Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53205 del 19/10/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 53205 Anno 2017
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: PAZIENZA VITTORIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI MAURO Riccardo, nato a Catania il 16/12/1984
avverso la sentenza emessa in data 10/06/2016 dalla Corte d’Appello di Catania
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vittorio Pazienza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 10/06/2016, la Corte d’Appello di Catania ha
confermato, quanto a DI MAURO Riccardo, la sentenza di condanna alla pena di
anni quattro, mesi quattro di reclusione e C 4.000 di multa, emessa dal G.u.p.
del Tribunale di Catania in relazione ai reati di estorsione aggravata e lesioni
aggravate in danno di DE VITA Salvatore, ascritti al DI MAURO in concorso con
LA SPINA Luigi (in relazione al quale, invece, la Corte territoriale ha riformato la
sentenza di primo grado, riducendo la pena previo riconoscimento delle
attenuanti generiche).

Data Udienza: 19/10/2017

2. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore del DI
MAURO, deducendo la violazione ‘ex art. 606 lett. b) e d e) cod. proc. peri. in
relazione agli artt. 629, 393 cod. pen. e agli artt. 192, 546 cod. proc. pen.
2.1. Si deduce, in primo luogo, l’erronea applicazione della giurisprudenza
che esclude la configurabilità dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni quando
la richiesta di adempimento con violenza o minaccia venga rivolta a soggetto
diverso dal debitore, in quanto, nella fattispecie in esame, era emerso che la
persona offesa si era immessa nell’appartamento che conduceva in locazione

2.2. Si censura inoltre la motivazione della sentenza impugnata nella parte
in cui ha valorizzato, nel confermare la condanna per estorsione, l’uso della
particolare violenza esercitata nei confronti della persona offesa: e ciò in quanto
il criterio distintivo rispetto al delitto di esercizio arbitrario andava individuato
non già nell’intensità della violenza, ma nell’ingiustizia del profitto che si intende
perseguire.
Su tali basi, il ricorrente insiste per l’annullamento della sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
2. La sentenza impugnata ha confermato la condanna inflitta in primo grado
al DI MAURO in relazione agli atti di violenza e minaccia, posti in essere in danno
di DE VITA Salvatore, al fine di costringerlo al pagamento di un canone di
locazione maturato, nonché alla liberazione anticipata (rispetto alla scadenza)
dell’appartamento del coimputato LA SPINA, condotto in locazione da PRIVITERA
Giuseppina, compagna della persona offesa.
Pienamente condivisibile risulta perciò l’applicazione, da parte della Corte
territoriale, del consolidato indirizzo secondo cui «integra il delitto di tentata
estorsione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o
minaccia alle persone la pretesa (esplicitata in più occasioni con violenza e
minaccia) di ottenere, per conto di terzi creditori, l’adempimento di un debito dal
padre del debitore, poiché essa non è tutelabile dinanzi l’Autorità giudiziaria, ma
è diretta a procurarsi un profitto ingiusto, consistente nell’ottenere il pagamento
del debito da un soggetto estraneo al sottostante rapporto contrattuale» (Sez. 2,
n. 45300 del 28/10/2015, Immordino. In senso conforme, cfr. tra le altre Sez. 2,
n. 16658 del 16/01/2014, D’Errico, Rv. 259555).
Nel primo motivo di ricorso, il difensore del DI MAURO ha lamentato la
mancata valutazione del fatto che il ricorrente aveva occupato l’immobile insieme
alla PRIVITERA: trattasi peraltro di una circostanza del tutto irrilevante ai fini che

2

unitamente alla propria compagna, inizialmente unica conduttrice.

< qui interessano, in quanto pretese concernenti il pagamento dei canoni o il rilascio -dell'immobile non avrebbero potuto essere legittimamente fatte -valere, in sede giudiziale, se non nei confronti del soggetto che aveva stipulato il contratto di locazione (ovvero la PRIVITERA). 2. La manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso consente di ritenere assorbite le ulteriori censure formulate. L'impugnazione del DI MAURO deve perciò essere dichiarata inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, a norma dell'articolo 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C 1.500,00 (millecinquecento) a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro millecinquecento a favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 19 ottobre 2017 Il ConsigNre ,stensore , Vittori zienza procedimento ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA