Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53313 del 20/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 53313 Anno 2017
Presidente: SETTEMBRE ANTONIO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Marcianò Giuseppe, nato a Reggio Calabria il 05/12/1969,
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano emessa in data 31/01/2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Stefano Tocci, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano, in riforma della
sentenza emessa dal Tribunale di Milano in composizione monocratica in data
07/02/2014 – con cui Marcianò Giuseppe era stato condannato a pena di giustizia
in relazione al delitto di cui agli artt. 582, 585 cod. pen., perché colpiva Alberio
Sonia al volto, nonché con calci e pugni, causandole una contusione di sedi
multiple con frattura composta delle ossa nasali proprie, giudicata guaribile in

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Data Udienza: 20/10/2017

giorni dieci; in Rho, il 05/06/2008 – previa esclusione del contestato nesso
teleologico, riduceva la pena.
2. Con ricorso depositato il 23/04/2017 Marcianò Giuseppe, a mezzo del
difensore di fiducia Avv.to Patrizia De Natale, ricorre per:
2.1. vizio di motivazione, ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen., sotto l’aspetto del
travisamento della prova, costituita, in particolare, dalla omessa valutazione
della deposizione della teste Tranchino, che avrebbe sostenuto la versione
difensiva rappresentata dalla persecuzione posta in essere dalla persona offesa

in particolare, sarebbe stata omessa la valutazione della deposizione della
Tranchino nella parte in cui la teste aveva riferito specifiche circostanze indicate in ricorso – a sostegno dell’inattendibilità della persona offesa, come si
evince dal verbale trascrittivo integrale della deposizione della teste, allegato al
ricorso; emergerebbe, inoltre, da una complessiva valutazione di detta
deposizione, un atteggiamento ossessivo ed anche violento dell’Alberio nei
confronti del Marcianò, con totale verosimiglianza di una reazione difensiva da
parte di quest’ultimo;
2.2. inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, ex art. 606,
lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 237 cod. proc. pen., in quanto nel
giudizio di primo grado l’Alberio era stata escussa ex art. 210 cod. proc. pen., a
seguito delle numerose querele sporte nei suoi confronti; nel corso dell’esame la
persona offesa, dopo aver risposto ad alcune domande, a seguito di
contestazioni del pubblico ministero, si avvaleva della facoltà di non rispondere
e, tuttavia, non venivano acquisiti gli atti di denuncia-querela su cui si era basato
l’esame ex art. 210 cod. proc. pen., nonostante specifica richiesta ribadita con
l’atto di appello, respinta dalla Corte territoriale in quanto la documentazione è
stata ritenuta tardivamente prodotta, nonostante si trattasse di documentazione
proveniente dall’imputato e, come tale, acquisibile senza limiti temporali ed
anche d’ufficio, ex art. 237 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La sentenza impugnata ha affermato che la documentazione di cui la difesa
aveva chiesto l’acquisizione era stata tardivamente prodotta, che il P.G. non
aveva prestato il consenso e che, comunque, si trattava di documentazione non
indispensabile, in quanto il giudizio aveva ad oggetto il solo episodio del
05/06/2010.
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ai danni dell’imputato, rendendo, in tal modo, credibile che questi si fosse difeso;

In ogni caso, la sentenza impugnata ha dato atto delle denunce sporte
dall’imputato nei confronti della persona offesa, che, infatti, era stata escussa ex
art. 210 cod. proc. pen.; la Alberio, inoltre, in relazione ad alcune domande
formulate nel corso dell’esame del pubblico ministero, si era avvalsa della facoltà
di non rispondere, per cui la sua deposizione era stata valutata con cautela dal
primo giudice, che aveva limitato la condanna al solo episodio del 05/06/2010,
rispetto al quale la persona offesa – come si evince dalla motivazione della
sentenza -, comunque si era avvalsa della facoltà di non rispondere.
Quindi la sentenza ha analizzato la deposizione della teste Tranchino Giovanna,

affermato di non aver creduto a quanto riferitole dalla Alberio, la quale era
spesso ubriaca.
Quanto all’episodio

di

lesioni,

la

sentenza

ha

riferito dell’intervento

dell’ambulanza e della documentazione sanitaria redatta, affermando come,
anche volendo prescindere dalle dichiarazioni della persona offesa, non vi fosse
incertezza sull’autore del reato, atteso che lo stesso imputato non aveva negato
la sua responsabilità.
La Corte di merito ha poi affermato che il Marcianò non avesse indicato elementi
specifici a suo favore, al di là della generica tesi difensiva, peraltro smentita dalla
natura e dalla tipologia delle lesioni, che rendevano evidente l’uso di una
condotta concretamente offensiva, al di là, quindi, della mera difesa personale.
La sentenza di primo grado, a sua volta, aveva affermato che – secondo quanto
riferito dalla teste Tranchino – l’Alberio era stata sua ospite per circa tre anni, nel
corso delle quali ella aveva riferito delle violenze subite, alle quali la Tranchino,
peraltro, non aveva creduto perché la ragazza era spesso ubriaca, pur avendo
spesso visto dei lividi sulle gambe della Alberio, che riferiva di essere stata
picchiata dal Marcianò; quest’ultimo, però, in un’occasione, aveva detto che la
ragazza si era procurata le lesioni nel tentativo di scavalcare il cancello per
penetrare nella sua abitazione.
Anche il primo giudice aveva riferito della versione resa dall’imputato in merito
all’episodio del 05/06/2010, definendola come fantasiosa, atteso che il Marcianò
aveva riconosciuto di aver procurato le lesioni alla Tranchino, in quanto, mentre
si trovava al bar con degli amici, aveva sentito qualcuno colpirlo alle spalle con
calci e pugni e, resosi conto che era la sua ex fidanzata, si era diretto a casa
senza reagire; ciò nondimeno, l’Alberio lo aveva seguito ed aggredito di nuovo
ed egli, nel divincolarsi, aveva inavvertitamente colpito la donna. In riferimento a
detta versione il primo giudice aveva affermato che essa contrastava
palesemente con il certificato medico, attestante non solo la frattura del setto

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riportando anche la dichiarazione della stessa nella parte in cui ella aveva

nasale, ma anche contusioni di sedi multiple, non compatibili con il gesto
inavvertito posto in essere dal Marcianò, secondo quanto da questi riferito.
La stessa Tranchino, inoltre – aveva proseguito il primo giudice, che aveva
espressamente ritenuto la stessa una teste non compiacente – aveva visto dette
lesioni, ed aveva appreso dalla persona offesa che a causargliele era stato
l’imputato.
Secondo la diversa prospettazione difensiva contenuta in ricorso, inoltre,
l’imputato avrebbe reagito a condotte ossessive ed anche aggressive reiterate
nel tempo, da parte dell’Alberio, apparendo evidente come detta versione sia del

in relazione allo specifico episodio di lesioni a lui ascritto.
La sentenza impugnata, a sua volta, dà sufficientemente, anche se
sinteticamente, conto della circostanza che la Tranchino non avesse creduto a
quanto riferitole dalla Alberio, per cui non sembra sussistere alcuna omissione
circa la valutazione della detta deposizione.
In ogni caso, l’affermazione di responsabilità dell’imputato risulta essenzialmente
basata sulla sua stessa ammissione dei fatti, rispetto alla quale non appare
rilevante la deposizione della Tranchino.
Ciò che la Corte territoriale esclude, in ogni caso, è la sussistenza della
scriminante dell’eccesso colposo di legittima difesa, in considerazione della
natura delle lesioni refertate alla persona offesa.
Detta valutazione appare del tutto incensurabile dal punto di vista logico, anche
considerato quanto pacificamente affermato da questa Corte regolatrice in
relazione all’accertamento della proporzione e della necessità della legittima
difesa, anche putativa, da effettuare con giudizio ex ante, alla luce delle
circostanze di fatto al momento della reazione, restando del tutto irrilevanti gli
stati d’animo ed i timori personali; ne consegue che l’assenza dei presupposti
della scriminante in esame impedisce anche di ravvisare l’eccesso colposo (Sez.
4, sentenza n. 33591 del 03/05/2016, Bravo, Rv. 267473; Sez. 1, sentenza n.
18926 del 10/04/2013, Paoletti ed altro, Rv. 256017; Sez. 1, sentenza n. 13370
del 05/03/2013, R., Rv. 255268; Sez. 5, sentenza n. 26172 del 11/05/2010, P.,
Rv. 247898; Sez. 5, sentenza n. 2505 del 14/11/2008, dep. 21/01/2009, P.G. in
proc. Diari ed altri, Rv. 242349).
In ogni caso va ricordato che il requisito della proporzione tra offesa e
difesa viene meno nel caso di conflitto fra beni eterogenei, allorché la
consistenza dell’interesse leso – l’integrità fisica della persona – sia molto più
rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quelli difesi – la
tranquillità personale, l’integrità dei beni, l’onore ed il decoro -, ed il danno
inflitto con l’azione difensiva abbia un’intensità e un’incidenza di gran lunga

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tutto eccentrica rispetto a quanto sostenuto dallo stesso imputato in primo grado

superiore a quella del danno cagionato (Sez. 1, sentenza n. 47117 del
26/11/2009, Carta, Rv. 245884).
Nel caso in esame, quindi, appare evidente la sproporzione tra le lesioni
cagionate alla persona offesa e la condotta ossessiva che dalla stessa sarebbe
stata tenuta nei confronti del Marcianò, senza considerare che questi, in ricorso,
ha sostenuto una versione – quella della necessità di difendersi dall’ossessività
della sua ex fidanzata – anche parzialmente diversa dalla versione di cui dà atto
la sentenza di primo grado.
Ne risulta, quindi, l’estrema genericità delle argomentazioni poste a fondamento

maniera adeguata l’impianto motivazionale delle sentenze di merito.
Ne discende, pertanto, l’inammissibilità del ricorso, con condanna, ex art. 616
cod. proc. pen., del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della
somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 20/10/2017

Il Consigliere estensore

Il Pesidente

del ricorso e l’inconferenza delle stesse, che non appaiono aver considerato in

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