Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5326 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5326 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIAW SERIGNE TOUBAYN. IL 21/02/1974
avverso l’ordinanza n. 540/2012 TRIBUNALE di ROMA, del
07/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 20/09/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 7 novembre 2012 il Tribunale di Roma,
giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda di Diaw Serigne Touba#
cittadino senegalese, volta ad ottenere l’applicazione della disciplina della
continuazione tra più fatti di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474
cod. pen.).

omogenei tra loro, erano stati commessi a distanza di tempo, sicché non
appariva possibile, in assenza di qualsivoglia prova dell’identità del disegno
criminoso, che essi fossero compresi in un’unica progettazione e risoluzione
deliberata, sia pure nelle sue linee essenziali, fin dalla prima violazione.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Diaw tramite il difensore, il quale deduce i vizi di violazione di legge con
riguardo agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen. e il difetto di
motivazione.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché, al di là del titolo dato ai motivi
formulati, propone in realtà censure di merito non consentite nel giudizio di
legittimità, insistendo per il riconoscimento della continuazione tra due
episodi commessi il 22/12/2006 e il 12/05/2007, in un lasso temporale di
cui il ricorrente sostiene la compatibilità con l’identità del disegno
criminoso; e aggiunge che la finalità perseguita dall’art. 671 cod. proc. pen.
è quella di porre rimedio alle eventuali carenze del giudizio di cognizione,
sottintendendo che l’invocata continuazione sarebbe stata riconosciuta se i
due episodi delittuosi fossero stati giudicati nel medesimo processo.
Al contrario il giudice dell’esecuzione, con motivazione completa e
coerente, immune da vizi logici e giuridici, e, perciò, insindacabile in questa
sede, ha spiegato che i fatti oggetto delle sentenze di condanna, anche in
ragione dell’intervallo temporale intercorrente tra i diversi episodi e in

mancanza di elementi probanti l’unicità del disegno criminoso, non
desumibile soltanto dall’omogeneità delle violazioni, esprimono piuttosto
una scelta di vita non conforme alle regole di onesta convivenza.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,

comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
i

A ragione della decisione il Tribunale ha osservato che i reati, pur

spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 20 settembre 2013.

P.Q.M.

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