sanzionati con le pene da espiare, donde l’impossibilità di
ritenere la misura alternativa più ampia adeguata agli obiettivi di rieducazione e
di prevenzione propri degli istituti dell’ordinamento penitenziario.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Giunta tramite il difensore, il quale deduce i seguenti motivi.
2.1. Inosservanza od erronea applicazione dell’art. 47 legge n. 354 del
1975, con successive modifiche ed integrazioni.
2.2. Inosservanza od erronea applicazione dell’art. 47ter, comma 1 e ibis,
legge n. 354 del 1975, con successive modifiche ed integrazioni.
2.3. Vizio di motivazione rilevante come violazione di legge per mancanza o
apparenza di essa e come specifica censura per difetto, manifesta illogicità e
contraddittorietà, risultante dal testo del provvedimento impugnato.

euro 4.000,00 di multa per il delitto di ricettazione di autovettura taroccata,

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile nei termini che seguono.
1. Il primo motivo deduce mancata valutazione del comportamento del
Giunta in libertà, dopo il reato commesso nel 2008, con omessa valutazione del
contenuto della relazione socio-ambientale dell’ufficio di esecuzione penale

a quanto sostenuto dal Tribunale, sarebbero favorevoli all’istante.
In particolare, la nota dei Carabinieri evidenzierebbe la collaborazione
prestata dal Giunta nel processo penale per cui ha subito condanna, avendo
consentito l’identificazione degli effettivi colpevoli del furto e del riciclaggio, e
paleserebbe altresì che i reati non furono commessi nell’autosalone gestito dal
Giunta, ma altrove, e che l’accertata presenza di pregiudicati in esso
deriverebbe solo dal tipo di attività svolta dall’interessato e non da una sua
scelta di relazioni.
Osserva la Corte che la doglianza è aspecifica perché propone una diversa
lettura di dati che, contrariamente all’assunto del ricorrente, sono stati presi in
considerazione dal Tribunale di sorveglianza, ma letti in senso inverso a quello
sostenuto dal Giunta.
Non sussiste pertanto la violazione di legge per omesso esame di elementi
fondanti la decisione sulla misura alternativa, in violazione dell’art. 47 Ord. Pen.
Quanto lamentato dal ricorrente potrebbe integrare un vizio della
motivazione per travisamento di dati istruttori rilevanti, ma la mancata specifica
indicazione dei passi delle relazioni informative che sarebbero stati travisati
nell’ordinanza impugnata, in cui le medesime relazioni sono invece citate e
interpretate in senso contrario a quello sostenuto dal ricorrente, per giustificare
l’apprezzata pericolosità e inaffidabilità del Giunta, rende il motivo di ricorso, in
parte qua, generico e perciò inammissibile.
1.2. Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 47ter, comma 1.1. e
comma lbis, Ord. Pen.
La violazione delle disposizioni in tema di detenzione domiciliare generica è
palesemente infondata, essendo la pena da espiare superiore a due anni;
quanto alla violazione delle disposizioni in tema di detenzione domiciliare
tipizzata, di cui al comma 1 dell’art. 47ter Ord. Pen., fondata sulla recidiva
reiterata, contestata e applicata al Giunta nella sentenza di condanna, pur nel
corretto rilievo del ricorrente secondo

cui tale misura non sarebbe inibita,

nonostante la detta recidiva, non essendo la pena da espiare superiore a tre
anni, la censura è tuttavia inammissibile perché suppone un’istanza nuova,
2

esterna (U.E.P.E.) e della nota informativa dei Carabinieri, che, contrariamente

proposta per la prima volta in questa sede, senza che il Giunta abbia dedotto la
ricorrenza di alcuna delle condizioni che, a norma dell’art. 47ter, comma 1,
lett. a), b), c), d) ed e), Ord. Pen., legittimano l’ammissione del condannato, il
quale debba espiare una pena non superiore a quattro anni, alla detenzione
domiciliare.
1.3. Non sussiste, infine, mera apparenza della motivazione o vizio della
stessa per difetto, manifesta illogicità o contraddittorietà, avendo il Tribunale,

puntuali e coerenti le ragioni della ritenuta pericolosità sociale attuale del
Giunta e l’inadeguatezza della misura dell’affidamento in prova al servizio
sociale a consentire la sua rieducazione e reinserimento sociale.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue,

ex art. 616,

comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione
pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 20 settembre 2013.

come indicato nella narrativa di questa ordinanza, esposto con argomentazioni

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