Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53338 del 25/10/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 53338 Anno 2017
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: GIANESINI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RIVA IVANA GIUSEPPINA nato il 27/03/1960 a SEREGNO

avverso la sentenza del 31/10/2016 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MAURIZIO GIANESINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO
che ha concluso per

Il-Proc–Gern=tertte per l’annullamento senza rinvio.
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Data Udienza: 25/10/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Il Difensore di Ivana Giuseppina RIVA ha proposto ricorso per Cassazione
contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di MILANO; in parziale riforma
della sentenza di primo grado, aveva riconosciuto all’imputata le circostanze
attenuanti generiche in regime di equivalenza rispetto alla recidiva contestata, e
aveva quindi rideterminato la pena finale in sei mesi di reclusione e 60,00 euro
di multa, pena detentiva che era stata convertita in 6.840,00 euro , per un totale
di 6.900,00 euro di multa.

1.1 Ivana Giuseppina RIVA è imputata del reato di cui all’art. 334 cod. pen.
per mancata ottemperanza all’obbligo di custodire un veicolo sequestrato
sottraendolo alla procedura di confisca.
2. Il ricorrente ha articolato cinque motivi di ricorso.
2.1 Con il primo motivo, dedotto per violazione di legge penale sostanziale,
processuale e per vizi di motivazione, la ricorrente ha “chiesto” l’applicazione
della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., debitamente
richiesta con i motivi di appello, censura che la Corte non aveva affrontato in
modo esplicito e aveva comunque rigettato sulla base di considerazioni non
pertinenti, specie sul tema della abitualità del comportamento che necessitava
della precedente commissione di più reati della stessa indole oltre quello oggetto
del procedimento.
2.2 Con il secondo motivo, la ricorrente ha criticato la decisione della Corte
che aveva confermato l’ordinanza pronunciata in primo grado e debitamente
impugnata con la sentenza di condanna, relativa alla mancata ammissione di una
teste a prova contraria sulle circostanze di cui al capo di imputazione, ritenendo
che l’esame della teste, in quanto affine dell’imputata, “non avrebbe dato piena
affidabilità, in totale assenza di altri elementi che potessero convalidare la tesi
difensiva” quando invece l’ammissione di prova contraria poteva essere negata
dal Giudice con adeguata motivazione solo quando le prove richieste fossero
vietate, manifestamente superflue o irrilevanti e non certo sulla base di una
preventiva, negativa valutazione di credibilità.
2.3 Con il terzo motivo, la ricorrente ha contestato la decisione della Corte
che aveva affermato il concorso ex art. 110 cod. pen. dell’imputata con il marito
nel reato di cui all’art. 334, primo comma cod. pen. quando invece la RIVA
avrebbe dovuto rispondere del meno grave reato di cui all’art. 334, terzo comma
cod. pen., tanto più che la stessa aveva agito a seguito di una attività
ingannevole realizzata dallo stesso marito che, secondo la Corte avrebbe potuto
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portare alla assoluzione della RIVA mentre una ipotesi di possibile concorso ex
art. 117 cod. pen. oltre a non trovare applicazione dato che sia il proprietario che
il custode erano soggetti attivi di due distinti reati, non aveva comunque tenuto
conto della diminuzione di pena prevista dal secondo comma della norma citata.
2.4 Con il quarto motivo, la ricorrente ha criticato il diniego, da parte della
Corte, della attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., dato che la confisca della
autovettura avrebbe comportato per la Pubblica amministrazione costi e non

2.5 Con il quinto motivo, la ricorrente ha confutato le argomentazioni della
Corte, che aveva negato una seconda sospensione condizionale della pena “in
assenza di sforzi risarcitori da parte dell’imputata” con una giustificazione
sostanzialmente perplessa e priva di reale consistenza oggettiva dato che non
era stato indicato quali condotte avrebbe dovuto effettivamente tenere
l’imputata, tanto più che la persona offesa e cioè la Pubblica amministrazione,
non si era costituita parte civile.
2.6 Con una ultima prospettazione, infine, la ricorrente ha segnalato che il
reato era prescritto al 27 novembre 2016, dato che non erano intervenuti atti
interruttivi della prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto, con assorbimento degli
altri profili di doglianza e pronuncia di sentenza di annullamento senza rinvio
perché l’imputata non è punibile per particolare tenuità del fatto ex art. 131- bis
cod. pen..
2. Come si è brevemente ricordato più sopra, la Corte di Appello di MILANO,
con motivazione assai succinta, ha negato la ricorrenza della ipotesi di non
punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. con l’osservazione che “il fatto, pur
minimo, non appare episodico per la RIVA, che vanta un precedente specifico di
violazione dell’art. 388 cod. pen.”.
3. La decisione della Corte è assunta in sostanziale violazione di legge; la
giurisprudenza della Corte di Cassazione, nella sua più autorevole composizione,
ha infatti specificato che “ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della
causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il comportamento è
abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha
commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame” (Cass. Sez. Unite
Sez. U, del 25/2/2016 n. 13681, Tushaj, Rv 266591); nel caso all’esame della

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certo vantaggi.

Corte, per contro, la ricorrenza della causa speciale di non punibilità è stata
illegittimamente negata sulla base di un comportamento ritenuto abituale perché
preceduto da un solo reato, considerato evidentemente della stessa indole, e
cioè da un unico fatto di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del
Giudice.
5. La causa speciale di non punibilità di cui si dice, poi, può essere rilevata
nel giudizio di legittimità a condizione che i presupposti per la sua applicazione
siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori

altri, Rv 269164); in questa prospettiva, va allora ricordato che la stessa Corte di
Appello ha definito il fatto in termini di minimo disvalore e che si tratta qui di una
autovettura sottratta alla procedura di confisca perché avviata alla rottamazione,
segno evidente, da un lato, di una condotta pressocchè insignificante dal punto
di vista criminale e, dall’altro, del minimo valore economico dell’oggetto
materiale della stessa, così che già in questa sede e senza la necessità di
ulteriori accertamenti, l’offesa può sicuramente essere qualificata in termini di
particolare tenuità.
6. La sentenza impugnata va quindi annullata senza rinvio, ai sensi dell’art.
620, comma 1 lett. I cod. proc. pen., perché l’imputata non è punibile ai sensi
dell’art. 131 bis cod. pen. per particolate tenuità del fatto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’imputata non è punibile ai
sensi dell’art. 131.bis cod. pen.
Così deciso il 25 ottobre 2017.

accertamenti fattuali a tal fine (Cass. Sez. 6 del 16/12/2016 n. 7606, Curia e

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