Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53239 del 08/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 53239 Anno 2017
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PALMIERI FRANCESCO nato il 06/11/1970 a NAPOLI

avverso la sentenza del 23/09/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;

Data Udienza: 08/11/2017

Fatto e diritto
Per quanto ancora rileva, con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello
di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, quanto alla affermazione di
responsabilità di Francesco Palmieri, in relazione ai reati di cui agli artt. 385,
337, 495 cod. pen., provvedendo, in riforma della sentenza del Tribunale, ad una
mitigazione del trattamento sanzionatorio.
Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, con il quale
lamenta vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla affermazione di

non era ravvisabile l’elemento costitutivo della violenza nella condotta di guida
dal Palmieri (primo motivo); b) che erroneamente non era stata esclusa la
recidiva semplice, giacché il delitto al quale si era fatto riferimento per escludere
la recidiva specifica era anche l’ultimo delitto accertato a carico del Palmieri
(secondo motivo); c) che contraddittoria e illogica era la motivazione in ordine
alla dosimetria della pena (terzo motivo).
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, per assenza di specificità, in quanto
fondato su censure che, nella sostanza, ripropongono le stesse ragioni già
discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame. La mancanza di specificità
del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio indicato, conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n.
5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv.
230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3,
06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto non è dato intendere che
rilevanza, sul piano della contraddittorietà logica, abbia il fatto di avere escluso
la recidiva specifica rispetto al rilievo di avere valorizzato i vari precedenti ai fini
del giudizio di maggiore pericolosità dell’imputato.
Il terzo motivo è inammissibile in quanto: a) la graduazione della pena, anche in
relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti
ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita,
così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt.
132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel
giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena
la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico
(Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che 1

responsabilità, rilevando: a) che in relazione al reato di cui all’art. 337 cod. pen.

nel caso di specie – non ricorre; b) la mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità,
che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del
24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa
Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il
diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione
tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti,
ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque

n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010,
Giovane, Rv. 248244).
Alla inammissibilità del ricorso consegue,

ex art. 616 cod. proc. pen., la

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si
stima equo determinare in euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso ir data 8 novembre 2017
Il Consiglie

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rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2,

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