Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5330 del 10/10/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5330 Anno 2015
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CISTERNINO FABRIZIO N. IL 06/03/1962
avverso la sentenza n. 2052/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
16/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’A
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 10/10/2014

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr Mario Pinelli, ha concluso chiedendo
l’annullamento con rinvio.
Per la parte civile è presente l’Avvocato Daniele Versienti, il quale conclude chiedendo rigettarsi
il ricorso. Deposita nota spese.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Luigi Rella, il quale chiede l’accoglimento del ricorso.

1. Il difensore di Cisternino Fabrizio propone ricorso per cassazione contro la sentenza
emessa dalla Corte d’Appello di Lecce, all’udienza del 16 gennaio 2014 che, in parziale
riforma della decisione adottata dal Gup del Tribunale di Lecce, ha condannato
l’imputato alla pena di mesi 10 di reclusione, poiché lo stesso, in qualità di pubblico
ufficiale, con il concorso di Carrozzo Fabio, aveva formato l’atto di vendita di un
autoveicolo, attestando falsamente che era stato firmato in sua presenza dal predetto
Carrozzo Sandro, in veste di alienante, utilizzando il documento di identità di
quest’ultimo (capo b, ex art. 483 del codice penale) e per avere richiesto la trascrizione
nel Pubblico Registro Automobilistico dell’atto precedente, così inducendo in inganno
l’Ente che procedeva alla relativa trascrizione (capo c, artt. 479 e 48 codice penale). Il
primo giudice aveva verificato che la vendita dell’autovettura, dall’ignaro Carrozzo
Sandro a D’Agostino Salvatore era avvenuta in data 21 aprile 2007, con
l’intermediazione dell’agenzia per le pratiche automobilistiche di Cisternino Fabrizio il
quale, nella qualità di titolare di tale agenzia, aveva attestato che la firma apposta sul
certificato di proprietà, apparentemente riferibile a Carrozzo Sandro, era stata vergata
proprio da questi, in sua presenza, dopo la consegna dei documenti di identità in
originale.
2. Avverso tale decisione aveva proposto appello il Cisternino, richiedendo la declaratoria
di nullità della sentenza poiché il dispositivo affermava la responsabilità in ordine ad un
reato non contestatogli, l’assoluzione per assenza dell’elemento psicologico del reato e,
in subordine la riduzione al minimo della pena. La Corte, confermava la sentenza
impugnata quanto all’affermazione di responsabilità dell’imputato, accogliendo le
doglianze concernenti la misura della pena.
3. Avverso la decisione della Corte territoriale propone ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato lamentando violazione di legge e vizio di motivazione riguardo alla
sussistenza dell’elemento psicologico del reato e alla valutazione degli elementi di
prova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’unico articolato motivo di ricorso la difesa deduce violazione di legge e vizio di
motivazione con riferimento all’elemento soggettivo del reato e alla sussistenza degli
elementi di prova. In particolare, con riferimento al reato ascritto al capo b), la tesi
dell’insussistenza della buona fede del Cisternino riguardo alla circostanza che la
persona che ha sottoscritto l’atto di vendita in qualità di venditore non fosse il
proprietario Carrozzo Sandro, ma il fratello Carrozzo Fabio, è stata fondata dalla Corte
territoriale su due argomentazioni: il fatto che il luogo di residenza di Carrozzo Sandro,

(LE), via Masaccio, mentre nell’atto di vendita che sarebbe stato sottoscritto falsamente
da Carrozzo Sandro, compare il vecchio luogo di residenza di via Trieste, sempre in
Novoli. In secondo luogo, a causa del coinvolgimento nelle varie compravendite di
Carrozzo Fabio e non dell’ignaro fratello, Sandro. Si tratterebbe di elementi ínconferenti
secondo la difesa, poiché il Cisternino avrebbe utilizzato un documento di identità
valido, esibito da Carrozzo Fabio, ma intestato al fratello Sandro, così cadendo in errore
nella redazione dell’atto di vendita dell’autovettura. La Corte non avrebbe
adeguatamente approfondito la circostanza della originalità del documento esibito al
Cisternino e se l’effigie fotografica di quel documento raffigurasse Carrozzo Fabio o
Sandro. In difetto di elementi di prova attestanti che il documento d’identità prodotto
dal coimputato, Carrozzo Fabio, non fosse in originale, deve escludersi la sussistenza
del dolo in capo al ricorrente.
2. Il motivo è inammissibile poiché dall’esame della decisione di primo grado emerge con
chiarezza che secondo la puntuale ricostruzione dei fatti operata dal Gup all’imputato
Cisternino non è stato esibito il documento di identità di Carrozzo Sandro in originale,
ma una fotocopia e tale ricostruzione non è stata contrastata con l’atto di appello
dell’imputato. In particolare, non è stata contestata la circostanza specifica che al
titolare dell’agenzia di pratiche automobilistiche non sia stata esibita la Carta di Identità
dell’effettivo proprietario del bene e tale deficit, nonostante le articolate deduzioni
oggetto del ricorso, non può essere recuperato in sede di legittimità, trattandosi di
profilo di fatto non contestato nella sede competente.
3. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare
equo determinare in euro 1.000,00. Del pari, il ricorrente va condannato alla rifusione
delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione
all’attività svolta, vengono liquidate in euro 1.800,00 oltre accessori di legge.
P.Q.M.

indicato, sia nel documento di identità, che nel certificato di proprietà, è quello di Novoli

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende; condanna il ricorrente alla
rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che si liquidano in euro 1.800,00 oltre
accessori di legge.

Così deciso in Roma il 10/10/2014

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