Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5324 del 07/10/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5324 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ABATE EROS N. IL 14/09/1989
avverso la sentenza n. 1240/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 19/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 07/10/2014

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Eduardo Vittorio SCARDACCIONE, ha
concluso chiedendo il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo, in data 19 luglio 2013, ha
confermato la pronunzia emessa dal Tribunale di Trapani in data 20 dicembre 2012 nei
confronti di Eros ABATE, condannato alla pena di giustizia per il reato di lesioni personali
commesso, in concorso con Filippo Coraci (giudicato in separato giudizio) nonché con almeno
un altro soggetto (da identificarsi), in danno di Antonino Calabrò. Fatto accertato in

Con la stessa sentenza il Tribunale aveva assolto l’ABATE dal reato di tentata estorsione in
danno del Calabrò e di altra persona.
2. Propone ricorso l’imputato, deducendo violazione di legge in relazione alla disposizione
prevista dall’articolo 531 del codice di procedura penale.
Si censura la mancata emissione di sentenza di non doversi procedere in relazione al reato di
lesioni personali, dovendo ritenersi quest’ultimo procedibile a querela di parte, essendo stata
esclusa, in conseguenza dell’assoluzione dal reato di tentata estorsione, l’aggravante di cui
all’articolo 61 n. 2 codice penale.
La Corte territoriale avrebbe ritenuto erroneamente riconducibile il fatto nella fattispecie di
lesioni personali gravi, mentre nel capo d’imputazione era stato chiaramente evidenziato che le
lesioni risultavano guaribili in giorni 10; inoltre, la Corte non avrebbe puntualizzato in modo
adeguato la circostanza per la quale era assente nel capo d’imputazione il riferimento ad un
indebolimento permanente dell’organo della masticazione come conseguenza delle lesioni
subite. Peraltro, da nessuno degli elementi emersi nell’istruttoria dibattimentale si potrebbe
dedurre che la malattia della persona offesa abbia avuto una durata superiore a giorni 10
ovvero abbia prodotto un indebolimento dell’organo della masticazione; l’unico documento
sanitario acquisito al fascicolo del dibattimento nei due gradi di giudizio è stato il referto
rilasciato dal pronto soccorso in data 25 luglio 2009 dal quale emerge una prognosi di
guarigione contenuta in giorni 10.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini qui di seguito indicati.
Va premesso che risulta presentata una remissione di querela della persona offesa in data 5
marzo 2013 e che il reato di lesioni, in relazione al quale sia la sentenza di primo grado che
quella di appello hanno ritenuto la penale responsabilità dell’imputato, è contestato per aver
usato violenza “sul Calabrò consistita nel colpirlo con percosse e calci …..sono a cagionargli
lesioni personali consistite in una contusione traumatica alla regione del setto nasale, in una
frattura zigomatica parziale della corona dei due incisivi centrali superiori, in una contusione
traumatica escoriata alla spalla destra e sinistra nonché alla regione toracica e posteriore ed al
volto giudicate guaribili in dieci giorni s.c.”.

Castellamare del Golfo il 25 luglio 2009.

Rispondendo allo specifico motivo di appello dell’imputato sulla improcedibilità dell’azione
penale per intervenuta remissione di querela, la Corte territoriale ha motivato in maniera
articolata sulla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 583, comma primo, n. 2, cod. pen.
(indebolimento permanente dell’organo della masticazione), che, però, come si è visto, in fatto
non è stata contestata.
Né tale aggravante è stata ritenuta nella sentenza di primo grado, giacché nella
determinazione del trattamento sanzionatorio, riconoscendo le attenuanti generiche, il giudice

Non sì può trascurare, in proposito, che, sebbene ai fini della contestazione di una aggravante
non sia necessaria la specifica indicazione della norma che la prevede, essa deve essere
precisamente enunciata “in fatto”, così che l’imputato possa avere cognizione degli elementi
che la integrano. (Sez. 2, n. 14651 del 10/01/2013 – dep. 28/03/2013, P.G. in proc. Chatbi,
Rv. 255793).
Orbene, nel caso in esame tale precisa enunciazione non v’è stata e, peraltro, come si è già
detto, proprio la sentenza di primo grado, confermata in appello con la pronunzia impugnata in
questa sede, non ha ritenuto che sia stata contestata l’aggravante di cui all’art. 583 cod. pen.
Tale situazione impone la declaratoria di estinzione del reato di lesioni semplici, come
contestato e ritenuto, per intervenuta remissione di querela.
Le spese vanno poste a carico del querelante, così come stabilito dalle parti nel verbale di
remissione di querela in deroga a quanto previsto normativamente.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per remissione di
querela. Condanna al pagamento delle spese processuali il querelante.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2014
igliere estensore

Il Presidente

non ha effettuato alcun giudizio di comparazione.

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