Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5337 del 15/10/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5337 Anno 2015
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUCA DORIAN N. IL 16/11/1986
avverso la sentenza n. 2676/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
26/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, r la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 15/10/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gioacchino Izzo, ha
concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Figari, il quale chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Muca Dorian è stato condannato dal tribunale di Genova alla pena

guida internazionale a lui intestato, nonché per aver guidato un
autoveicolo senza aver conseguito la patente di guida.
2.

La Corte d’appello di Genova, in parziale riforma della sentenza di

primo grado, ha assolto lo stesso dal reato di guida senza patente
perché il fatto non sussiste, rideterminando la pena per il reato
principale in mesi 2 e giorni 20 di reclusione.
3.

Contro la predetta sentenza propone ricorso per cassazione

l’imputato per i seguenti motivi:
a. erronea applicazione della legge penale, nonché mancanza e
contraddittorietà della motivazione con riferimento alla
ritenuta insussistenza dell’ipotesi del falso grossolano;
b. mancanza e contraddittorietà della motivazione circa la
realizzazione della supposta contraffazione in territorio
italiano. Sotto tale profilo si ritiene contraddittoria la
motivazione laddove afferma che la contraffazione è avvenuta
in Italia perché gli errori di lingua albanese che contiene non
sarebbero stati compiuti ove il reato fosse stato commesso in
Albania. Il ricorrente sostiene che se detta affermazione è
vera, allora ne dovrebbe conseguire che il documento, se
effettivamente formato in Italia, non dovrebbe contenere
errori in lingua italiana (mentre invece tali errori contiene).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione sul falso grossolano è manifestamente infondata; la
sentenza, sul punto, risulta adeguatamente motivata e, in ogni caso,
si tratta di un accertamento in fatto riservato al giudice dì merito,
1

di mesi 3 e giorni 10 di reclusione per aver contraffatto il permesso di

non suscettibile di censura in sede di legittimità in mancanza di una
evidente illogicità del ragionamento adottato. Nel caso di specie, poi,
gli errori riscontrati sulla patente non sono immediatamente
percepibili, se si considera che la patente è spesso utilizzata anche
come documento di identità e che chi la riceve in visione non si mette
certo a leggere accuratamente tutte le parti scritte. I tre errori nella
traduzione in lingua italiana, pertanto, non possono rendere la
contraffazione immediatamente intellegibile, così come la stampa di

inchiostro in seguito a controllo di microscopia ottica. Analogo
discorso per quanto riguarda il tipo di carta utilizzata per le pagine
interne. Lo stesso, infine, è a dirsi per la patente albanese, essendo
per questa ancor più facile indurre in errore sul territorio italiano
chicchessia, non potendosi facilmente comprendere gli errori della
lingua straniera o le caratteristiche specifiche della patente estera.
2. Il concetto di falso grossolano, d’altronde, è collegato al tema del
reato impossibile per inidoneità della condotta; ma ciò accade solo
quando il falso è così evidente da escludere la stessa possibilità, e
non soltanto la probabilità, che lo stesso venga riconosciuto da una
qualsiasi persona di comune discernimento e avvedutezza (Sez. 6, n.
37019 del 23/06/2010, Aloisi, Rv. 248590). Sul punto si veda, in
motivazione, la recente Sez. 5, n. 51166 del 06/11/2013, Schiava,
Rv. 257728: si ha falso grossolano ogni qualvolta la contraffazione è
talmente maldestra ed evidente da impedire che chicchessia possa
essere tratto in inganno; si tratta, cioè, di una falsità che, per le
modalità con cui è realizzata, non può trovare alcun credito presso le
persone a cui è destinata. Nel caso in esame non si può dire che il
falso fosse così evidente da escludere anche solo la possibilità che
una persona comune potesse essere tratta in inganno.
3. La seconda questione, sul luogo di commissione del reato, è
inammissibile perché censura una valutazione in fatto che ha trovato in
sentenza adeguata motivazione, priva di vizi logici evidenti. D’altronde,
la stessa difesa, pur contestando il ragionamento della Corte, non ha
saputo indicare motivi specifici da cui desumere che il reato era stato
commesso a I l’este ro .
4. Il motivo, dunque, costituisce censura in punto di fatto della
sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli
elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare
2

fondo della copertina, risultata impressa con sistema a getto di

la decisione, cioè ad attività che rientrano nel potere discrezionale del
giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di
legittimità se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e congrua
motivazione esente da vizi logico-giuridici (Sez. 2, n. 42595 del
27/10/2009, Errico).
5. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché

emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 15/10/2014

(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa

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