Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53247 del 08/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 53247 Anno 2017
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ABBATE GIUSEPPA nato il 13/05/1969 a PALERMO

avverso la sentenza del 06/06/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;

Data Udienza: 08/11/2017

Fatto e diritto
Per quanto ancora rileva, con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello
di Palermo ha confermato la decisione di primo grado, quanto alla affermazione
di responsabilità di Giuseppa Abbate, in relazione ai reati di cui agli artt. 61, n. 2,
110, 476, comma secondo, cod. pen. (capo a) e 110, 640, comma secondo, n. 1,
cod. pen. (capo b).
Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, con il quale
lamenta vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione; a) alla affermazione

criterio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” (primo motivo); b) alla ritenuta
sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 476, comma secondo, cod.
pen., pur in assenza di alcuna querela di falso e di contestazione nel capo di
imputazione (secondo motivo).
Le critiche sviluppate nel primo motivo concernenti l’affermazione di
responsabilità sono inammissibili per assenza di specificità, in quanto fondate su
censure che, nella sostanza, ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame. La mancanza di specificità del
motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata (essenzialmente ruotanti attorno
all’evidente interesse della ricorrente alla realizzazione della falsità descritta nel
capo di imputazione, al fine di conseguire la prestazione assistenziale) e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio indicato, conducente, a
mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 4,
29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598,
Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945;
Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
Le doglianze sviluppate nel secondo motivo sono inammissibili per manifesta
infondatezza, in quanto la circostanza aggravante de qua è stata ritualmente ed
esplicitamente contestata e il suo accertamento non richiede la proposizione di
alcuna querela di falso.
Alla inammissibilità del ricorso consegue,

ex art. 616 cod. proc. pen., la

condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma
in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si
stima equo determinare in euro 2.000,00.
P.Q.M.

1

di responsabilità, fondata su elementi che non avevano consentito di superare il

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in data 8 novembre 2017
estensore

Il lifti , ente

Il Consi

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