Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53317 del 22/09/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 53317 Anno 2017
Presidente: SETTEMBRE ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PISPICIA SALVATORE TOMMASO nato il 11/05/1995 a PALERMO

avverso l’ordinanza del 29/05/2017 del TRIB. LIBERTA di PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO;
lette/sentite le conclusioni del PG GIANLUIGI PRATOLA
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
Udito il difensore

Data Udienza: 22/09/2017

FATTO E DIRITTO
1. Con l’ordinanza di cui in epigrafe il tribunale di Palermo, in funzione di
tribunale del riesame, adito ex art. 309, c.p.p., confermava l’ordinanza

Palermo, in data 5.5.2017, aveva applicato la misura cautelare
dell’obbligo di dimora nei confronti di Pispicia Salvatore Tommaso, in
quanto ritenuto gravemente indiziato dei reati di violenza privata e di
lesioni personali volontarie, aggravati, di cui ai capi a) e b)
dell’imputazione provvisoria, commessi in danno di Sicilia Angelo.
2. Avverso l’ordinanza del tribunale ha proposto tempestivo ricorso per
cassazione il Pispicia, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando
vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza a carico del ricorrente, ritenuta dal tribunale del riesame
sulla base di un’inadeguata valutazione delle risultanze acquisite nel
corso delle indagini preliminari, non essendo possibile affermare con
elevata probabilità che il Pispicia sia la persona che il 21.12.2016 ha
aggradito il Sicilia (addetto alla sicurezza presso la discoteca di Palermo
“Excelsior Le Terrazze), posto che, da un lato, il soggetto ritratto nel
video girato dalla stessa persona offesa all’atto dell’aggressione non
porta la barba, a differenza dell’indagato; dall’altro, l’individuazione
fotografica da parte del Sicilia è avvenuta ben nove mesi dal verificarsi
dei fatti e non vi è certezza che il soggetto ritratto nel fotogramma
fornito dallo stesso Sicilia sia proprio l’indagato, senza tacere che il
Sicilia non ha potuto osservare l’aggressore, avendolo quest’ultimo
colpito alle spalle.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
4.

Al riguardo occorre richiamare, sia pure brevemente, l’approdo

interpretativo, condiviso da questo Collegio, al quale è giunta la
giurisprudenza di legittimità, che da tempo ha evidenziato come, in
materia di provvedimenti de libertate, la Corte di Cassazione non ha
alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende

con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di

indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né di rivalutazione delle
condizioni soggettive dell’indagato, in relazione alle esigenze cautelari e
all’adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito
rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha
applicato la misura e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto
dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo
hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la
congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento (cfr. Cass., sez. IV, 3.2.2011, n. 14726, D.R.), essendo
sufficiente ai fini cautelari un giudizio di qualificata probabilità in ordine
alla responsabilità dell’imputato” (cfr. Cass., sez. II, 10.1.2003, n.
18103, rv. 224395; Cass., sez. III, 23.2.1998, n. 742).
4. Orbene, non appare revocabile in dubbio che il tribunale del riesame
di Palermo ha fatto buon uso di tali principi.
Con motivazione approfondita ed immune da vizi, infatti, il giudice
dell’impugnazione cautelare ha specificamente indicato gli elementi che
sostengono, sotto il profilo dell’elevata probabilità, l’assunto accusatorio,
individuandoli nelle dichiarazioni della persona offesa; nei riconoscimenti
fotografici da quest’ultima effettuati; dagli esiti della consulenza
antropometrica disposta dal pubblico ministero, elementi tutti
convergenti nell’indicare il Pispicia come uno degli aggressori del Sicilia.
A fronte di tale esaustivo e logico argomentare, le censure difensive
tendono ad una diversa valutazione degli elementi fattuali considerati
dal tribunale del riesame, rendendo, pertanto, inammissibile il ricorso,
per le ragioni già indicate.
5. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente,
ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento
ed, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene
equo fissare in 2000,00 euro, tenuto conto dei profili di colpa relativi alla
evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte Costituzionale, n.
186 del 13.6.2000).
P.Q.M.

2

1/1

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della
cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 22.9.2017.

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