Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5323 del 07/10/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5323 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ALESSIO LUIGI N. IL 24/02/1967
DE MARIA ANTONIO N. IL 09/01/1959
avverso la sentenza n. 1703/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
12/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SILVANA DE BERARDINIS
Udito il Procuratore Generale in iersona del Dott.
che ha concluso perf 1 ,
01.
P

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensoriAvv.

q-bui-12£1,0

€~2,60,

Data Udienza: 07/10/2014

Con sentenza in data 12.12.12 la Corte di Appello di Roma pronunziava, a seguito di
impugnazione proposta da D’ALESSIO LUIGI e DE MARIA Antonio
l’annullamento della sentenza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale di
Velletri,in data 2.4.2008,che aveva dichiarato i predetti imputati responsabili dei reati
previsti dagli artt.110-393 CP.e artt.582-583-585-576 CP. ,ad essi ascritti per avere in
concorso tra loro,e al fine di esercitare un preteso diritto ,per violazione della
riservatezza della vita privata del D’Alessio, esercitato violenza nei confronti di
Terranova Mauro e Foggia Alessandro,fotografi che si trovavano nei pressi della
abitazione del D’Alessio,colpendoli con calci e pugni,e cagionando loro lesioni
sottraendo ai predetti due borse che contenevano apparecchi fotografici(fatti acc.in
data 11.1.2007)Per tali reati il primo giudice aveva condannato gli imputati ,con attenuanti generiche
e attenuante di cui all’art.62 n.6 CP,ritenuta per il D’Alessio come prevalente e per il
De Maria equivalente alle aggravanti,alla pena di mesi nove di reclusione ciascuno
oltre al risarcimento dei danni a favore della costituita parte civile,Foggia
Alessandro,aveva infine dichiarato non doversi procedere per i reati in danno di
Terranova Mauro,per intervenuta remissione di querela.
-La Corte territoriale,aveva dichiarato la nullità della sentenza impugnata disponendo
trasmettersi gli atti al PM presso il Tribunale di Roma.
Tanto,dopo aver rilevato l’erroneità della pronunzia di improcedibilità,stante la
contestazione di lesioni aggravate,reato perseguibile d’ufficio,nonché dopo aver
rilevato che il fatto contestato secondo l’ipotesi prevista dall’art.393 CP doveva
essere qualificato ai sensi dell’art.628 CP,del quale si ravvisavano gli elementi
costitutivi.
Avverso detta sentenza proponevano distinti ricorsi per cassazione i difensori dei due
imputatiNell’interesse di D’ALESSIO Luigi ,i1 difensore deduceva:
1-ai sensi dell’art.606 co.I lett.C) CPP.,la violazione di legge inerente agli artt604,597,comma II e 177 CPP,nonché art.33 octies e 33 quinquies CPP.
A riguardo censurava la decisione osservando che la Corte territoriale aveva
dichiarato la nullità della sentenza di primo grado ritenendo la diversa qualificazione
giuridica del fatto,in assenza di impugnazione proposta dal PM o dal PG,e in assenza
dei presupposti di nullità di ordine generale,disponendo la trasmissione degli atti al
PMConseguentemente riteneva la violazione del diritto di difesa
2-con ulteriore motivo veniva censurata la violazione ed erronea applicazione della
legge penale in riferimento agli artt.530 CPP e 393-628 CP.
– Veniva altresì censurata la motivazione del provvedimento per contraddittorietà ed
illogicità manifesta,nonché per travisamento del fatto.

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di DE MARIA Antonio deduceva l’erronea interpretazione della legge
penale,osservando che la Corte di Appello aveva ritenuto la configurabilità di diversa
ipotesi di reato,individuata nel delitto previsto dall’art.628 CP.,senza avere reso
riferimenti a dati di fatto e all’elemento psicologico del reato,onde era da ritenere in
tal senso la nullità del provvedimento impugnato.

Va rilevata l’inammissibilità dei suddetti ricorsi.
Invero le censure articolate dai difensori dei predetti ricorrenti hanno comune
riferimento alla pronunzia di annullamento della sentenza di condanna,avendo la
Corte territoriale ritenuto configurabile un fatto diverso da quello contestato.
A riguardo deve essere richiamato l’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte,
per cui vale citare,per la corretta applicazione dell’art.521 CPP. sentenza Sez.IV9.1.1997,n.29-RV207405-per cui —Il giudice di appello ,se accerta che il fatto è
diverso da quello contestato,non potendo decidere in ordine allo stesso perchè
altrimenti sottrarrebbe all’imputato un grado di giudizio e ne violerebbe
conseguentemente in maniera irreparabile il diritto di difesa,non può che annullare
con sentenza quella di primo grado e,nel contempo,disporre la trasmissione degli atti
al PM competente perché proceda a un nuovo giudizio.
Tale decisione della Corte di Appello non è ricorribile per cassazione dall’imputato
per mancanza di interesse,in quanto,poiché l’unico effetto che si determina è quello
dell’avvio di un nuovo accertamento da parte dell’organo competente,non viene a
crearsi alcuna situazione di pregiudizio,dovendo questo risiedere e rinvenirsi non già
in una mera eventualità ma unicamente nell’attualità degli effetti direttamente
prodotti dal provvedimento impugnato.
Si annovera in tal senso altresì Sez.V-n.14366 del 27.01.2012-RV252474-per cui è
inammissibile ,per difetto di interesse,ex art.568,comma quarto,cod.proc.pen.,i1
ricorso per cassazione,proposto dall’imputato avverso la sentenza con cui il giudice
di appello,ritenuta la sussistenza di un fatto diverso rispetto a quello
contestato,annulli la pronuncia di primo grado e trasmetta gli atti al pubblico
ministero,in quanto detta decisione non determina alcun pregiudizio per l’imputato,i1
quale ha ampia ed inalterata facoltà di difesa nell’instaurando procedimento per la
diversa ipotesi di reato (nella steso senso,v.Sez.Vn.22066 del 12-02-2013 -RV
255945-)In conclusione deve essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi,e va pronunziata la
condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento
della somma di euro mille a favore della Cassa delle Ammende.

RILEVA IN DIRITTO

PQM

Roma,deciso in data 7 ottobre 2014.
consigliere relatore

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende-

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