Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53340 del 25/10/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 53340 Anno 2017
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: GIANESINI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GANGITANO SALVATORE nato il 15/04/1949 a RIESI

avverso la sentenza del 28/01/2016 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MAURIZIO GIANESINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO
che ha concluso
11- P1’m-7-

.

Ud-ite-g-El-ifentore

per l’inannmissibilita’ del ricorso.

Data Udienza: 25/10/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Il Difensore di Salvatore GANGITANO ha proposto ricorso per Cassazione
contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di CALTANISSETTA ha
confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputato alla
pena di un anno, in aumento per continuazione rispetto a quella inflitta
definitivamente con la sentenza della Corte di Appello di TORINO divenuta
irrevocabile il 22/4/2009, in riferimento al reato di cui all’art. 368 cod. pen. per
avere falsamente incolpato un ispettore di Polizia di aver simulato il rinvenimento

2. Il ricorrente ha dedotto due motivi di ricorso, entrambi per violazione di
legge sostanziale e processuale e per vizi di motivazione ex art.606, comma 1
lett. b,c ed e cod. proc. pen.
2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha segnalato la sostanziale
contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata che non conteneva
alcun riferimento alle risultanze probatorie e non faceva corretta applicazione dei
principi di cui all’art. 649, comma 2 cod. pen., specie in riferimento alla
affermata novità, rispetto a quella già definitivamente giudicata, della denuncia
presentata ai CC di Riesi che ha costituito oggetto del procedimento di merito
oggi pervenuto all’esame della Corte di Cassazione, denuncia che in realtà aveva
ripercorso interamente quella precedentemente proposta.
2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente ha sottolineato che con la
presentazione ai CC di Riesi della memoria valutata come ulteriormente
calunniosa da parte della Corte di Appello, l’imputato aveva in realtà esercitato il
proprio diritto di difesa che si era mantenuto, quanto alle sue modalità, nei limiti
di legge, tra l’altro ripetendo senza novità quanto già oggetto della precedente
denuncia ritenuta calunniosa.
Mancava poi, nel comportamento del GANGITANO, la consapevolezza di
accusare taluno sapendolo innocente, dato che l’arma faceva parte di 16.000
pistole in dotazione della Polizia , depositata presso il Centro di raccolta Armi e
rottamata il 3/9/1991.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto proposto per motivi
manifestamente infondati, con le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen..
2. Il primo motivo di ricorso, oltre a sollevare una doglianza del tutto
generica ed apodittica quale quella secondo la quale la motivazione della Corte
1

di una pistola nella sua abitazione.

territoriale non faceva alcun riferimento alle risultanze probatorie, si sofferma
criticamente, con un qualche maggiore approfondimento, sul tema del “ne bis in
idenn”, ingiustificatamente negato, secondo il ricorso, dalla Corte di Appello di
CALTANISSETTA.
2.1 Va allora brevemente ricordato che il GANGITANO è stato già
definitivamente condannato dalla Corte di Appello di TORINO per un fatto di
calunnia commesso nel corso dell’interrogatorio 25/7/2000 reso al Pubblico
ministero, nel corso del quale l’imputato aveva falsamente accusato i Carabinieri

perquisizione domiciliare eseguita il 25/7/1999; nel processo di merito oggi alla
attenzione della Corte di Cassazione, il GANGITANO è accusato del reato di
calunnia commesso in uno scritto presentato il 21 marzo 2008 sempre aí
carabinieri di Riesi con il quale aveva accusato gli stessi carabinieri di aver
collocato nella sua abitazione una pistola cal. 7,65 nel corso di una perquisizione
domiciliare svolta il 12 ottobre 1991.
2.2 La Corte di Appello, sulla base sia della diversità di occasione che aveva
generato le due distinte denunce calunniose (la perquisizione del 25/7/1999 nel
processo concluso, quella del 12/10/1991 nel presente processo), sia,
soprattutto, della diversità dell’oggetto materiale della falsa incolpazione, delle
munizioni nel primo caso, una pistola 7.65 nel secondo, ha escluso che tra i due
episodi di calunnia ricorresse quella identità fattuale che sola legittima la
pronuncia di sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere di cui all’art.
649, comma 2 cod. proc. pen..
2.3 La decisione della Corte si manifesta assolutamente corretta sulla base
della giurisprudenza di legittimità secondo la quale la identità del fatto, per
essere rilevante in funzione del riconoscimento della preclusione del precedente
giudicato, sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella
configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi quali
condotta, evento e nesso causale e con riguardo alle circostanze di tempo, luogo
e di persona (in tal senso, Cass. Sez. Unite 28/6/2005 n. 34655, Donati, Rv
231799 fino alla più recente Cass. Sez. 5 del 20/10/2014 n. 52215, P.G. in proc.
Carbognani, Rv 261364); del resto, e per concludere sul punto, le censure mosse
con il ricorso, specie in tema di novità contenutistica della seconda incolpazione
rispetto a quella già giudicata, si collocano in un ambito di sostanziale genericità
in quanto non riferite esplicitamente e argomentatamente al ragionamento
svolto sul punto dalla Corte territoriale e ripetitivamente rapportate, senza reale
specificazione alcuna, a pretese mancanze di ogni supporto probatorio.

2

di Riesi di aver collocato nella sua abitazione delle munizioni nel corso di una

2.4 Anche in merito alla (parzialmente diversa) censura difensiva secondo la
quale non ci si troverebbe qui in presenza di due distinte incolpazioni ma di una
accusa sostanzialmente unica, va ricordato preliminarmente che la calunnia
oggetto del presente giudizio ha tratto origine da un atto denominato “motivi di
appello aggiunti” presentati ai Carabinieri di Riesi il 21/3/2008 nell’ambito del
processo per calunnia concluso con la sentenza già passata in giudicato e che
all’epoca pendeva ancora davanti alla Corte di Appello di TORINO; a questo
proposito, la Corte ha chiarito che la presentazione di successivi atti di

commissione di diversi e distinti reati di calunnia quando la prospettazione
contenuta nel secondo atto si risolva in una specificazione e in un
approfondimento, dotato di caratteri di novità, rispetto a quanto già enunciato
nella denuncia calunniosa originaria (in tal senso, Cass. Sez. 6 n. 43018,
Affaticato, Rv 226927 e ancora Cass. Sez. 6 del 24/2/1998 n. 4082, Iantorno, Rv
210215) e ha rinvenuto detto indispensabile carattere di novità nella indicazione
di un nuovo fatto e di una nuova circostanza, rappresentati, nel caso in esame,
dalla falsa incolpazione ai Carabinieri di aver collocato nella abitazione, oltre alle
munizioni di cui alla prima denuncia, anche una pistola.
3. Le considerazioni tutte sopra svolte rendono manifesta la paese
infondatezza del secondo motivo di ricorso, quello che critica la decisione
impugnata per non avere riconosciuto che il fatto era stato realizzato nell’ambito
di un legittimo diritto di difesa e di censura di un provvedimento giudiziario.
3.1 La Corte infatti ha osservato, come più volte ricordato nelle righe che
precedono, come l’imputato non si sia limitato, nel testo della seconda denuncia,
a ribadire i fatti già oggetto della prima ma abbia allegato nuove e diverse
circostanze, il che è sufficiente per escludere il legittimo esercizio del diritto di
difesa sulla base della costante giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo
la quale integra il delitto di calunnia la condotta di colui che non si limiti a negare
la fondatezza delle accuse a suo carico ma rivolga all’accusatore, di cui conosce
l’innocenza, accuse specifiche idonee a determinare la possibilità di inizio di una
indagine penale (così Cass. Sez. 2 del 1/7/2009 n. 28620, Ostuni, Rv 244730).
3.2 Sotto il profilo, infine, della assenza nell’imputato del convincimento di
accusare taluno che egli sapeva innocente, va rilevato che le argomentazioni
svolte dal ricorrente, che fanno riferimento a fatti e circostanze relative al
procedimento sorto a TORINO per la detenzione della pistola di cui alla prima
denuncia calunniosa, si limitano a confutare genericamente ed
indimostratamente la fondatezza delle dichiarazioni autoaccusatorie rese in

3

incolpazione che hanno ad oggetto lo stesso reato e lo stesso incolpato integra la

quella sede dal GANGITANO che aveva ripetutamente ammesso di aver
conseguito la materiale disponibilità dell’arma in quanto detenuta dal fratello
Vincenzo, deceduto a Riesi nel 1997 e trasportata poi a TORINO, senza svolgere
in realtà alcuna censura realmente qualificabile in termini di effettiva, manifesta
illogicità della motivazione della Corte di merito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

ammende.
Così deciso il 25 ottobre 2017.

spese processuali e della somma di 2.000,00 euro a favore della cassa delle

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