Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53305 del 10/10/2017


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 53305 Anno 2017
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COSTARELLI MICHAEL nato il 17/10/1994 a GELA

avverso l’ordinanza del 16/05/2017 del TRIB. LIBERTA di CALTANISSETTA
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH;
lette/sentite le conclusioni del PG GIULIO ROMANO
Il P.G. RomangGiulio conclude per il rigetto.
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Data Udienza: 10/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del Riesame di Caltanissetta, in data 16 maggio 2017, ha
confermato l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Gela, in data 19 aprile 2017, aveva applicato a Michael Costarelli la
misura della custodia cautelare in carcere in relazione al furto in abitazione da lui
commesso in danno di Salvatore Tallarita, con il concorso di Nicolò Morello e di
Maurizio Smorta, il 17 aprile 2017.

indiziario a carico del Costarelli, costituito da una serie di elementi, il cui spunto
investigativo era costituito dalle dichiarazioni di una testimone oculare, Rosaria
Costarelli, la quale aveva assistito alla scena e successivamente riconosceva nello
Smorta (che era stato fermato dagli operanti in base alle sue indicazioni) come il
soggetto che fungeva da “palo” durante l’azione furtiva e che comunicava con i
compartecipi mediante il telefono cellulare. L’apparecchio veniva quindi esaminato
dai carabinieri, i quali rilevavano che durante l’azione furtiva vi erano diverse
chiamate a tale Nicolò, poi identificato nel Morello. In seguito, l’esame delle
immagini dei sistemi di videosorveglianza posti nelle vicinanze del luogo ove si era
svolta l’azione furtiva consentiva di accertare che in tale occasione, presso
l’abitazione del Tallarita, era giunta una vettura Mercedes classe A, in uso al
Morello e da questi condotta, dalla quale era sceso un individuo alto e magro
identificato poi nel Costarelli, il quale veniva immediatamente raggiunto dallo
Smorta e successivamente si arrampicava sulla grondaia dell’edificio ove abitava
la persona offesa.
Sulla base delle emergenze investigative, il Tribunale nisseno ha disatteso le
argomentazioni difensive, tese a dimostrare (anche sulla base delle dichiarazioni
dello Smorta) che il Costarelli interruppe la sua azione di arrampicamento vedendo
delle persone in strada e che il Tallarita aveva rinvenuto il danaro che, in un primo
tempo, riteneva rubato; quanto poi alla possibile derubricazione del reato in
tentato furto (sollecitata dalla difesa in conseguenza del ritrovamento della
refurtiva da parte della persona offesa), essa secondo il Tribunale non incide in
maniera determinante sul quadro edittale, alla luce della contestata aggravante,
né sulle esigenze cautelari, desunte in base alle concrete modalità del fatto e dalla
personalità dell’indagato, gravato da vari precedenti: elementi ritenuti ostativi
all’applicazione di una misura meno afflittiva di quella infrannuraria.

2. Avverso la prefata ordinanza ricorre il Costarelli, tramite il suo difensore di
fiducia. Il ricorso si articola in tre distinti motivi.

2

L’ordinanza del Tribunale del Riesame ripercorre sinteticamente il compendio

2.1. Con il primo motivo si denunciano violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione all’omessa riqualificazione del fatto come tentativo di
furto e all’aggravante di cui all’art. 625, n. 5, cod.pen.: a tal fine l’esponente
evidenzia che, in base alle dichiarazioni rese dall’indagato e da Smorta Maurizio,
dovrebbe escludersi che il delitto di furto sia stato consumato e che allo stesso
abbia partecipato quale concorrente il Morello.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denunciano violazione di legge
processuale e vizio di motivazione in relazione ai requisiti della concretezza e

Collegio adìto mediante il ricorso a clausole di stile. All’uopo il ricorrente richiama
alcune pronunce della Corte di legittimità per concludere che il Tribunale ha
omesso di fornire elementi argomentativi sulla possibilità di sostituire la misura
infrannuraria con altra meno afflittiva, limitandosi a pronosticare apoditticamente
che l’indagato non si atterrebbe alle prescrizioni degli arresti domiciliari; l’indagato
stesso, inoltre, si é reso disponibile all’applicazione del c.d. braccialetto elettronico.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione dell’art. 278 cod.proc.pen. con
riferimento all’art. 280 cod.proc.pen.: secondo il deducente, erra il Tribunale
nisseno nell’affermare che la diversa qualificazione del fatto come furto tentato
anziché consumato non inciderebbe in modo rilevante, sul piano cautelare, in
relazione alla pena edittale derivante dall’applicazione dell’ultimo comma dell’art.
624-bis cod.pen.. In realtà, ai fini dell’applicazione delle misure cautelari non si
tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, salvo
eccezioni fra le quali – conclude l’esponente – non rientra il reato nella specie
configurabile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso é infondato, ponendosi anzi ai limiti della manifesta infondatezza,
in tutti i motivi nei quali esso é articolato.
1.1. Quanto al primo motivo di ricorso, non può in primo luogo prendersi in
considerazione il rilievo difensivo relativo alla mancata valorizzazione delle
dichiarazioni “liberatorie” del Costarelli e dello Smorta nei confronti della posizione
del Morello. In senso contrario, stando a ciò che si ricava dall’incarto disponibile,
non vi é unicamente quanto desumibile attraverso le immagini delle telecamere di
videosorveglianza, ma vi sono altresì le conversazioni telefoniche intercorse fra il
Morello e lo Smorta durante l’azione furtiva, oltre alla permanenza del Morello
assieme allo Smorta mentre il Costarelli si trovava nell’abitazione del Tallarita; di
tal che, alla luce di tali circostanze, le dichiarazioni confessorie dello Smorta
rendono di fatto evidenti gli indizi a carico anche del Morello, il quale si era con lui

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dell’attualità del pericolo di reiterazione, la cui sussistenza é stata affermata dal

intrattenuto e aveva con lui conversato durante l’azione furtiva, dopo avere
accompagnato i due complici sul luogo del delitto a bordo della sua autovettura,
ed al termine dell’azione aveva caricato sulla sua auto sia lo Smorta che il
Costarelli. Ciò, secondo quanto correttamente rilevato dal Collegio nisseno, offre
un coerente quadro indiziario, a fronte del quale risultano inattendibili le
dichiarazioni scrinninanti rese dallo Smorta e dal Costarelli in favore dell’amico e
coindagato Morello. In proposito é opportuno richiamare il principio recentemente ribadito dalla Corte – in base al quale, in tema di ricorso per

comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende
indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle
caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti
nelle valutazioni del Gip e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto
all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione
delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di
illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv.
269438).
Conseguentemente, tenuto conto della natura cautelare della valutazione,
non vi sono ragioni per escludere l’aggravante di cui all’art. 625, n. 5, cod.pen.,
riferita al numero minimo di tre persone quali concorrenti nel reato di furto.
1.2. Circa l’invocata derubricazione del furto da consumato in tentato,
correttamente il Tribunale nisseno ne afferma la sostanziale irrilevanza a fini
cautelari. Al riguardo – e ciò con valore assorbente rispetto ai contenuti del terzo
motivo di ricorso – é sufficiente precisare che l’aggravante di cui all’ultimo comma
dell’art. 624-bis (che va applicata in presenza della già menzionata circostanza di
cui all’art. 625-bis) é aggravante ad effetto speciale (ai sensi dell’art. 63, comma
3, cod.pen.) e quindi, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, é
sicuramente rilevante per la determinazione della pena ai fini dell’applicazione di
misure cautelari, proprio in base all’invocato art. 278 cod.proc.pen.: e nella specie,
quand’anche si procedesse alla derubricazione del furto da consumato a tentato,
la diminuente per il tentativo da calcolare a tal fine non porterebbe comunque gli
estremi edittali al di sotto dei limiti minimi di pena stabiliti dall’art. 274
cod.proc.pen. per l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere.
1.3. Resta da esaminare il secondo motivo di ricorso, che é a sua volta
infondato. Il Collegio adito ha chiaramente precisato quali sono gli elementi
deponenti per il pericolo di reiterazione, la cui attualità e concretezza (oltretutto
riferita a vicenda che si colloca temporalmente in epoca assai recente, collocandosi
i fatti nello scorso mese di aprile) va ricondotta alle modalità dell’azione concertata

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cassazione, il controllo di legittimità, anche nel giudizio cautelare personale, non

tra i correi e ai precedenti penali del Costarelli, condannato due volte per rapina
con sentenza definitiva: il quale, osserva il Tribunale, é tornato a delinquere
nonostante sia recentemente stato scarcerato. Su tale considerazione, che si rivela
fondata su argomenti logici non censurabili in questa sede, si basa il convincimento
che l’indagato, se sottoposto a misura fiduciaria di tipo domiciliare, non si
atterrebbe alle prescrizioni ad essa connesse.
A tale ultimo riguardo, e con riguardo all’allegata disponibilità del ricorrente a
sottoporsi all’applicazione del c.d. braccialetto elettronico, é sufficiente richiamare

riesame sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della
reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale,
costituisce pronuncia implicita sulla impossibilità di impiego di uno degli strumenti
elettronici di controllo a distanza previsti dall’art. 275-bis cod. proc. pen. (Sez. 2,
Sentenza n. 31572 del 08/06/2017, Caterino, Rv. 270463).

2. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Va disposta, in relazione allo stato di detenzione del ricorrente, la trasmissione
del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente,
affinché provveda a quanto stabilito dall’art. 94, comma

1-ter, disp.att. del

cod.proc.pen..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa
al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94, c. 1-ter disp.att. del c.p.p..
Così deciso in Roma il 10 ottobre 2017.

la giurisprudenza di legittimità in base alla quale il giudizio del tribunale del

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