Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53284 del 04/10/2017


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 53284 Anno 2017
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
VIRGILIO Damiano, nato a Sannicandro di Bari (BA) il 26/04/1968,
avverso la sentenza n° 592/16 del giorno 24/11/2016 della Corte di Appello di
Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Leonardo Tanga;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Sante Spinaci, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 04/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 05/06/2015, il Tribunale di Matera

dichiarava, Virgilio Damiano colpevole del reati di furto e tentato furto aggravato
di cui ai capi A) e B) dell’imputazione, e, concesse le attenuanti generiche
prevalenti sulle contestate aggravanti e ritenuta la continuazione tra i reati, lo
condannava alla pena -sospesa- di mesi 9 di reclusione ed C 500,00 di multa.
1.1. Con la sentenza n° 592/16 del giorno 24/11/2016 della Corte di
Appello di Potenza, adita dall’imputato, in parziale riforma della sentenza di

commesso il fatto, confermando nel resto e, quanto al reato sub A), riducendo la
pena a mesi 8 di reclusione ed C 400,00 di multa.

2.

Avverso tale sentenza d’appello -oltre che dell’ordinanza del

giudice di primo grado emessa all’udienza del 27/02/2015, con cui la sollevata
questione di inutilizzabilità della relazione di C.T.U. è stata rigettata- propone
ricorso per cassazione Virgilio Damiano, a mezzo del proprio difensore,
lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art.173, comma 1, disp. att.
cod. proc. pen.):
I)

inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità,

inammissibilità e decadenza; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione in relazione alla ritenuta irripetibilità della consulenza
dattiloscopica commissionata dal P.M. ex art. 360 cod. proc. pen. con vizio
risultante dal testo impugnato ovvero da altri atti del processo. Deduce che
erroneamente la Corte territoriale ha ancorato la condanna alle conclusioni a cui
è pervenuto il consulente tecnico nominato dal P.M. poiché entrambe le impronte
di calzatura sono state prodotte grazie al deposito di una sostanza polverosa di
colore marrone (verosimilmente terriccio) sul materiale in sequestro, con la
conseguenza che l’impressa impronta piantare (con i relativi intagli) si sarebbe
potuta disperdere essendo stata ricavata tramite una sostanza (il terriccio)
deperibile. Sostiene che, a fronte di accertamenti urgenti aventi ad bggetto
materiale deperibile, andavano dati gli avvisi sia al Virgilio

-il quale al momento

del sequestro già rivestiva la qualità di indagato- che al suo difensore. Afferma
che, all’udienza del 27/02/2015, il difensore aveva prestato il consenso
esclusivamente all’utilizzabilità delle dichiarazioni rese dal Maresciallo del RIS di
Roma all’udienza istruttoria dinanzi al precedente giudicante e non anche
all’acquisizione del suo elaborato;
II)

mancata assunzione di una prova decisiva. Deduce che il primo

Giudice ha omesso di pronunciarsi -nonostante la riserva espressa all’udienza

primo grado, assolveva il medesimo imputato dal reato sub B) per non aver

del 27/02/2015- sulla richiesta tesa all’espletamento di una perizia avente ad
oggetto gli stessi quesiti formulati in sede di conferimento di incarico al
Carabiniere del R.I.S. di Roma tesi a verificare la compatibilità tra il materiale
in sequestro ed in particolare le due impronte di calzature impressi sul materiale
repertato;
III) violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento
all’art. 624-bis cod. pen. nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. Deduce che il costrutto

afferma che “il foglio su cui fu trovata l’impronta era su un tavolo, a sua volta
posto sotto il varco nella parete utilizzato dal ladro per entrare nel locale -sicché
non ha pregio l’argomento difensivo secondo cui l’impronta potrebbe essere
stata lasciata il giorno prima, quando il VIRGILIO era entrato (lecitamente) nel
locale”, posto che negli atti non si rinviene un solo dato obiettivo da cui inferire
che l’odierno ricorrente abbia offerto un contributo causale alla commissione dei
reati contestatigli. Sostiene che il Giudice dell’appello ha omesso di apprezzare, a
fini decisori, proprio quanto emerso nel corso dell’esame della persona offesa,
con la conseguenza che il risultato decisorio è stato falsato da una lettura
preconcetta delle carte processuali: il teste Muscetta, difatti, ha confermato di
aver visto il VIRGILIO all’interno del proprio esercizio commerciale anche il
giorno antecedente a quello in cui si sono verificati gli episodi delittuosi per cui
non si può escludere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che l’impronta
verosimilmente impressa dagli scarponcini di tipo antinfortunistico in sequestro
non sia stata lasciata dal VIRGILIO in epoca antecedente ai fatti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.

4. Va premesso che, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della
sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda,
confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso
fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
4.1. Occorre, inoltre, evidenziare che il ricorrente ignora le analitiche
ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.
4.2. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del
ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e
corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.

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argomentativo della sentenza merita di essere censurato nella parte in cui si

4.3. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità
sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si
saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa
la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione
dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
4.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della
motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere
evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile

ictu oculi, dovendo il

evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese
le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano
logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché -come nel *caso in
esame- siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento
(cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina,
Rv. 214794).
4.5. Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto
dall’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla
motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del
giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato
risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle
ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di
difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la
congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento
(cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
4.6. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative
della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte
circoscritto. Non c’è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la
possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni
processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata
valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove
acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del
merito.
4.7. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e
dell’asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale
probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di
merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono
deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza,
dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto

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sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica

probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti
essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono
inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza,
la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una
differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o
evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti
dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del
singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del

5. Ciò posto, il ricorso si appalesa generico “per aspecificità”, atteso
che il ricorrente non si confronta con le argomentazioni esposte dalla Corte
territoriale a confutazione dei motivi di appello e con quelle già esposte dal primo
giudice. È, infatti, inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non
specifici che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate
dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra
le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione (cfr. tra le tante Sez. 4, n. 18826 del
09/02/2012, Rv. 253849; più recentemente sez. 3, n. 53127 del 29/11/2016).
Va ribadito che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute, anche implicitamente,
infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici
(cfr. Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Rv. 253849, cit.; sez. 4, n. 256 del
18/09/1997, dep.1998, Ahmetovic, Rv. 210157; sez. 4,

n. 44139 del

27/10/2015).

6. In replica al motivo sub I) mette conto evidenziare che esso si
basa su un errore nella interpretazione dell’art. 360 cod. proc. pèn.. La
disposizione sugli accertamenti tecnici non ripetibili riguarda la attività di
accertamento tecnico probatorio fatta su cose soggette a modificazione, sia di
per sé (il passaggio del tempo e le conseguenza sullo stato dei luoghi etc.) che
per il carattere distruttivo del tipo di accertamento svolto sul reperto. Ma si
tratta di cosa ben diversa dalla attività operativa di assicurazione delle fonti di
prova e dalla comparazione e l’analisi delle impronte rinvenute (indagini
suscettibili di essere rinnovate in qualsiasi momento). In altri termini la
comparazione è attività che rientra di fatto nella mera “osservazione” e non
richiede specifiche attività tecniche: proprio grazie all’attività di recupero e
conservazione del reperto l’accertamento è ripetibile. L’accertamento è ripetibile,
quindi, quando la cosa da esaminare conservi nel tempo le proprie caratteristiche

5

17/03/2015, Rv. 262965).

e possa essere sottoposta a nuovo esame (cfr. Sez. 6, n. 10350 del 06/02/2013
Ud. -dep. 06/03/2013- Rv. 254589).
6.1. La rilevazione delle impronte, non postulando alcuna valutazione
da parte di chi vi procede, si esaurisce in semplice operazione di ordine materiale
soggetta alla disciplina dell’art. 354, comma 2, cod. proc. pen.: pertanto la sua
effettuazione non deve avvenire con l’osservanza delle forme stabilite dall’art.
360 cod. proc. pen. le quali sono riservate agli accertamenti veri e propri, se ed
in quanto qualificabili come irripetibili (cfr. Sez. 5, n. 46176 del 05/10/2004).

hanno ritenuto che

«gli scarponcini (del tipo ‘antinfortunistico’) in uso

all’imputato, e particolarmente i rilievi della suola ‘a carrarmato’, nonché i fogli di
carta su cui erano state lasciate impronte» erano «cose assolutamente non
deteriorabili (gli scarponi); ovvero passibili soltanto di sciupio (la carta),
prevenibile con opportuna riproduzione fotografica -ed infatti la relazione in atti
contiene ampia documentazione fotografica».
6.3. Quanto al consenso prestato esclusivamente all’utilizzabilità delle
dichiarazioni rese dal Maresciallo del RIS di Roma all’udienza istruttoria dinanzi al
precedente giudicante e “non anche all’acquisizione del suo elaborato”, trattasi di
mera asserzione priva di ogni allegazione a supporto. Occorre rammentare che le
relazioni scritte dei consulenti tecnici possono essere dal Giudice acquisite al
fascicolo del dibattimento a seguito dell’esame del consulente tecnico in base
all’applicazione in via analogica dell’art. 511, comma 3, cod. proc. pen.
sull’acquisizione della relazione peritale. Del resto, una volta prestato il consenso
all’utilizzabilità delle dichiarazioni rese dal Maresciallo del RIS, l’acquisizione della
relazione di consulenza è affidata alla discrezionalità del giudicante né la sua
decisione è colpita da nullità espressamente previste.

7. In ordine alla censura sub II), basterà evidenziare che la Corte
territoriale ha ineccepibilmente escluso la rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale (art. 603 cod. proc. pen.), congruamente richiamando l’omologo
provvedimento adottato dal giudice di primo grado, nella apprezzata genericità
delle circostanze su cui avrebbero dovuto espletarsi l’invocata perizia e quindi la
sua non decisività (v. anche Sez. 6, n. 35667 del 01/06/2017).
7.1. Mette conto, infine, ribadire che la perizia non rientra nella
categoria della “prova decisiva” ed il relativo provvedimento di diniego non è
sanzionabile ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., in
quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se -come nella speciesorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione» (cfr. Sez. 2, n.
52517 del 03/11/2016 Ud. -dep. 12/12/2016- Rv. 268815; Sez. 6, n. 43526 del

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6.2. Nel caso di specie, quindi, correttamente i Giudici di merito

03/10/2012). Secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio,
l’accertamento peritale è mezzo di prova neutro e, come tale, non classificabile
né quale prova a carico né quale prova a discarico (art. 495, comma 2, cod.
proc. pen.) dell’accusato (v. anche Sez. 6, n. 17629 del 12/02/2003, Zandri, Rv
226809).

8. In replica alla doglianza sub III) si rimarca che, nella specie, i
giudicanti del merito han fatto buon uso del consolidato principio secondo cui il
procedimento logico di valutazione degli indizi si articola in due distinti momenti.

precisione degli indizi stessi, ciascuno considerato isolatamente, tenendo
presente che tale livello è direttamente proporzionale alla forza di necessità
logica con la quale gli elementi indizianti conducono al fatto da dimostrare ed è
inversamente proporzionale alla molteplicità di accadimenti che se ne possono
desumere secondo le regole di esperienza. Il secondo momento del giudizio
indiziario è costituito dall’esame globale e unitario tendente a dissolverne la
relativa ambiguità, posto che nella valutazione complessiva ciascun indizio
(notoriamente) si somma e, di più, si integra con gli altri, talché il limite della
valenza di ognuno risulta superato, e l’incidenza positiva probatoria viene
esaltata nella composizione unitaria, e l’insieme può assumere il pregnante e
univoco significato dimostrativo, per il quale può affermarsi conseguita la prova
logica del fatto che non costituisce uno strumento meno qualificato rispétto alla
prova diretta (o storica) quando sia conseguita con la rigorosità metodologica
che giustifica e sostanzia il principio del c.d. “libero convincimento del giudice”
(cfr. Sez. Un., n. 6682 del 04/02/1992 Ud. -dep. 04/06/1992- Rv. 191230).
8.1. Nel caso che occupa la Corte territoriale ha, incensurabilmente in
questa sede, ritenuto che «Con riferimento al capo A, gli indizi sono gravi, precisi
e concordanti, tali da comportare l’affermazione di responsabilità dell’imputato al
di là di ogni ragionevole dubbio, come già statuito dalla sentenza di 1° grado, e
che si sintetizzano come segue. L’impronta rinvenuta su un foglio di carta
all’interno de/locale del Muscetta coincide esattamente con quella degli scarponi
in uso all’imputato; il foglio su cui fu trovata l’impronta era su un tavolo, a sua
volta posto sotto il varco nella parete utilizzato dal ladro per entrare nel locale sicché non ha pregio l’argomento difensivo, secondo cui l’impronta potrebbe
essere stata lasciata il giorno prima, quando il Virgilio era entrato (lecitamente)
nel locale; la persona offesa ha riferito che il Virgilio, la sera successiva alla
scoperta del furto, si recò da lui e, senza che gli fosse stata mossa alcuna
contestazione, professò la propria innocenza: circostanza che insospettì il
Muscetta (excusatio non petita …), che informò i Carabinieri al riguardo.

Il primo è diretto ad accertare il maggiore o minore livello di gravità e di

Trattasi di un compendio probatorio inequivocabile, mentre l’esito negativo della
perquisizione è irrilevante».

9. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese
del procedimento.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 04/10/2017

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Ant n o Leonardo Tanga

Rocco Marco Blaiotta

P.Q.M.

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