Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53221 del 08/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 53221 Anno 2017
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COLLI FRANCESCO nato il 23/05/1981 a ALBENGA

avverso la sentenza del 11/05/2016 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;

Data Udienza: 08/11/2017

Fatto e diritto
Per quanto ancora rileva, con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello
di EnunA ha confermato la decisione di primo grado, quanto alla affermazione di
responsabilità di Francesco Colli, in relazione al reato di cui agli artt. 61, n. 5,
110, 624, 625, comma primo, n. 2 e 7, cod. pen.
Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, con il quale
lamenta vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione: a) all’affermazione
di responsabilità, fondata sulle dichiarazioni dei coimputati e il silenzio serbato

(primo motivo); b) alla determinazione della pena, al diniego delle circostanze
attenuanti generiche e della circostanza di cui all’art. 62, n. 4 cod. pen., alla
mancata esclusione della recidiva (secondo motivo); c) al mancato rilievo della
prescrizione (terzo motivo).
Il primo motivo è inammissibile, in quanto fondato su censure che, nella
sostanza, ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere
apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per
la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio indicato, conducente, a
mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 4,
29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598,
Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945;
Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
Deve solo aggiungersi che la valorizzazione del silenzio non costituisce
fondamento positivo dell’affermazione di responsabilità, ma mira solo a
sottolineare l’assenza di qualunque iniziativa idonea a sollevare un ragionevole
dubbio rispetto alle univoche conclusioni raggiungibili attraverso gli elementi
probatori valorizzati.
Le doglianze sul trattamento sanzionatorio sono inammissibili, oltre che per
l’assoluta genericità di formulazione, in quanto: a) la graduazione della pena,
anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze
aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la
esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati
negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che,
nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della
pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento
illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142),
ciò che – nel caso di specie – non ricorre; b) la mancata concessione delle
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dall’imputato quanto al contenuto delle conversazioni intercorse con i primi

circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da
manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n.
42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da
questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare
il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione
tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti,
ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2,

Giovane, Rv. 248244); c) nulla di puntuale viene indicato per dimostrare la
speciale tenuità del danno; d) secondo l’incontestata ricostruzione del contenuto
dell’impugnazione contenuta nella sentenza, nessuna questione è stata sollevata
in relazione al tema della recidiva, che dunque viene inammissibilmente
introdotto per la prima volta in sede di legittimità.
Il terzo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, dal momento che il
termine di prescrizione del reato di furto pluriaggravato (e non di rissa, secondo
l’inesatta indicazione del ricorso) è, ai sensi dell’art. 157, comma primo, e 161,
comma secondo, cod. pen., di dodici anni e mezzo talché, rispetto ad un reato
commesso in data 01/05/2008, non è ancora decorso.
Alla inammissibilità del ricorso consegue,

ex art. 616 cod. proc. pen., la

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si
stima equo determinare in euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processrli e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così decis

ata 8 novembre 2017

Il Consigliere es ensore

Il Pr5dwen7et

n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010,

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