Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53206 del 19/10/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 53206 Anno 2017
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: PAZIENZA VITTORIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NDIAYE Amar, nato in Senegal il 05/04/1966
avverso la sentenza emessa in data 26/04/2016 dalla Corte d’Appello di Catania
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vittorio Pazienza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 26/04/2016, la Corte d’Appello di Catania ha
parzialmente riformato la sentenza con la quale il Tribunale di Catania aveva
condannato NDIAYE Amar alla pena ritenuta di giustizia in relazione ai delitti di
ricettazione tentata (capo a) e consumata (capo b) di orologi ed occhiali. In
particolare, la Corte d’Appello ha annullato senza rinvio la condanna per il capo
a), dichiarando il reato estinto per intervenuta prescrizione, e ha
conseguentemente rideterminato la pena per il residuo reato in anni uno, mesi
sei di reclusione e C 400,00 di multa.

Data Udienza: 19/10/2017

2. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dello
NDIAYE, deducendo:
2.1. Illogicità della motivazione ed erronea applicazione dell’art. 648 cod.
pen. Si deduce, in primo luogo, l’insussistenza dell’elemento psicologico del
reato, in relazione al quale la Corte d’appello aveva fatto riferimento ad una
volontà di vendere non ricavabile da alcun dato processuale; quanto all’elemento
oggettivo, si censura la mancata effettuazione di una indagine peritale sulla
merce, ritenuta contraffatta sulla base della sola valutazione di un verbalizzante

2.2. Erronea applicazione degli artt. 53 ss. l. n. 681 del 1981, in quanto la
richiesta di sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena
pecuniaria era stata rigettata con riferimento all’art. 133 cod. pen., senza porre
attenzione alla norma di riferimento.
Su tali basi, il ricorrente insiste per l’annullamento della sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2. Generico, e comunque manifestamente infondato è il primo motivo, in
quanto la sentenza impugnata – con la quale il difensore non si confronta
adeguatamente (cfr. Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425) ha compiutamente richiamato gli elementi già valorizzati in primo grado (numero
degli occhiali e delle relative custodie detenuti in un trolley dall’imputato;
contraffazione desunta dalla non corrispondenza del logo, dell’etichetta, ecc.),
sottolineando tra l’altro che, per ritenere sussistente la contraffazione, si era
reso necessario rivolgersi ad un esperto del settore, nominato ausiliario di P.G.
(non si era dunque trattato di un “semplice” verbalizzante, come sostenuto in
ricorso). Per altro verso, il richiamo alla coscienza e volontà di “vendere”,
contenuto in sentenza e censurato dal difensore, è evidentemente da intendersi
riferito alla detenzione per la vendita, in relazione alla quale la sentenza
impugnata ha come detto valorizzato, in modo tutt’altro che illogico, il dato
quantitativo (776 occhiali e 811 custodie) e le modalità della condotta
(detenzione di tutto il materiale all’interno di un trolley).
3.

Manifestamente infondato è anche il secondo motivo, alla luce del

consolidato indirizzo secondo cui la sostituzione delle pene detentive brevi è
rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta
con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. (in tal senso, fra le altre,
cfr. Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Pritoni, Rv. 263558).

2

non esperto.

2. L’impugnazione proposta nell’interesse dello NDIAYE deve perciò essere
dichiarata inammissibile, con conseguente condanna – del ricorrente, a norma
dell’articolo 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento ed
al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di
esonero, della somma ritenuta equa di C 1.500,00 (millecinquecento) a titolo di
sanzione pecuniaria.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro millecinquecento a favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso il 19 ottobre 2017

Il Consig
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DEPOSUATO IN CANCELLERIA
SECONDA SEZIONE PENALE

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P.Q.M.

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