Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53310 del 18/10/2017


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 53310 Anno 2017
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: CENCI DANIELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ERRADI JAMAL nato il 08/04/1989

avverso l’ordinanza del 16/03/2017 del TRIB. LIBERTA di MILANO
sentita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;
tette7Sentite le conclusioni del PG GIUSEPPINA CASELLA
Il Proc. Gen. Casella Giuseppina conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
Udito il difensore
E’ presente l’avvocato Visentin Maria del foro di Roma in sostituzione dell’avv.
(D’UFFICIO) AGHIB ILAN ZION del foro di ROMA in difesa di:
ERRADI JAMAL, che si riporta ai motivi di ricorso.

i—

Data Udienza: 18/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale per il riesame di Milano, decidendo il 16 marzo 2017, in
accoglimento dell’appello avanzato ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. dal
Pubblico Ministero ed in riforma dell’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Milano
dell’8 settembre 2016, ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere
ad Erradi Jamal, indagato per fatti di droga, in relazione al capo di accusa n. 9

2. Ad Erradi Jamal si contesta, appunto al n. 9 dell’imputazione provvisoria,
nell’ambito di un complesso procedimento plurisoggettivo (ottantasei indagati nei
cui confronti il P.M. ha avanzato domanda cautelare), di avere, in concorso con
più persone, ricevuto, detenuto e ceduto sostanza stupefacente, in particolare
cocaina, occupandosi della lavorazione e del confezionamento della droga ed
alternandosi nel ruolo di vedetta con altri complici per avvistare l’eventuale
arrivo di forze dell’ordine ed allertare gli altri; con l’aggravante di avere agito in
più di tre persone (capo n. 9); nello specifico:
cedendo Erradi Jamal stupefacente ad Enzo, detto “il napoletano”, e a terzi
clienti non meglio identificati, 1’11 novembre 2013 (capo 9.14);
cedendo lo stesso cocaina a Giuseppe Stringhetti ed a terzi clienti non
identificati, il 12 novembre 2013 (capo n. 9.15);
cedendo ulteriormente cocaina a Giuseppe Stringhetti ed a terzi clienti non
identificati, il 13 novembre 2013 (capo n. 9.16);
cedendo cocaina a Fulvio Lamera e ad altri clienti non identificati, il 22
novembre 2013 (capo n. 9.21);
e cedendo cocaina a Roberto Santoro, da marzo 2014 a dicembre 2014
(capo n. 9.49).

3. Va premesso che il G.i.p. del Tribunale di Milano aveva rigettato la misura
della custodia in carcere che era stata chiesta dal P.M.
In particolare, il G.i.p. aveva – sì – ritenuto sussistente le gravità indiziaria
ma, qualificati tutti i fatti in violazione del comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, aveva rigettato la richiesta di custodia in carcere, anche
sotto il profilo del decorso del tempo, quanto ai capi nn. 9.14, 9.15, 9.16 e 9.21,
mentre aveva accolto la richiesta cautelare, limitatamente al capo n. 9.49 (cioè
più cessioni a Roberto Santoro da marzo a dicembre 2014), qualificato anche
esso come violazione dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, in
conseguenza applicando congiuntamente ad Erradi Jamal gli obblighi di dimora e
di presentazione alla polizia giudiziaria.
2

(di cui si dirà); misura sospesa ai sensi dell’art. 310, comma 3, cod. proc. pen.

4. Il Tribunale per il riesame, accogliendo l’appello del P.M., ha riformato
l’ordinanza del G.i.p., escludendo, sotto il profilo della qualificazione giuridica,
l’ipotesi di lieve entità di cui al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e
ritenendo, invece, sussistente la violazione dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. n.
309 del 1990.
I Giudici di merito, richiamata anche giurisprudenza di legittimità stimata
pertinente, hanno ritenuto che dalle plurime fonti di prova (intercettazioni,
tabulati telefonici, verbali di osservazione e pedinamento, dichiarazioni degli

ricorrente, nell’ambito di un gruppo criminale facente capo a tale Bentaja
Joussef, non era occasionale ma, anzi, posta in essere in modo organizzato e
professionale, continuativamente e con cadenza sostanzialmente giornaliera,
produttiva di importanti guadagni, con divisione dei compiti, tra l’altro
occupandosi l’odierno ricorrente, persona di fiducia di Bentaja Joussef, di stare di
vedetta nella zona boschiva tra Locate Triulzi ed Opera (MI) dedicata allo spaccio
per prevenire l’intervento della polizia; gli spacciatori potevano contare su di un
ampio numero di clienti, su di una zona isolata e sorvegliata da vedette ove
effettuare le cessioni di droga, su mezzi (bilancini) per il confezionamento, su
plurime utenze telefoniche “dedicate”, su autovetture per trasportare la droga
(pp. 9-12 dell’ordinanza impugnata).
Il Tribunale ha, poi, ritenuto sussistente l’esigenza cautelare di evitare il
pericolo – stimato concreto ed attuale – di recidiva specifica, in ragione della
gravità e della reiterazione dei fatti nel tempo, del numero delle cessioni,
dell’inserimento dell’indagato in un contesto criminale di non modesta caratura,
dalla vasta rete di clienti e delle modalità professionali dell’attività, comprensive,
come si è detto, di schede telefoniche dedicate e di una zona per spacciare,
dell’assenza di lecite fonti di reddito da parte di Erradi Jamal, della pervicacia
dimostrata dell’indagato, che è stato di recente arrestato dai Carabinieri di
Vigevano nella flagranza di detenzione illecita di stupefacente e che è, in
conseguenza, destinatario di ordinanza di custodia in carcere emessa dal G.i.p.
di Pavia il 2 febbraio 2017 in relazione alla condotta di spaccio protratta da
ottobre 2016 al 24 gennaio 2017, peraltro posta in essere con modalità analoghe
a quelle per cui si procede (pp. 12-13 dell’ordinanza impugnata).
E’ stata, dunque, applicata all’indagato la misura cautelare della custodia in
carcere, valutata ogni altra meno afflittiva inidonea in ragione della elevata
inaffidabilità dell’indagato, della sua capacità delinquenziale, delle ripetute
modalità di azione, sino al recente arresto, dimostrativo che le misure non
custodiali, che gli erano stata applicate sin da settembre 2016, non hanno

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acquirenti) è emerso che l’attività illecita di spaccio posta in essere dal

impedito la reiterazione dello spaccio, non offrendo nessuna garanzia nemmeno
gli arresti domiciliari, peraltro non prospettati dalla difesa, in assenza di una
stabile e documentata disponibilità di un’abitazione e di fonti di sostentamento
da parte di Erradi Jamal (p. 13 dell’ordinanza impugnata).

5.Ricorre personalmente la cassazione dell’ordinanza Erradi _lama’, che si
affida a tre motivi con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge e
difetto motivazionale.
5.1. Censura, in primo luogo, la ritenuta nullità dell’ordinanza per violazione

difetto di motivazione, in quanto in punto di gravità indiziaria il Tribunale per il
riesame si sarebbe, secondo il ricorrente, limitato a riprodurre la richiesta del
Pubblico Ministero, senza svolgere alcuna valutazione autonoma: la motivazione
sarebbe, pertanto, meramente apparente (pp. 1-2 del ricorso).
La corretta qualificazione giuridica dovrebbe, inoltre, condurre a ritenere i
fatti violazione dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 (p. 2 del
ricorso).
5.2.

Sotto ulteriore profilo si denunzia nullità anche per la mancata

autonoma individuazione e valutazione delle esigenze cautelari, in quanto
mancherebbe la motivazione in relazione alle necessarie attualità e concretezza
del pericolo di recidiva, che sarebbe stata affidata ad una valutazione di tipo
collettivo, ove l’indagato verrebbe illegittimamente ed ingiustamente assimilato
ad altri soggetti in posizione diversa.
Si sottolinea come ostativo all’applicazione della misura il decorso del tempo
– tre anni – dai fatti, risalenti al 2014, essendo necessario ipotizzare la certezza
o l’elevata possibilità che l’occasione del delitto si verificherà, e si censura anche
la omessa valutazione in senso favorevole all’indagato di fatti successivi alla
consumazione dei reati (v. pp. 2-3 del ricorso).
5.3. Nulla sarebbe, infine, l’ordinanza anche per la – ritenuta – mancanza
di autonoma valutazione da parte del Tribunale di Milano circa la scelta della
misura della custodia in carcere applicata (pp. 2-3 del ricorso).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2.

Quanto alle doglianze in punto indiziario ed in tema di esatta

qualificazione del reato, si osserva quanto segue.

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dell’art. 292, comma 2, lett. c) e c-bis), cod. proc. pen., e, nel contempo, per

2.1.In relazione agli indizi, non risulta proposta impugnazione avverso
l’ordinanza del G.i.p. che riteneva sussistenti i fatti storici, ma, qualificati gli
stessi in maniera meno grave, applicava misure non custodiali e solo per i fatti
più recenti: in ogni caso, il Tribunale ha valorizzato – logicamente ed in maniera
autonoma – il contenuto di plurime fonti di prova, da cui è emerso (v. punto n. 4
del “ritenuto in fatto”) che l’attività illecita di spaccio posta in essere dal
ricorrente, nell’ambito di un gruppo criminale facente capo a Bentaja Joussef,
non era occasionale ma, anzi, posta in essere in modo organizzato e
professionale, continuativamente e con cadenza sostanzialmente giornaliera, che

occupandosi l’odierno ricorrente, persona di fiducia di Bentaja Joussef, di stare di
vedetta in una zona isolata eletta a luogo dello spaccio per prevenire l’intervento
della polizia, e che poteva contare su di un ampio numero di clienti, su una zona
sorvegliata da sentinelle ove effettuare le cessioni di droga, su mezzi per il
confezionamento e la preparazione, su plurime utenze telefoniche dedicate su
autovetture per trasportare la droga (pp. 9-12 dell’ordinanza impugnata).
2.2. Quanto alla esatta qualificazione dei fatti, la difesa si è limitata nel
ricorso a sollecitare, ma soltanto assai genericamente, una più favorevole
qualificazione giuridica degli stessi:

i

Giudici di merito hanno comunque

sottolineato, come si è già visto, in maniera non incongrua, una articolata serie
di elementi ostativi al riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità (pp. 11-12
dell’ordinanza impugnata).

3.

Anche sull’an del rischio di recidiva, la motivazione dell’ordinanza

impugnata appare adeguata, oltre che strutturalmente autonoma rispetto alle
prospettazioni del Pubblico Ministero.
3.1. Si impone al riguardo una preliminare precisazione.
La S.C. (Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Stamegna, Rv. 267785) ha già
avuto modo di precisare che «In tema di misure coercitive, l’attualità e la
concretezza delle esigenze caute/ari non deve essere concettualmente confusa
con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose, onde il pericolo di
reiterazione di cui all’art. 274, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., può essere
legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso
in cui esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti
sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il fatto
illecito contestato è maturato (Fattispecie relativa ad indagato per il delitto di
associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe attraverso
l’organizzazione di partite di poker truccate, il quale veniva trovato in possesso
di decine di confezioni di carte da gioco, di assegni bancari tratti senza

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era produttiva di importanti guadagni, con divisione dei compiti, tra l’altro

l’indicazione del beneficiario e di una rudimentale contabilità relativa alle
posizioni di alcune vittime; elementi che, unitamente all’esito delle
intercettazioni telefoniche e degli accertamenti bancari, rivelavano il carattere
continuativo dell’attività illecita ed il concreto rischio di recidiva) (Conf. Sez. 2,
sent. n. 9500 del 2016, non massimata sul punto)»).
E’ convinzione del Collegio che occorra dare continuità alla richiamata
precisazione secondo cui l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non
va confusa concettualmente con l’attualità e con la concretezza delle condotte
criminose e il pericolo di recidiva ben può essere desunto dalla gravità dei fatti

dell’agire o della mancanza di pietà dimostrata) e/o dalla pluralità (come nel
caso di specie) degli episodi, in quanto tale reiterazione, alla luce delle modalità
della condotta concretamente tenuta, può essere indice sintomatico di una
personalità proclive al delitto, indipendentemente dall’attualità di detta condotta
cioè anche nel caso in cui sia risalente nel tempo.
In altre parole, l’accertamento di un fatto di reato, anche non prossimo
temporalmente, può comportare l’applicazione di misure cautelari, purché venga
fornita dal Giudice adeguata motivazione, motivazione che dovrà essere tanto
più approfondita quanto più ci si allontani dal giorno dell’ipotizzato reato, ove
specifiche circostanze, appunto adeguatamente individuate, impongano la
limitazione della libertà personale dell’indagato o dell’imputato, peraltro nella
pluralità dei moduli restrittivi previsti, essendo stato confermato dalla novella di
cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, un onere motivazionale circa la distanza dal
dies commissi delicti, che era peraltro già desumibile dall’art. 292, comma 2,
lett. c), cod. proc. pen. nella stesura previgente (cfr. Sez. 5, n. 43083 del
24/09/2015, Maio, Rv. 264902; Sez. 6, n. 1082 del 12/11/2015, dep. 2016,
Capezzera, Rv. 265958), ma non essendo stato introdotto dal legislatore un
divieto, cui sembra in qualche misura alludere il ricorso (v. ultima pagina), di
applicazione di misure cautelari per fatti di reato non prossimi nel tempo.
Si è già opportunamente puntualizzato da parte della S.C., infatti, quanto al
momento genetico della cautela, che «In tema di esigenze cautelari personali,
l’ultimo periodo della lettera c) dell’art. 274 cod. proc. pen. così come modificato
dalla legge n. 47 del 2015, impedisce di desumere il pericolo di reiterazione dalla
sola gravità del “titolo di reato”, astrattamente considerato, ma non dalla
valutazione della gravità del fatto medesimo nelle sue concrete manifestazioni, in
quanto le modalità e le circostanze del fatto restano elementi imprescindibili di
valutazione che, investendo l’analisi di comportamenti concreti, servono a
comprendere se la condotta illecita sia occasionale o si collochi in un più ampio
sistema di vita, ovvero se la stessa sia sintomatica di una radicata incapacità del

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contestati (ad es., nel caso di delitti contro la persona, in ragione dell’efferatezza

soggetto di autolimitarsi nella commissione di ulteriori condotte criminose» (Sez.
1, n. 37839 del 02/03/2016, Biondo, Rv. 267798; nello stesso senso, Sez. 1, n.
45659 del 13/11/2015, Restuccia, Rv. 265168).
E, altrettanto condivisibilmente, si è precisato, quanto alla valutazione sulla
permanenza o meno delle esigenze, che «In tema di richiesta di sostituzione di
misura cautelare, anche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 16 aprile
2015, n. 47 del 2015, ai fini della valutazione della attualità del pericolo di
reiterazione di reati non è sufficiente fare riferimento al tempo trascorso dal fatto
contestato dovendosi altresì valutare le peculiarità dell’intera vicenda cautelare

considerazione delle gravi e numerose fattispecie criminose contestate a fronte
dell’assenza di elementi idonei a mutare il quadro cautelare)» (Sez. 4, n. 5700
del 02/02/2016, Mandrillo, Rv. 265949; nello stesso senso, cfr. Sez. 3, n. 15925
del 18/12/2015, dep. 2016, Macrì, Rv. 266829).
Naturalmente – deve ribadirsi – l’applicazione di misura cautelare, tanto più
in relazione a fatti non vicini nel tempo, deve essere sostenuta da apparato
motivazionale adeguato ed immune da vizi logici.
3.2. Tanto sottolineato in linea di principio, deve ritenersi che il Tribunale di
Milano abbia, in realtà, fatto corretta applicazione della norma (art 274 cod.
proc. pen.) – assai genericamente – censurata dal ricorrente, valorizzando, a
fronte del decorso di tre anni dai fatti, circostanza sottolineata dalla difesa, una
pluralità di elementi: la gravità del reato; la reiterazione, quasi quotidiana dallo
stesso; le modalità organizzate e professionali dell’agire; le rilevanti quantità di
droga trattate; i buoni rapporti con le fonti di approvvigionamento; la vastissima
rete di clienti; la disponibilità di strumenti, quali materiale per il
confezionamento, di mezzi per il trasporto e di schede telefoniche dedicate (p.
12 dell’ordinanza impugnata). Si tratta di dati ritenuti – non incongruamente né
illogicamente – indicativi di un’elevata proclività alla reiterazione di reati, come
ulteriormente comprovato dall’assenza di lecite fonti di reddito e di una stabile
dimora da parte dell’indagato, che risulta irreperibile, e dal recente arresto,
operato il 24 gennaio 2017 da parte dei Carabinieri di Vigevano, per fatti della
stessa oggettività giuridica ed analoghi, quanto a modalità di commissione,
avendo prescelto anche nell’occasione quale zona di spaccio una località isolata,
fatti peraltro posti in essere mentre era sottoposto, a partire da settembre 2016,
agli obblighi di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria (p. 13
dell’ordinanza impugnata).
Non si comprende, poi, a che cosa faccia riferimento Erradi Jamal a
proposito della pretesa omessa valutazione da parte del Tribunale di Milano in
senso favorevole all’indagato di ipotetici fatti successivi alla consumazione dei

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(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto persistente il pericolo di recidiva in

reati, fatti nemmeno accennati nel ricorso, mentre sono al contrario emersi,
come si è detto, ulteriori episodi di spaccio posti in essere dall’indagato in epoca
successiva alla contestazione cautelare.
3.3. Infine, manifestamente infondato è l’ultimo motivo di ricorso, in quanto
strutturato in maniera estremamente vaga: in ogni caso, si osserva che il
Tribunale di Milano ha spiegato perché non siano state ritenute sufficienti misure
cautelari meno afflittive, in concreto già risultate vane pur se applicate nella
forma congiunta, non essendo stato nemmeno indicato dalla difesa un domicilio,

.Jamal la misura di cui all’art. 284 cod. proc. pen., con o senza modalità di
controllo elettronico (p. 13 dell’ordinanza impugnata).

4. Discende da tutte le considerazioni svolte il rigetto del ricorso e la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti conseguenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso
al competente Tribunale Distrettuale del riesame perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 92 Disp. att. c.p.p.
Manda alla Cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax.
Così deciso il 18/10/2017.

Il Consigliere estensore
Daniele

nci

Il Presidente
Rocco Marco Blaiotta

peraltro non risultante dagli atti, nel quale ipoteticamente applicare a Erradi

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