Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5327 del 07/10/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 5327 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARROTTINO LUCIANO N. IL 08/09/1948
avverso la sentenza n. 40/2011 TRIBUNALE di CATANZARO, del
17/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che harE.(—
m uso-per__

Udi f”-od

a-rmrtr-c-f377-if

Uditi difensor Avv

Data Udienza: 07/10/2014

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Eduardo
Scardaccione, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile, l’avv. Francesco Gigliotti, che si è riportato alle conclusioni che
deposita;
udito il difensore dell’imputato, l’avv. Frank Mario Santacroce, che ha concluso
riportandosi al ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 17.6.2013 il Tribunale di Catanzaro confermava la sentenza del
Giudice di Pace di Taverna, con la quale Parrottino Luciano era stato condannato, previa

euro 1000,00 in favore della parte civile, per il reato di cui all’art. 582 c.p., per aver
colpito ripetutamente Corea Aldo con schiaffi, provocandogli lesioni consistite in
arrossamento al volto, ipertensione arteriosa, stato ansioso con tachicardia, giudicate
guaribili in cinque giorni.
Avverso tale sentenza il Parrottino, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso
per cassazione, lamentando:
-con il primo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606, primo comma, lett. c)
c.p.p., in ordine all’inosservanza del principio del giusto processo e del giusto
contraddittorio ex art. 111 Cost., per l’ errata applicazione dell’art. 507 c.p.p., con
conseguente inutilizzabilità della prova; in particolare, nel caso di specie, alcun atto del
giudizio ed alcuna fase dell’istruttoria dava la possibilità al giudice di sentire l’esigenza di
integrare la prova testimoniale ex art. 507 c.p.p., se non per quanto riferito dalla persona
offesa, costituitasi parte civile, e, dunque, da soggetto che non avrebbe potuto o dovuto
condizionare la terzietà del giudice in tale determinazione; l’art. 507 c.p.p., infatti, non
può rappresentare un rimedio esperibile dal giudice per sopperire alle carenze o
negligenze delle parti e l’applicazione della disposizione in esame è condizionata
dall’avvenuta emersione, all’esito del contraddittorio, di una nuova fonte di prova; il
giudice di primo grado ha ammesso, quale teste ex 507 c.p.p., Servino Giuseppe, ma
tale testimonianza è stata autorizzata, pur non essendo emerso da alcun atto
dibattimentale o processuale tale nominativo; inoltre, l’esame del teste Servino non era
affatto decisivo ai fini del giudizio, poiché ben altri testi, a precisa domanda, avevano
escluso che vi fosse stato “contatto” tra il Parrottino ed il Corea, sicchè la testimonianza
non era assolutamente necessaria;
-con il secondo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art.606, primo comma, lett. c)
c.p.p., in ordine alla inosservanza dell’art. 29 del D. L.vo n. 274/2000, non essendo l’art.
507 c.p.p. applicabile ai processi innanzi al G.d.P. ed il Giudice di Appello non ha valutato
e motivato sulla questione sollevata alla difesa dell’imputato; in particolare, l’eccezionalità
dell’art. 507 c.p.p., che attribuisce al giudice funzione sostitutiva dell’iniziativa, e la
perentorietà dell’art. 29 D. L.vo n. 274/2000 determinano che il processo penale dinanzi
il giudice di pace, deve svilupparsi nel contraddittorio per diretta iniziativa delle parti,
sicchè non può farsi riferimento al predetto potere sostitutivo;
-con il terzo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art.606, primo comma, lett. e)
c.p.p., in ordine al difetto di motivazione

circa l’attendibilità della persona offesa

1

concessione delle generiche, alla pena di euro 600,00 di multa, oltre al risarcimento di

costituita parte civile, in” violazione delle regole probatorie di cui all’art. 192, commi 3 e 4
c.p.p., atteso che nessun teste ha confermato quanto affermato dal Corea, tranne il
Servino; nella sentenza impugnata alcuna rigorosa valutazione della credibilità del Corea
è stata effettuata ed il teste Vavalà, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice
d’appello smentisce il Corea; il teste Vavalà, invero, non ha visto alcuno schiaffo, ma
solo reciproche lagnanze, con una discussione animata, e l’aver visto le parti gesticolare
con le mani non significa affatto che vi sia stato uno schiaffo o altro;
-con il quarto motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art.606, primo comma, lett. e)
c.p.p., per mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, con

acritica e parziaria di una sola risultanza testimoniale, senza prendere in considerazione
tutti i testimoni escussi e, soprattutto, i numerosi elementi indiziari e probatori, che pure
aveva menzionato nella parte narrativa, nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità
rispetto anche a tutti gli altri atti del dibattimento, soprattutto laddove il Tribunale ha
ingiustificatamente, omesso di valutare le deposizioni del testi Angotti Francesco, Albano
Giuseppe, Vavalà Albino, Dardano Carmela, Borodyn Maria Therese, Rossi Giacomo; in
particolare, le uniche fonti di prova sulle quali il giudice di prime cure fonda la
responsabilità sono la deposizione testimoniale del Servino ed il certificato medico
rilasciato dalla dr.ssa Ritacco, ma, con riguardo al Servino, lo stesso riferisce di due
schiaffi sferrati dal Parrottino al Corea, laddove tale descrizione dei fatti è letteralmente
smentita da tutti i testi escussi in primo grado, delle dichiarazioni dei quali non vi è traccia
nella sentenza impugnata, mentre, quanto al certificato medico, da esso si evince che alle
ore 10,30 il Corea veniva visitato e presentava:

“arrossamento al volto ipertensione

arteriosa … ed era molto agitato con tachicardia…”, ma non una lesione; inoltre, il
certificato medico non è stato rilasciato dalla struttura sanitaria pubblica, ma da un
medico generico, non sviluppa una diagnosi, ma rileva solo quanto riferito dal Corea ed
è notorio che l’arrossamento del volto è una tipica reazione della pelle che può derivare
da mille fattori diversi e/o concomitanti come ad es. una temperatura fredda; il presunto
schiaffo, poi, sarebbe stato inferto alle 9.30 circa, ma la diagnosi del medico è pervenuta
alle ore 10.30 il che farebbe propendere ancor di più per un problema vascolare,
piuttosto che per uno schiaffo; non vi è prova, inoltre, che il viso prima del fatto non fosse
già arrossato e dunque che l’arrossamento sia da addebitare al presunto schiaffo; detti
vizi sono di spessore tale, che risultano percepibili ictu oculi, non trattandosi di banali
contrasti, ma di una vera e propria ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle
responsabilità, o ancora la loro astratta idoneità a fornire una ricostruzione più persuasiva
di quella contenuta nella sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
1.11 primo ed il secondo motivo di ricorso, con i quali l’imputato censura l’applicabilità
del potere ufficioso del giudice di assunzione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’art. 507
c.p.p., nel processo celebrato innanzi al Giudice di Pace e, comunque, la sussistenza,
nel caso di specie, dei presupposti per farvi luogo, sono infondati.

2

vizio risultante dal provvedimento impugnato, laddove la Corte si è limitata all’esposizione

1.1. Ed invero, così come costantemente affermato da questa Corte, la previsione del
potere officioso di integrazione probatoria in dibattimento trova applicazione anche nel
procedimento innanzi al giudice di pace (Sez. V, 20/03/2009, n. 21232), richiamando
l’art. 32 del D.L.vo n. 274/2000, implicitamente l’art. 507 c.p.p. (così Cass., Sez. 5″
penale, 16 giugno 2005 – 14 luglio 2005, n. 26085, CED 231753), laddove riconosce a
tale giudice il potere di disporre di ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova, e ciò anche
con riferimento a prove che la parte pubblica avrebbe potuto richiedere e non ha richiesto
(SS.UU. 17 ottobre 2006 – 18 dicembre 2006, n. 41281, Greco e Cass., Sez. V penale 14
dicembre 2007 – 8 febbraio 2008, n. 6347, CED 239111).

art. 507 cod. proc. pen. anche nel caso in cui non vi sia stata in precedenza alcuna
acquisizione probatoria, sia per mancata tempestiva richiesta probatoria, sia per altra
causa, come ad esempio l’assoluta inerzia della pubblica accusa; ciò perché le parole
“terminata l’acquisizione delle prove” indicano non il presupposto per l’esercizio del potere
del giudice, ma solo il momento dell’istruzione dibattimentale a partire dal quale può
avvenire l’assunzione di nuove prove (ex nnultis Cass., Sez. 5″ penale, 20 settembre
2005 – 11 ottobre 2005, n. 36642, CED 232377; Sez. V, 14/12/2007, n. 6347).
Il giudice d’appello, sulla questione dedotta dall’imputato circa l’inapplicabilità dell’art.
507 c.p.p. nel processo innanzi al giudice di Pace, sebbene non abbia sul punto
specificamente motivato, ha di fatto dato conto dell’infondatezza della doglianza,
laddove ha ritenuto in maniera assorbente la sussistenza di tutti i presupposti, nella
fattispecie in esame, per l’operatività dell’art. 507 c.p.p..
1.2. Per quanto concerne, poi, la deduzione relativa al vizio connesso all’esercizio del
potere ex art. 507 c.p.p. da parte del G.d.P., stante l’assenza dei presupposti
normativamente previsti per l’escussione del teste Servino, deve osservarsi come,
contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il giudice di appello ha dato
esaurientemente conto del regolare esercizio del potere in questione da parte del primo
giudice, evidenziando che la testimonianza del Servino è stata ritualmente introdotta, in
ossequio ai presupposti contemplati dall’art. 507 c.p.p., all’esito della programmata
istruttoria dibattimentale e sulla scorta del preciso riferimento operato dalla persona
offesa, nel corso del proprio esame, risultando, pertanto, assolutamente necessaria, ex
ante, ai fini della decisione. D’altra parte, questa Corte ha più volte evidenziato come le
valutazioni circa l’attività integrativa, qualora congruamente e logicamente motivate, sono
insindacabili in sede di legittimità (Sez. VI, 23/01/2009, n. 11558) ed il potere del giudice
di assumere d’ufficio nuovi mezzi di prova a norma dell’art. 507 c.p.p., può essere
esercitato anche con riferimento a quelle prove che le parti avrebbero potuto richiedere e
non hanno richiesto, ove sussista il requisito della loro assoluta necessità (Sez. I,
28/11/2013, n. 3979). L’ammissione di prove non tempestivamente indicate dalle parti
nelle apposite liste non comporta alcuna nullità, né le prove in questione, dopo essere
state assunte, possono essere considerate inutilizzabili, posto che l’art. 507 c.p.p.
consente al giudice di assumere d’ufficio anche prove irregolarmente indicate dalle parti,
ed in ogni caso non sussiste un divieto di assunzione che possa attivare la sanzione di
inutilizzabilità prevista dall’art. 191 c.p.p.(Sez. V, 02/10/2013, n. 8394).

3

Il giudice di pace ha il potere di disporre d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova ex

2. Il terzo motivo di ricorso, con quale l’imputato si duole del vizio di motivazione
relativo all’attendibilità della p.o., è infondato, ai limiti dell’inammissibilità. Ed invero, il
giudice d’appello ha dato atto, con percorso logico immune da censure, che le
dichiarazioni di Corea Aldo, oltre che precise, coerenti e circostanziate hanno trovato
ampia conferma nelle ulteriori emergenze istruttorie, giacché corroborate non solo dalle
dichiarazioni di Servino Giuseppe, ma anche da quelle di Vavalà Albino, oltre che dalla
certificazione medica acquisita agli atti del processo, senza peraltro essere smentite dal
narrato degli altri testi escussi, dal momento che affermare di “non ricordare” (v. testi
Rossi Giacomo e Dardano Carmela) o di “non aver visto” (v. teste Borodhin Maria Teresa)

2.1. In particolare, il giudice a quo, ha compiutamente considerato i principi affermati
dalla giurisprudenza di legittimità (S.U., n. 41461 del 19.7.2012), secondo i quali le
regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non trovano applicazione
relativamente alle dichiarazioni della parte offesa: queste ultime possono essere
legittimamente poste da sole a base dell’affermazione di penale responsabilità
dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della loro credibilità
soggettiva e dell’attendibilità intrinseca del racconto (cfr. ex multis e tra le più recenti
Sez. 4, n. 44644 del 18/10/2011, F., Rv. 251661; Sez. 3, n.28913 del 03/05/2011, C.,
Rv. 251075; Sez. 3, n. 1818 del 03/12/ 2010, dep.2011, L. C., Rv. 249136; Sez. 6, n.
27322 del 14/04/2008, De Ritis, Rv.240524). Il vaglio positivo dell’attendibilità del
dichiarante deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello generico cui vengono
sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, di talché tale deposizione può essere
assunta da sola come fonte di prova unicamente se venga sottoposta a detto riscontro di
credibilità oggettiva e soggettiva. Può essere opportuno procedere al riscontro di tali
dichiarazioni con altri elementi, qualora la persona offesa si sia anche costituita parte
civile e sia, perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui soddisfazione
discenda dal riconoscimento della responsabilità dell’imputato. Inoltre, costituisce
principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che la valutazione
della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto, che ha
una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può
essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste
contraddizioni (cfr. ex plurimis Sez. 6, n. 27322 del 2008, De Ritis, cit.; Sez. 3, n. 8382
del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005,
Zamberlan, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca, Rv. 227493;
Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232).
2.2. La sentenza impugnata, appare indubbiamente rispettosa di tali principi, avendo
valutato, da un lato, l’intrinseca attendibilità del racconto della parte lesa, in
considerazione della congruità del racconto, e dall’altro l’attendibilità estrinseca, non
smentito da diverse emergenze, confortato dal referto medico e dalle dichiarazioni dei
testi Vavalà e Servino.
2.3. La doglianza relativa al fatto che il Vavalà, contrariamente a quanto affermato dal
giudice d’appello, che avrebbe sul punto travisato la prova, non avrebbe confermato le
dichiarazioni della p.o. è inammissibile, siccome proposta in violazione della regola

4

non equivale certo ad escludere la verificazione del fatto.

dell’autosufficienza del ricorso, in virtù della quale è onere del ricorrente suffragare la
validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli
atti dai quali si evince il vizio ovvero l’allegazione degli stessi (Sez. H, 11/10/2013, n.
934).
3.

Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato, risolvendosi

nella

sollecitazione del giudice di legittimità a formulare valutazioni di merito sostitutive di
quelle effettuate dal giudice di merito e sostenute dal medesimo con motivazione non
manifestamente illogica e coerente al compendio probatorio disponibile.
In particolare, aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del

Servino a supportare il giudizio di responsabilità dell’imputato, ovvero l’idoneità del
certificato medico in atti ad attestare le lesioni, od ancora la natura dell’arrossamento o
dell’ipertensione- competevano esclusivamente al giudice di merito che sulle questioni si
è pronunciato, come detto, senza incorrere in vizi.
Esula dai poteri della Corte di cassazione quello della “rilettura” degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione
di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali
(Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric. Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n.
47289, ric. Petrella). La sentenza di merito non è tenuta, poi, a compiere un’analisi
approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte
le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione
globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del
convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi
considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (v.
Cass. Sez. 4″, 13 maggio 2011 n. 26660).
In proposito, deve osservarsi che, contrariamente a quanto evidenziato dal ricorrente,
la sentenza impugnata non ha omesso di considerare le dichiarazioni degli altri testi
escussi, laddove ha evidenziato che essi hanno affermato di “non ricordare” (v. testi
Rossi Giacomo e Dardano Carmela) o di “non aver visto” (v. teste Borodhin Maria Teresa),
ritenendo che tali affermazioni non escludessero
I sottesi travisamenti nell’interpretazione delle dichiarazioni dei predetti andavano
adeguatamente illustrati, non soddisfacendo essi comunque, la detta regola
dell’autosufficienza del ricorso.
4. Il ricorso va, pertanto, rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle
spese processuali, nonché a rimborsare le spese sostenute nel grado dalla parte civile che
si ritiene congruo liquidare in euro 1500,00, oltre accessori di legge.

p.q.m.

5

materiale probatorio segnalati dal ricorrente -come l’idoneità delle dichiarazioni del

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
al rimborso delle spese sostenute nel grado dalla parte civile che liquida in euro 1500,00,
oltre accessori di legge.

Così deciso il 7.10.2014

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA