Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53292 del 18/10/2017


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 53292 Anno 2017
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: CENCI DANIELE

sul ricorso proposto da:
ROMBOLI MASSIMILIANO nato il 08/07/1971 a BOLOGNA

avverso la sentenza del 29/09/2016 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPINA
CASELLA
che ha concluso per

Il Procuratore Generale Casella Giuseppina, conclude per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore
E presente l’avvocato ANCONELLI GIORDANO del foro di FORLI’ in difesa di
ROMBOLI MASSIMILIANO, che si riporta ai motivi di ricorso chiedendo
l’annullamento della sentenza impugnata.

Data Udienza: 18/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di appello di Bologna il 29 settembre 2016, in parziale riforma
della sentenza, appellata dall’imputato, emessa all’esito del dibattimento dal
Tribunale di Ravenna il 6 dicembre 2012, sentenza con la quale Massimiliano
Romboli era stato condannato per omicidio colposo, con violazione delle regole
sulla circolazione stradale, fatto commesso il 3 aprile 2010, ha rideterminato,
riducendola, la pena; con conferma nel resto.

come segue.
Massimiliano Romboli, percorrendo alla guida, in stato di ebrezza alcoolica,
di un’autovettura Mercedes una strada provinciale, di rientro da una discoteca,
per colpa, sia generica che specifica, in particolare mantenendo una velocità non
inferiore a 150 km orari, eccessiva, non consentita (vigendo il limite di 90 km/h)
e, comunque, non adeguata alle concrete condizioni, anche in ragione del buio,
essendo notte ed essendo assente illuminazione artificiale, non mantenendo la
distanza di sicurezza dal veicolo che lo precedeva, tamponava violentemente la
vettura Citroén condotta da Arianna Maretti, che lo precedeva nella medesima
direzione e nello stesso senso di marcia, con la conseguenza che la Citroén
veniva spinta sull’opposta corsia di circolazione, non essendo le carreggiate
separate da barriere, ed entrava in collisione con la vettura Peugeot condotta da
Andrea Gannberini. L’urto tra lo spigolo anteriore sinistro della Citroén e la parte
anteriore della fiancata sinistra della Peugeot causava la fuoriuscita dalla sede
stradale dell’auto e conseguentemente la morte, per sfacelo del cranio, di Luca
Beoni, che, senza indossare la cintura di sicurezza, era trasportato steso sul
sedile posteriore dell’autovettura condotta da Arianna Maretti.

3.Ricorre tempestivamente per la cassazione dell’ordinanza l’imputato,
affidandosi a sette motivi, con i quali denunzia promiscuamente violazione di
legge e difetto motivazionale.
3.1.

Con il primo motivo censura vizio di motivazione per asserito

travisamento di fatti rilevanti e di prove, con violazione altresì dell’art. 192 cod.
proc. pen. in tema di valutazione delle prove.
I Giudici di merito avrebbero travisato i fatti, secondo il ricorrente, a causa
di un’errata lettura della planimetria del consulente del Pubblico Ministero, che
ha disegnato le sagome delle vetture coinvolte in scala diversa da quella
adoperata per descrivere il piano stradale: tale aspetto, benché sottolineato nella
memoria difensiva datata 9 settembre 2016, depositata in appello (terzultima

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2. La vicenda fattuale ricostruita dai Giudici di merito può essere sintetizzata

pagina), sarebbe stato trascurato dalla Corte territoriale, che si sarebbe altresì erroneamente – basata su distanze e su tracce di frenata lasciate sull’asfalto a
loro volta non indicate in scala sullo schizzo planimetrico del consulente del P.M.,
come dallo stesso precisato alla p. 10 della propria relazione scritta.
3.2. Ulteriore vizio di motivazione per travisamento della prova ed ulteriore
ipotizzata violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. deriverebbe dall’avere la Corte
di appello inteso che la difesa dell’imputato abbia sostenuto che l’autovettura
Citroén viaggiasse al momento dell’impatto contromano, tesi che i Giudici di
meritano liquidano come «circostanza che non risulta da nessun dato» (p. 3

(p. 5) si limita ad ipotizzare che la Citroén condotta dalla donna viaggiasse verso
la sinistra della mezzeria. Anche tale supposto errore deriverebbe, peraltro, dalla
approssimativa planimetria redatta dal consulente del P.M.: ne deriverebbe un
vero e proprio travisamento circa la ricostruzione alternativa introdotta dalla
difesa, travisamento che condurrebbe ad una decisione illegittima ed ingiusta.
La ricostruzione del consulente della parte pubblica, peraltro, sarebbe
fondata solo su complessi calcoli matematici alla stregua dei danni sui veicoli,
prescindendo dalle dichiarazioni dei testi e degli stessi protagonisti dell’incidente.
La Corte di appello si baserebbe sulla posizione di quiete assunta dai mezzi
dopo gli urti, senza spiegare però perché la Mercedes, dopo un impatto così
violento, non sia stata trovata «sul proprio margine destro, per una banale
quanto evidente legge di inerzia. Segno evidente di un palese errore di
interpretazione, di travisamento delle tracce di pneumatici, ovvero di una
ricostruzione confusa e superficiale, che lascia adito ad importanti rilevanti dubbi
sulla corretta dinamica del sinistro» (pp. 4-5 del ricorso).
Altro errore dei Giudici di merito consisterebbe nell’avere ritenuto che la
Mercedes condotta dall’imputato potesse avere raggiunto la velocità assai
elevata di circa 150 chilometri orari pur avendo attraversato seicento metri
prima una rotatoria, sulla base della sola potenza del mezzo (p. 4 della sentenza
impugnata) ma senza dati scientifici di conforto, in buona sostanza con una mera
congettura o con una intuizione. Si suggerisce al riguardo da parte del ricorrente
un esperimento giudiziale, che sarebbe ancora oggi possibile, lanciando un’auto
del tipo di quella condotta dall’imputato – provvista di cambio automatico – dalla
rotatoria nella medesima direzione a suo tempo percorsa da Romboli,
esperimento che non risulta svolto dal consulente del P.M.
3.3. Si denunzia, poi, la mancata assunzione di una prova decisiva per non
avere la Corte di appello, benché a ciò sollecitata dalla difesa (p. 13
dell’impugnazione di merito), acquisito la cartella clinica della conduttrice della
Citroén, Arianna Maretti, relativamente alla quale vari elementi fattuali emersi

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della sentenza impugnata), mentre, in realtà, la memoria del 9 settembre 2016

all’istruttoria (dichiarazioni della donna e del c.t. della difesa dr. Caminiti), che si
richiamano, indicherebbero uno stato psicofisico confuso ed alterato,
necessitante di riposo per non avere dormito da molte ore, ed anche essere stata
colta da un colpo di sonno poco prima dell’urto, circostanze che lascerebbero
intendere che la donna abbia condotto l’automobile in maniere anomala.
Si critica l’avere la polizia giudiziaria richiesto la prova alcoolimetrica per il
solo Romboli, ma non anche per la Marietti.
Poiché «è logico ritenere che anche alla Maretti siano stati eseguiti gli stessi
esami» cui è

stato sottoposto l’imputato (p. 8 del ricorso) in ambiente

della donna. Tale verifica sarebbe, ad avviso del ricorrente, imprescindibile per
decidere; in ogni caso, ove risultasse un concorso di colpa della donna, ne
deriverebbe la necessità di una rilevante riduzione della pena per il ricorrente.
3.4. Con il quarto motivo si ipotizza ulteriore travisamento delle prove e, nel
contempo, contraddittorietà della motivazione per avere i Giudici di merito
escluso che la condotta di Gamberini, autista della Peugeot, che pure viaggiava a
velocità superiore al consentito, abbia contribuito a causare la morte di Beoni sia
perché al momento del secondo impatto la vittima era già morta sia perché,
anche andando a velocità inferiore, Gamberini non sarebbe riuscito ad evitare la
collisione (p. 5 della sentenza impugnata).
Richiamati alcuni passaggi dell’istruttoria, assume la difesa che, non
essendosi tutti gli airbag della Citroén aperti al primo impatto, esso non può
essere stato di grande forza e, dunque, anche alla luce della posizione delle
chiazze di sangue sul sedile posteriore della vettura, non può dirsi che il
trasportato sia morto subito dopo lo stesso e prima dell’urto con la Peugeot.
Sarebbe, dunque, illogico affermare che la condotta di Gamberini sia stata
ininfluente nelle causazione dell’evento-morte.
3.5. Con l’ulteriore motivo si censura la mancata assunzione di una prova
stimata “rilevante”, avendo la difesa nell’atto di appello, ma inascoltata, chiesto
sia di ascoltare il conducente della Peugeot, Gamberini, sia di disporre una nuova
perizia sulle dinamica del sinistro (pp. 2 e 13 dell’appello).
3.6. Si denunzia quale sesto motivo erronea applicazione della legge penale
(art. 62, n. 6, cod. pen.) per avere escluso i Giudici di merito, con motivazione
che si stima illogica ed incondivisibile, incentrata prevalentemente sulla cattiva
condotta dell’imputato, l’attenuante del risarcimento del danno, senza
considerare che, avendo la parte lesa dichiarato di non essere soddisfatta da
quanto offerto prima dell’udienza in primo grado, malgrado l’assenza di un atto
definitivo transattivo tra le parti, la integralità del risarcimento deriva comunque
da un giudizio di tipo relativo e soggettivo e che il giudizio civile pendente avrà i

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ospedaliero, si censura la decisione dei Giudici di non acquisire la cartella clinica

suoi tempi ed i suoi modi, ma che nel processo penale si deve «tenere conto,
piuttosto, della volontà di risarcire, della tempestività, e di ogni altro elemento
che comunque inficia il quantum, stante, ripetesi, il rilevato concorso della
vittima e di altro protagonista. Diversamente argomentando ogni parte lesa
potrebbe, alzando sempre di più l’asticella della pretesa, tenere un
comportamento vessatorio nei confronti dell’imputato che non vedrebbe così mai
riconosciuta l’attenuante della riparazione» (così alla p. 16 del ricorso).
3.7. Quale ultimo motivo di ricorso si censura per violazione di legge (art.
62-bis cod. pen.) e difetto motivazionale il mancato riconoscimento delle

quanto incentrata (p. 5 della sentenza) sulla mancata resipiscenza dell’imputato
e sull’atteggiamento processuale e su quello tenuto sia sul luogo del sinistro sia
dopo di esso: vi sarebbe contrasto con le emergenze processuali, avendo
Romboli subito rilasciato dichiarazioni ed avendo accettato di sottoporsi ad
esame, occasione in cui ha sostenuto – legittimamente, ciò di cui non gli si può
fare una colpa, essendo estrinsecazione concreta del diritto di difesa – la propria
versione; non ci si potrebbe inoltre basare sui comportamenti soggettivi o sul
carattere dell’imputato; non si potrebbe valorizzare contro l’imputato, che poteva
essere frastornato dall’urto, avere rimproverato la Maretti, che, evidentemente,
guidava – si ritiene – al centro della strada anziché a destra; non sarebbe
provato l’avere guidato in stato di alterazione derivante dall’assunzione di alcool.
Sarebbero stati, invece, trascurati dai Giudici di merito l’incensuratezza,
l’atteggiamento processuale dell’imputato ed il risarcimento del danno, elementi
valorizzabili al fine del riconoscimento delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato e deve essere rigettato.
1.1.In primo luogo, non risulta in alcun modo, se non dalle sole asserzioni
contenute nel ricorso, che i Giudici di merito (cfr. entrambe le motivazioni) siano
stati tratti in inganno o che si siano fondati in maniera esclusiva o determinante
sullo schizzo planimetrico allegato alla consulenza del P.M., avendo, invece, gli
stessi dato atto di avere valutato congiuntamente sia le relazioni di tutte le parti
processuali che le fotografie in atti (certo non scattate in scala alterata).
1.2. Il ricorrente anche nel secondo motivo di ricorso perpetua l’errore,
logico e prospettico (di cui si è detto al punto che precede), consistente nel dare
per assodato che i Giudici di merito si siano pedissequamente adagiati (solo)
sulla consulenza del P.M., recte: sugli schizzi planimetrici allegati alla stessa.

attenuanti generiche, con motivazione che si addita a meramente apparente, in

Il ricorrente, peraltro, nel criticare la sentenza, riferisce circostanze inesatte
e, anzi, contrarie al vero (ed infatti nell’appello, pp. 6 e 10, la difesa di Romboli
aveva testualmente ipotizzato che vi fosse stato, prima, l’impatto tra Citroén e
Peugeot e, solo dopo, l’impatto tra la Citroén respinta indietro dal primo urto, e
la Mercedes, con ciò sostenendo, per forza di cose, o che Maretti o che
Gamberini avessero invaso l’opposta corsia).
Generiche e non concludenti risultano le critiche difensive al metodo seguito
dal consulente del P.M. ed alla ricostruzione fattuale operata, peraltro
concordemente, dai Giudici di merito.

(cfr. atto di appello e memoria del 9 settembre 2016) – nel ricorso di legittimità
la possibilità di disporre un esperimento giudiziale: prospettiva che, a dir poco,
esula vistosamente dai compiti del Giudice di legittimità.
1.3. Quanto al terzo motivo di ricorso, osserva il Collegio che la Corte
territoriale non ha trascurato la questione, che era stata posta dalla difesa
nell’appello, circa le condizioni psicofisiche di Maretti al momento dell’urto: in
realtà, ha affrontato l’aspetto ed ha – congruamente – osservato che non
emerge che i sanitari abbiano effettuato indagini sulla donna per la verifica della
eventuale presenza di alcool o di stupefacenti, prendendo atto che se, durante il
non lungo periodo in cui la donna venne visitata, ma non ricoverata, in ospedale,
cioè dalle 7.09 alle 10.51, con codice di accesso verde e diagnosi di trauma
cranico con contusioni agli arti, non si procedette ad accertamenti, è perché,
evidentemente, non se ne ravvisò la necessità (p. 3 della sentenza impugnata).
Del resto, è dalla stessa strutturazione testuale del ricorso

(«è logico

ritenere che anche alla Maretti siano stati eseguiti gli stessi esami» cui è stato
sottoposto l’imputato: p. 8 del ricorso) che emerge chiaramente la natura
meramente esplorativa della richiesta, che, per ciò solo, non è utilmente
coltivabile. Infatti, come ben noto, «Nel giudizio di appello, la presunzione di
tendenziale completezza del materiale probatorio già raccolto nel contraddittorio
di primo grado rende inammissibile (sicchè non sussiste alcun obbligo di risposta
da parte del giudice del gravame) la richiesta di rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale che si risolva in una attività “esplorativa” di indagine, finalizzata
alla ricerca di prove anche solo eventualmente favorevoli al ricorrente» (Sez. 3,
n. 42711 del 23/06/2016, H., Rv. 267974; Sez. 3, n. 23058 del 26/04/2013,
Duval Perez, Rv. 256173).
1.4. Ed è appena il caso di osservare come il ricorrente, sotto l’apparente
richiamo, frequentemente operato, alla nozione di “travisamento”, miri, a ben
vedere, ma inammissibilmente, ad introdurre una propria lettura, che stima

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Il ricorrente, inoltre, avanza – a quanto risulta, per la prima volta in assoluto

preferibile, della dinamica degli accadimenti, alternativa a quella fatta propria, e
con doppia pronunzia conforme, dai Giudici di merito.
1.5. La Corte di appello offre, in realtà, una risposta – non incongrua – alla
richiesta di rinnovazione dell’istruttoria, ritenendone motivatamente la non
influenza rispetto all’evento-morte (p. 5 della sentenza impugnata). Significativo
che il ricorrente nemmeno definisca la sua richiesta come prova decisiva ma
soltanto come prova “rilevante” (così alla p. 13 del ricorso).
1.6.

La Corte territoriale stima, poi, non illogicamente, il danno non

risarcito, fatta salva l’avvenuta erogazione di somme accettate ma soltanto a

Sulla integralità del risarcimento, si è – condivisibilmente – precisato che «Ai
fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma
primo, n. 6 cod. pen., il risarcimento del danno deve essere integrale e la
valutazione sulla sua congruità è rimessa al giudice, che può anche disattendere
un eventuale accordo transattivo intervenuto tra le parti» (Sez. 2, n. 53023 del
23/11/2016, Casti, Rv. 268714; in senso conforme, Sez. 4, n. 34380 del
14/07/2011, Allegra, Rv. 251508; Sez. 1, n. 11207 del 29/09/1994, Bellotti, Rv.
199623)
1.7. Infine, si osserva che alla p. 5 della sentenza impugnata si valorizzano,
non incongruamente né illegittimamente, l’elevato grado della colpa, la condotta
pericolosissima dell’agente, il non avere mai manifestato resipiscenza e
nemmeno espresso senso di rincrescimento e, anzi, l’arroganza manifestata
dall’imputato, elementi tutti stimati dai Giudici di merito caratterizzanti
l’accaduto e, comunque, tali da togliere rilevanza a quelli evidenziati dalla difesa.

2.Consegue da tutte le considerazioni svolte il rigetto del ricorso e la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 18/10/2017.

Il Consigliere estensore
Daniele 5enci

Il Presidente
Rocco Marco Blaiotta

titolo di acconto (p. 5 della sentenza).

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