Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5331 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5331 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

Data Udienza: 20/09/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LUKIC MIR,K0 N. IL 08/07/1967
avverso l’ordinanza n. 106/2012 TRIBUNALE di AOSTA, del
18/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

9v

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 18 ottobre 2012 il Tribunale di Aosta, giudice
dell’esecuzione, ha rigettato la domanda proposta da Lukic Miro perché mera
riproposizione di istanza già respinta con ordinanza del 24 novembre 2011 e
perché richiedente la valutazione della persistente legittimità del decreto di
espulsione, da effettuarsi in sede di giudizio di merito e da ritenersi preclusa dal

formatosi giudicato.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Lukic
personalmente, il quale chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata sul
presupposto che, in base alla giurisprudenza di questa Corte di cassazione, a
sezioni unite e a sezione semplice (citata sentenza della I sezione penale
n.12220 del 2012) e alla giurisprudenza della Corte di giustizia U.E., il fatto di
cui all’art. 13, comma 13, d.lgs. n. 286 del 1998 non sarebbe più previsto come
reato per incompatibilità col diritto dell’Unione europea.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché aspecifico, laddove non contesta la ratio
decidendi del provvedimento impugnato ovvero essere la domanda proposta in
questa sede mera ripresentazione di istanza già respinta e, comunque,
manifestamente infondato nella parte in cui postula la sopravvenuta
abrogazione dell’art. 13, comma 13, d.lgs. n. 286 del 1998, per asserita
incompatibilità di tale norma incriminatrice con il diritto dell’Unione europea.
In realtà, questa Corte ha statuito che il rientro nel territorio dello Stato
dello straniero espulso che non abbia una speciale autorizzazione non è più
previsto come reato, solo se avviene oltre il quinquennio dall’espulsione, perché
la norma incriminatrice, laddove pone un divieto di rientro per un decennio,
deve essere disapplicata per contrasto con le disposizioni della direttiva
2008/115/CE del 16 dicembre 2008 del Parlamento e del Consiglio dell’Unione
europea, che hanno acquistato efficacia diretta e prevedono che il divieto di
reingresso non possa valere per un periodo superiore a cinque anni.(stà b lIz.i.oli.oil
Nel caso di specie, però, come emerge dalle condanne subite, il Lukic è
rientrato in Italia, in violazione del divieto di reingresso, entro i cinque anni
dalla sua espulsione, donde la palese insussistenza dell’abrogatio criminis
dedotta.

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T,

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2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue,

ex art. 616,

comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione
pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 20 settembre 2013.

P. Q. M.

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