Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53209 del 08/11/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 53209 Anno 2017
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: DI PAOLA SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LO CONTE LIBERATO,
nel procedimento a carico di quest’ultimo,
avverso l’ordinanza del 13/04/2017 del Tribunale di Roma
sentita la relazione svolta dal Consigliere Sergio Di Paola;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dr.ssa Perla Lori che ha
chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. Il Tribunale di Roma, con ordinanza in data 13/04/2017, rigettava
l’appello proposto da Liberato Lo Conte avverso l’ordinanza del G.I.P. del
Tribunale di Roma, che aveva negato la revoca del sequestro preventivo
applicato in relazione ai beni pertinenti il reato di cui all’ art. 646 CP contestato
al Lo Conte.
2. Propone ricorso per cassazione la difesa del Lo Conte, deducendo la
violazione di legge ai sensi dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen., in relazione agli
artt. 178 lett. c) e 180 cod. proc. pen. Osserva il ricorrente che il Tribunale ha
motivato il provvedimento impugnato, facendo riferimento ad atti che sarebbero
stati consultati dal Tribunale, ma non erano stati messi a disposizione del
ricorrente violando così il principio del contraddittorio.
3. Il motivo è inammissibile. Dagli atti a disposizione della Corte risulta che,
proposta l’impugnazione davanti al Tribunale del riesame, il P.M. aveva disposto

Data Udienza: 08/11/2017

la trasmissione degli atti originali del “fascicolo sequestro preventivo” e degli
atti visibili da TIAP (acronimo che indica il Trattamento Informatico Atti
Processuali); il ricorrente ha dedotto di aver formulato richiesta di rilascio della
copia integrale del fascicolo del Tribunale del riesame, ottenendo la copia di atti
in cui però non comparivano i documenti indicati nella motivazione del
provvedimento impugnato, che doveva ritenersi fossero stati consultati dal
Collegio attraverso il sistema informatico, ma che non erano stati resi accessibili
alla difesa.

indimostrato; i documenti allegati al ricorso attestano la richiesta formulata
dalla difesa del Lo Conte per ottenere la copia degli atti del procedimento n.
154/2017 r.g. sequestri, procedimento distinto da quello per il quale era stata
formulata la richiesta di restituzione, rigettata dal G.i.p. con ordinanza appellata
e confermata dal Tribunale di Roma con il provvedimento qui impugnato
(procedimento n. 155/2017 r.g. sequestri). In conseguenza, è apodittico
affermare, come fa il ricorrente, che nel procedimento oggetto di ricorso non
siano stati messi a disposizione gli atti su cui il Tribunale ha poi fondato la
propria decisione.
5. A ciò va aggiunto che la lettura della motivazione del provvedimento
impugnato fa emergere come il Tribunale abbia fatto rinvio ad un precedente
provvedimento emesso dalla stessa autorità il 10 marzo 2017 (nell’ambito del
procedimento R.G. 154/2017 sequestri), sull’istanza di riesame proposta
sempre dal Lo Conte nell’ambito della medesima vicenda fattuale; in quel
provvedimento si dava conto del contenuto delle intercettazioni, che l’odierno
ricorrente afferma non aver conosciuto per la mancata estrazione della copia
degli atti desunti dal sistema TIAP. E’ evidente che, con il deposito del
provvedimento del Tribunale di Roma, avvenuto il 15 marzo 2017, il ricorrente
era a conoscenza degli elementi ivi indicati e, dunque, il loro richiamo nella
motivazione del provvedimento impugnato non ha cagionato alcuna lesione al
ricorrente, che conosceva già i dati di fatto enunciati e valutati con il
provvedimento, che ha preceduto la pronuncia del Tribunale impugnata in
questa sede.
6. All’ inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati
i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti
dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma,
che si ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

2

4. Il presupposto di fatto che il ricorrente pone a base del ricorso è

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso l’ 8/11/2017

Il Consiglie Estensore
la

Sergio

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