Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53315 del 25/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 53315 Anno 2017
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: CAPUTO ANGELO

Data Udienza: 25/10/2017

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LUZZIO NICOLA nato il 06/12/1963 a MILANO

avverso la sentenza del 16/11/2016 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPUTO

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCO
SALZANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 16/11/2016, la Corte di appello di Milano,
esclusa la recidiva e riformato in melius il trattamento sanzionatorio, ha nel resto
confermato la sentenza del 13/01/2015 con la quale il Tribunale di Monza,
all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato Nicola Luzzio responsabile del
reato di bancarotta semplice, perché, nella qualità di amministratore unico di
Tecnolombardia s.r.I., dichiarata fallita il 21/10/2010, aggravava il dissesto della

perdite già dal 2007.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto
ricorso per cassazione Nicola Luzzio, attraverso il difensore avv. L. Riva,
articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1,
disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine all’elemento
psicologico del reato. I giudici di merito non hanno considerato l’assoluta
mancanza, a partire dal 2007, di qualsiasi operazione nuova e imprudente, in
quanto l’imputato si è limitato a continuare a svolgere la propria attività al solo
fine di onorare i propri impegni anche con i dipendenti, mentre non possono
essergli contestati né atti di distrazione, né operazioni imprudenti. Il ricavo delle
vendite è stato interamente utilizzato per il pagamento dei debiti e, nel
frattempo, l’imputato non ha intrapreso alcuna operazione economica, né
assunto debiti, il che evidenzia la sua buona fede e l’insussistenza della colpa
grave.
Il secondo motivo denuncia violazione della legge penale e vizi di
motivazione in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena. La
sentenza del Tribunale di Milano del 30/06/2011 che aveva condannato, con la
sospensione condizionale della pena, Luzzio alla pena dell’ammenda nel minimo
edittale per alcune irregolarità concernenti un cantiere evidenzia che,
nell’immediatezza, l’imputato aveva provveduto a mettere in sicurezza il cantiere
stesso e che nessun danno era stato causato, sicché erroneamente non è stata
disposta la sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è solo in parte fondato.

2.

Il primo motivo non merita accoglimento. La Corte distrettuale ha

ripercorso in sintesi le vicende dalla società fallita: nel 2007 aveva perso

2

società astenendosi dal richiederne il fallimento nonostante l’esistenza di gravi

completamente il capitale sociale e, a partire dallo stesso anno, era stato perso il
patrimonio, con il progressivo smantellamento della struttura produttiva (nel
2008 era stato ceduto il 60% delle attrezzature produttive e nel 2009 tre dei
quattro automezzi di proprietà); nel medesimo anno aveva avuto luogo un primo
dimezzamento delle vendite, seguito, l’anno successivo, da un ulteriore
dimezzamento, senza che la struttura dei costi si fosse proporzionalmente
adeguata al trend negativo dei ricavi; l’esposizione debitoria, soprattutto nei
confronti dei creditori privilegiati, si era progressivamente aggravata, mentre

realizzabile. A fronte della ricostruzione delle vicende della società offerta dalle
conformi sentenze di merito sulla base di dati non oggetto di specifica censura, il
ricorrente reitera il riferimento al mancato compimento dal 2007 di operazioni
nuove e imprudenti e o di atti distrattivi: sul punto è agevole replicare con il
puntuale rilievo della Corte distrettuale, che ha rimarcato come tale deduzione
sia del tutto inconferente rispetto al fatto di bancarotta semplice ascritto
all’imputato, laddove la dedotta destinazione dei ricavi al pagamento dei debiti
non inficia il dato dimostrativo del progressivo aggravamento della situazione
debitoria derivato dal mancato tempestivo accesso alla procedura concorsuale.
Nel resto, le ulteriori doglianze non sono idonee ad incidere sulla tenuta logicoargomentativa delle sentenze di merito, che hanno dato conto della sussistenza
dell’elemento psicologico richiamando, in termini immuni da vizi logici, la scelta
gravemente colposa dell’imputato che, nel quadro economico – finanziario della
società sopra sinteticamente richiamato, si astenne dal chiedere il fallimento.

3. Il secondo motivo, invece, deve essere accolto, nei termini di seguito
indicati. A sostegno del diniego del riconoscimento della sospensione
condizionale, la sentenza impugnata ha richiamato la sentenza del Tribunale di
Milano del 30/06/2011, con la quale il beneficio era già stato applicato, e ha
rilevato che l’imputato non ha dedotto la sussistenza dei presupposti di cui al
primo e al secondo comma dell’art. 165 cod. pen. richiesti per la concessione di
una seconda sospensione. Nei termini indicati, tuttavia, il dato ostativo alla
nuova sospensione condizionale della pena non risulta puntualmente delineato,
sicché, in parte qua, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per
nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Nel resto, invece,
il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

3

l’attivo era sostanzialmente decrescente o nullo nella sua componente

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego della sospensione
condizionale della pena con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di
Milano per nuovo esame. Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso il 25/10/2017.

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