Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53204 del 19/10/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 53204 Anno 2017
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: PAZIENZA VITTORIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ITALIA Alessio, nato a Cagliari il 09/04/1981
avverso la sentenza emessa in data 17/11/2016 dalla Corte d’Appello di Cagliari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vittorio Pazienza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 18/03/2013, la Corte d’Appello di Cagliari dichiarava
inammissibile l’appello proposto da ITALIA Alessio avverso la sentenza emessa in
data 21/07/2010 dal Tribunale di Cagliari che lo aveva condannato, con rito
abbreviato, alla pena di giustizia in relazione ai delitti di coltivazione di 42
piantine di cannabis e di detenzione di hashish, nonché di detenzione a fine di
spaccio di ulteriori gr. 2 di hashish, ritenuta la continuazione e previo
riconoscimento delle attenuanti generiche e del fatto di lieve entità, ritenute
prevalenti sulla recidiva contestata.

Data Udienza: 19/10/2017

2. In accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall’imputato, tale
decisione veniva annullata con sentenza “emessa in data 18/03/2016 dalla Sesta
Sezione della Suprema Corte, ad avviso della quale erano state sufficientemente
indicate, nel motivo di appello, le ragioni a sostegno della richiesta di un
trattamento sanzionatorio di minor rigore. La sentenza della Corte territoriale
veniva quindi annullata (12a:it – con rinvio per la celebrazione del giudizio di
appello, con assorbimento dell’ulteriore censura concernente la rideterminazione
del trattamento sanzionatorio in conseguenza delle modifiche legislative medio

3.

Con sentenza del 17/11/2016, la Corte di appello cagliaritana ha

nuovamente condannato l’ITALIA, in sede di rinvio, alla pena di otto mesi di
reclusione e C 2.000 di multa, ritenuta adeguata e proporzionata; la Corte ha
anche dato atto della necessità di rideterminare il trattamento sanzionatorio alla
luce della più favorevole cornice edittale prevista per la nuova fattispecie
autonoma di cui all’art. 73 comma 5 T.U. Stup., e della impossibilità di collocare i
fatti ai limiti inferiori della rilevanza penale della condotta, in considerazione del
quantitativo di piante e di droga in sequestro, degli attrezzi per il
confezionamento, della prova di alcune pregresse cessioni (danaro ed
annotazioni significative rinvenute in un’agendina).
2. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore
dell’ITALIA, deducendo:
2.1. Inosservanza ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen. dell’art. 627 cod. proc.
pen. Si lamenta il fatto che, nonostante la chiara pronuncia di annullamento con
rinvio per la celebrazione del giudizio di appello sul motivo ritenuto ammissibile
dalla Suprema corte, la sentenza impugnata si era limitata alla rideterminazione
della pena conseguente alle modifiche normative sopravvenute.
2.2. Mancanza di motivazione, ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen., in
relazione alla determinazione della pena. Si censura l’omessa motivazione sulla
idoneità delle circostanze valorizzate con l’atto di appello (ammissione dei fatti;
modestia dei precedenti) a determinare una mitigazione del trattamento
sanzionatorio: la Corte d’appello si era espressa unicamente sulla
rideterminazione della pena secondo la nuova cornice edittale, senza il minimo
riferimento alle circostanze di fatto dedotte in appello e non considerate dalla
pronuncia annullata: né poteva sostenersi che, sul punto, vi fosse stata una
motivazione implicita.
Su tali basi, il ricorrente insiste per l’annullamento della sentenza.

2

tempore intervenute.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
2. Nella valutazione delle doglianze difensive, non si può evidentemente
prescindere dal fatto che, per effetto della sentenza di annullamento pronunciata
da questa Suprema Corte, la Corte d’Appello di Cagliari non era chiamata – come
sarebbe stato in un giudizio di rinvio “a legislazione invariata” – ad una mera
rivalutazione del trattamento sanzionatorio irrogato in primo grado, auspicata dal

modesti precedenti (elementi peraltro già valorizzati in primo grado al fine,
rispettivamente, di riconoscere le attenuanti generiche e determinare l’entità
della pena: cfr. pag. 6-7 della sentenza del Tribunale di Cagliari in atti). La Corte
territoriale ha infatti operato una complessiva rivisitazione della vicenda, in
considerazione della nuova qualificazione giuridica – prima ancora che della
nuova e più mite cornice edittale – conferita dalla legge n. 79 del 2014 all’ipotesi
di lieve entità di cui al quinto comma dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, che
ormai costituisce, com’è noto, una fattispecie autonoma di reato.
Dopo aver sottolineato la necessità di un intervento sulla pena irrogata dal
primo giudice, nonostante quest’ultima fosse compresa anche nella nuova
cornice edittale – necessità motivata dal fatto che «la sensibile riduzione
normativa del minimo e del massimo non può che ripercuotersi sulla dosimetria
della sanzione in concreto determinata in relazione al fatto commesso» – la Corte
d’Appello ha illustrato le ragioni che impedivano di attestarsi, nel caso concreto,
ai minimi edittali (quantitativo e grado di sviluppo delle piante sequestrate,
disponibiità di adeguata attrezzatura per la coltivazione, possesso di droga di
tipo diverso dalla marijuana, materiale per il confezionamento in dosi, danaro e
agendina con annotazioni comprovanti pregresse cessioni), ed ha ritenuto
«adeguata e proporzionata ai sensi dell’art. 133 cod. pen.» la pena di otto mesi
di reclusione e C 2.000 di multa, determinata con una doppia riduzione di un
terzo (attenuanti generiche; rito abbreviato) della pena base di anni uno, mesi
sei di reclusione C 4.500 di multa.
Ritiene questo Collegio che, con l’espresso richiamo all’art. 133 cod. pen., la
Corte d’Appello abbia dato atto di aver considerato, nella dosimetria della pena,
anche il complesso degli elementi relativi alla personalità dell’ITALIA, per come
emergente dagli atti (e dunque anche la non gravità dei precedenti a suo carico
e l’ammissione degli addebiti): ritenendo peraltro tali elementi inidonei a
determinare un trattamento sanzionatorio nei minimi, avuto riguardo alle
plurime risultanze dettagliatamente richiamate. Il ricorso proposto nell’interesse
dell’ITALIA deve perciò ritenersi infondato.

3

ricorrente alla luce dell’ammissione degli addebiti da parte dell’ITALIA e dei suoi

3. Dalla declaratoria di infondatezza del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese Processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19 ottobre 2017

Vittori

estensore
zienza

Il Consi

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