Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53306 del 10/10/2017


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 53306 Anno 2017
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CASTELLI Antonino 04/09/1990
avverso la ordinanza 781/2017 del TRIBUNALE del RIESAME di CATANIA in data 24/04/2017
visti gli atti;
fatta la relazione dal Cons. dott. Gabriella CAPPELLO;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. Giulio
ROMANO, il quale ha chiesto il rigetto.

Data Udienza: 10/10/2017

Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale del riesame di Catania ha annullato – limitatamente al riconosciuto ruolo
apicale contestato al capo 1) della incolpazione provvisoria – l’ordinanza con la quale il GIP
presso il Tribunale etneo aveva applicato a CASTELLI Antonino la misura della custodia
cautelare in carcere, con riferimento ai reati di associazione per delinquere finalizzata alla
commissioni di furti, oltre a sette episodi di furto pluriaggravato in concorso e ricettazione

scopo, confermando nel resto.
2. Il ricorrente è stato tratto in arresto a seguito di un’attività d’indagine che aveva
consentito di individuare gli autori di numerosi furti ai danni di esercizi commerciali della
città di Catania e del catanese con il metodo della c.d. spaccata (distruzione delle vetrate
esterne dei negozi, mediante l’impiego di veicoli di provenienza furtiva o di pesanti
mazze). In particolare, la disamina di immagini registrate dal sistema di videosorveglianza
cittadina e da alcuni impianti privati aveva consentito di identificare gli autori dei reati,
laddove la successiva attivazione di servizi di intercettazione delle conversazioni effettuate
sulle utenze in uso agli indiziati, spesso mediante teleconferenza, e l’analisi dei tabulati
telefonici, avevano consentito di ricostruire i singoli delitti. In sede di interrogatorio di
garanzia, il CASTELLI si era avvalso della facoltà di non rispondere. Con successivo
memoriale, tuttavia, egli aveva ammesso la sua partecipazione ai reati, assumendo di aver
svolto nell’occorso solo un ruolo di vedetta e che le attività delittuose poste in essere erano
state decise e pianificate in maniera occasionale e di volta in volta.
3. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso a mezzo di difensore il CASTELLI, formulando
due motivi.
Con il primo, ha dedotto vizio di motivazione, con specifico riferimento alla sussistenza
di gravi indizi del reato associativo, contestando la sufficienza del materiale indiziario e la
lettura del contenuto delle conversazioni intercettate, avuto altresì riguardo alla brevità del
periodo durante il quale i furti furono perpetrati (tra i mesi di ottobre e novembre del
2016) e non valendo in termini di confessione del reato associativo la conversazione nella
quale il CASTELLI aveva manifestato la sua convinzione di essere prossimo all’arresto per il
delitto associativo.
Con il secondo, ha dedotto vizio di mancanza o insufficiente motivazione, con riferimento
alla esistenza delle esigenze cautelari, tenuto conto dell’età (27 anni) del ricorrente, della
sua condizione di padre di una bambina di cinque anni, del suo comportamento
processuale, avendo egli ammesso gli addebiti con riguardo ai furti, e della residualità della
misura più afflittiva secondo il sistema normativo voluto dal legislatore.

Considerato in diritto

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di un’autovettura di provenienza furtiva, adoperata per la perpetrazione di uno dei reati

1. Il ricorso va rigettato.
2. Il Tribunale, dopo avere passato in rassegna i singoli elementi gravemente indizianti
la commissione dei reati fine (peraltro ammessi dal ricorrente), ha escluso che essi fossero
stati consumati in concorso tra più soggetti, ritenendo invece la esistenza di
un’associazione criminosa, finalizzata per l’appunto al compimento di essi mediante il
metodo della c.d. spaccata, alla luce di elementi fattuali indicativi di un programma
criminoso stabile tra più soggetti. Tra costoro ha individuato quantomeno il CASTELLI, il
MESSINA, il TUDISCO e il PLATANIA (quest’ultimo sino al recesso ritenuto dal G.i.p. dalla
data del suo arresto per uno dei furti). Ha, quindi, passato in rassegna una pletora di

indeterminatezza del programma criminoso, tale da consentire agli associati l’assorbimento
di un cambio repentino del “bersaglio” (il riferimento è alla palesata indifferenza per tale
circostanza da parte del MESSINA) e la apertura del gruppo alla generica perpetrazione di
furti “con spaccata”, a prescindere dagli obiettivi precedentemente programmati.
Ha, poi, ritenuto esistente la manifestazione di una affectio societatis, desumendola dal
sostegno reciproco e dalle rassicurazioni incrociate tra gli indagati a seguito della
commissione dei singoli reati fine e dall’intervento a supporto in caso di problemi
sopravvenuti, a tal fine rinviando a precisi elementi fattuali [il riferimento è: al soccorso
prontamente assicurato dal MESSINA al TUDISCO rimasto in panne con il motorino,
circostanza immediatamente comunicata al CASTELLI, ritenuto indicativo della
consapevolezza di far parte di un gruppo organizzato, alla cui sopravvivenza aveva
contribuito con la consumazione di un furto e al quale si rivolgeva, infatti, ben sapendo di
potervi far conto, nonché alle confidenze del co-indagato MESSINA alla propria madre,
dopo la consumazione del furto di cui al capo 9) della incolpazione provvisoria (durante le
quali l’uomo aveva dato voce al suo timore di essere arrestato proprio per associazione per
delinquere; al sostegno economico assicurato ai carcerati, con riferimento al quale il
MESSINA aveva lamentato l’ingratitudine del PLATANIA, scarcerato per il reato di cui al
capo 5) della incolpazione provvisoria, a riprova della mutualità tra i sodali, unica ragione
giustificativa di una tale forma di assistenza economica].
Quanto, poi, al modus operandi,

il Tribunale ha ritenuto che da esso si evincesse

l’esistenza a monte di una pianificazione rilevante, tale da richiedere un nucleo di soggetti
stabilmente impegnati in essa per garantirne l’attuazione e il buon esito, laddove le
complesse modalità esecutive non potevano che costituire il frutto di una sinergia
collaudata, indicativa della stabilità del vincolo instaurato tra gli indagati, aventi ruoli
sostanzialmente omogenei (dal che il Tribunale ha fatto discendere l’esclusione del ruolo
apicale, stante l’assenza di una articolazione così complessa del sodalizio da giustificarne
una struttura di tipo gerarchico).
Quanto, infine, alle esigenze cautelari e al giudizio di adeguatezza della misura in atto,
anche in raffronto a quella graduata degli arresti domiciliari, mediante impiego di
strumentazione elettronica, il Tribunale ha evidenziato la concretezza ed attualità del
pericolo di reiterazione, traendolo dalla gravità dei fatti, posti in essere con particolare

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elementi indicativi della esistenza del reato associativo, tra cui, in primo luogo, la

efferatezza; dalla reiterazione ravvicinata degli episodi criminosi; dall’elevato allarme
sociale ingenerato e dai consistenti danni economici prodotti; infine, dalla non occasionalità
degli episodi, da inquadrarsi in una stabile dedizione alla commissione di delitti contro il

patrimoniò: Quanto al CASTELLI, lneltru, nuh denzlato la pfasonAlità,

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gravato da numerosi precedenti penali, anche per furto, oltre che per detenzione illecita di
sostanze stupefacenti e per il reato di evasione.
Proprio alla luce della condanna per tale ultimo titolo di reato, della personalità
manifestata e della particolare pregnanza delle esigenze cautelari da salvaguardare, il
Tribunale ha ritenuto il CASTELLI soggetto inaffidabile, gli arresti domiciliari, quand’anche

sul medesimo, atto a precludergli la reiterazione di analoghe condotte criminose, la misura
in atto essendo pure proporzionata alla particolare gravità dei fatti in contestazione.
3. I motivi sono infondati.
A fronte di un percorso argomentativo congruo, logico e non contraddittorio, che riposa
sulla effettiva valutazione delle risultanze probatorie acquisite, invero neppure contestate
nella loro storicità, parte ricorrente si è limitata a manifestare la sua divergente opinione,
promuovendo in questa sede censure che attengono al merito della vicenda e non possono
pertanto essere sindacate dal giudice di legittimità.
Sul punto, pare sufficiente un richiamo alla giurisprudenza di questa Corte, per ribadire
che, in tema di assolvimento dell’onere motivazionale da parte del Tribunale investito della
richiesta di riesame di un provvedimento cautelare, il giudice del riesame, “…sia pure con
motivazione sintetica, deve dare ad ogni deduzione difensiva puntuale risposta, incorrendo
in caso contrario, nel vizio, rilevabile in sede di legittimità, di violazione di legge per
carenza di motivazione” (cfr. Sez. 6 n. 31362 dell’08/07/2015, Rv. 264938).
Nel caso di specie, l’indagato – in sede di riesame – non ha formulato censure specifiche
all’ordinanza impugnata, essendosi limitato a contestare la lettura del quadro indiziario,
pertanto, l’assolvimento dell’obbligo motivazionale va verificato sulla scorta della mancata
allegazione di elementi contrari, con i quali il Tribunale avrebbe dovuto confrontarsi, ove
formulati e decisivi.
Sempre con specifico riferimento ai limiti del sindacato di legittimità, deve pure
precisarsi che, “In tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal
ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa
rispetto a quelli adottati dal giudice del merito” (cfr. Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv.
265482) e ciò anche all’indomani delle modifiche apportate dall’art. 8 L. 20 febbraio 2006,
n. 46, le quali “…non hanno mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane un
giudizio di legittimità rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e
completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze
acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito” (cfr. Sez. 4 n. 35683
del 10/07/2007, Rv. 237652), dovendosi la Corte di cassazione “…limitare al controllo se la
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assistiti da presidio elettronico, non potendo garantire quel controllo adeguato e continuo

motivazione dei giudici del merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare
e spiegare l’iter logico seguito” (cfr. Sez. 1 n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507).
Proprio in tema di intercettazioni telefoniche, peraltro, è stato definitivamente chiarito
che “…l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia
criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di
merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si
sottrae al sindacato di legittimità” (cfr. Sez. U. n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715).
Infine, quanto al giudizio cautelare, deve rilevarsi che il Tribunale ha espressamente
ancorato la sua valutazione ad elementi fattuali di indubbio spessore sintomatico del

dalle stesse modalità della condotta, ampiamente richiamate nell’ordinanza e dalla
personalità dell’indagato, gravato anche da una recente condanna proprio per il delitto di
evasione, tale da giustificare ampiamente la valutata inadeguatezza della misura
domiciliare, ancorché assistita da presidio elettronico.
Trattasi di motivazione ancora una volta esente da censure di legittimità per gli stessi
motivi sopra esposti a proposito di quelle articolate con il primo motivo di ricorso, ai quali
si rinvia.
4. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
la trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario
competente perché provveda a quanto stabilito all’art. 94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito all’art. 94 c. 1 ter
disp. att. del c.p.p.
Deciso in Roma il giorno 10 ottobre 2017.
Il Consigliere estensore
Gabriella Cappello

Il Presidente
Rocco Marco Blaiotta

ritenuto, attuale e concreto pericolo di reiterazione criminosa, desumendoli correttamente

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