Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53183 del 12/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 53183 Anno 2017
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Giorgi Massimo, nato a Pietrasanta (LU), il 09/10/1960,
avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona emessa in data
05/10/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Mario Pinelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per le parti civili Boldrini Fabrizio, Brizi Stefano, Gaddi Elena, Lintei
Maurizio, Montaruli Angelo, Morosi Vincenza, Passini Carlo Maria, Pistilli Alberto,
Rossi Antonietta, il difensore di fiducia Avv.to Giuseppe De Rosa, che ha concluso
per il rigetto del ricorso, depositando conclusioni scritte e nota spese.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Ancona – in riforma della
sentenza emessa dal Tribunale di Camerino in composizione monocratica in data

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Data Udienza: 12/10/2017

12/02/2013, con cui Giorgi Massimo era stato condannato a pena di giustizia,
oltre che al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili escludeva le aggravanti di cui all’art. 595, commi secondo e terzo, cod. pen., e
rideterminava la pena.
2. Con ricorso depositato il 17/02/2016 Giorgi Massimo ricorre, a mezzo del
difensore di fiducia Avv.to Giovanni Galeota, per:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., in relazione all’art. 595 cod. pen., avendo la Corte di merito omesso
di rispondere alle doglianze svolte con i motivi di gravame, con particolare

ad almeno due persone, limitandosi a richiamare la motivazione del primo
giudice che, così come la sentenza di appello, nulla aveva affermato in relazione
alla percezione delle espressioni diffamatorie da parte di soggetti diversi dai
destinatari, limitandosi a ravvisare la mera possibilità che gli scritti provenienti
dal Giorgi potessero essere visionati da più persone, circostanza che avrebbe
dovuto essere specificamente provata e non solo presunta in base a massime di
esperienza; inoltre, l’imputato, nelle missive indirizzate alla Procura della
Repubblica, non aveva affatto espressamente manifestato la volontà che il
contenuto delle stesse venisse divulgato; tra l’altro, il Giorgi, non essendo un
addetto ai lavori, ignorava i meccanismi interni connessi alla ricezione di un
esposto, non potendosi individuare l’elemento soggettivo semplicemente dalla
natura della comunicazione, in quanto propulsiva di un procedimento, per cui
l’eventualità che la comunicazione venisse letta da più persone non sarebbe
stata idonea a dare conto della consapevolezza dell’imputato circa la diffusione
del suo contenuto;
2.2. si chiede l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità
del fatto, rappresentando che detta richiesta che può essere proposta per la
prima volta in sede di legittimità, non essendo stato possibile proporla in
appello;
2.3. violazione di legge, ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen., in riferimento
all’art. 74 cod. proc. pen., atteso che la costituzione di parte civile del Tayebati
Seyed Khosrow non era mai stata ammessa e, per la verità, nemmeno
depositata; all’udienza preliminare del 28/06/2012, infatti, il difensore del
Tayebati aveva depositato la costituzione ai soli fini della nomina, e l’udienza era
stata rinviata per irregolarità della notifica del decreto di rinvio a giudizio
all’imputato; alla successiva udienza preliminare del 08/10/2012, nessuno era
presente e, quindi, la costituzione di parte civile non era stata ammessa;
all’udienza dibattimentale del 12/02/2013 il procuratore speciale del Tayebati
non era presente, e nessuno aveva chiesto l’ammissione di parte civile, per cui
del tutto immotivatamente il giudice del dibattimento, avendo rinvenuto in atti la
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riferimento alla necessaria comunicazione del contenuto offensivo della missiva

costituzione di parte civile, senza verificare se la stessa fosse stata o meno
ammessa, aveva riconosciuto il danno e liquidato le spese anche in favore del
Tayebati; né la censura della difesa avrebbe potuto essere dedotta prima, ossia
nei termini di cui all’art. 80 cod. proc. pen., atteso che solo con la lettura del
dispositivo della sentenza di primo grado si era verificata la conoscenza della
circostanza dedotta; la Corte di merito, quindi, sarebbe partita dall’erroneo
presupposto della tempestiva costituzione di parte civile, benché non seguita da
specifico provvedimento ammissivo, non potendosi, invece, nel caso in esame,
considerare la costituzione di parte civile implicita nella delega rilasciata dal

deposito delle conclusioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.Giorgi Massimo è stato condannato in relazione a due distinte condotte
diffamatorie: la prima posta in essere attraverso l’invio di una raccomandata, in
data 19/01/2010, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Camerino,
preceduta da una mail inviata in data 15/01/2010 allo stesso destinatario,
contenente espressioni ingiuriose ed offensive nei confronti di Tayebati Seyed
Khosrow, quali “… nell’opportunistico voltafaccia del Tayebati è una
fondamentale e radicale illegalità abusiva camorristicamente concepita per
andare a nozze con gi interessi più inconfessabili del Tayebati …”, “…. le sue
inimitabili capacità gestionali forse di derivazione iranico tribale che hanno
attecchito anche sul suolo tribale cannerte ….. e qui lo scopriamo anche giudice
delle indagini preliminari forse nel suo paese d’origine tra ayatollah si usa
così….”, “…. l’illegalità abusiva del dottor S.K. Tayabati in quanto autorità
condominiale …”; la seconda consistita nell’avere, dapprima, indirizzato un
esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Camerino ai danni di
Passini Carlo Maria e Tayebati Seyed Kosrow, relativa alla defluizione di fumi di
scarico domestico, quindi per aver inviato alla Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Camerino una raccomandata contenente la frase ” a totale e
clamorosa e rigorosa conferma di questa affermazione ecco che l’associazione
per delinquere creata per custodire i segreti e per gestire gli affari dell’ormai
famoso condominio di via G. Piccolomini Ciccarelli, ha dapprima strategicamente
ripiegato sul finire di gennaio su un capobastone condominiale semplice ed
indignato curatore”, “l’associazione per delinquere condominiale è stata
irresistibilmente spinta a riassestarsi graniticamente sulla posizione di un
Tayebati amministratore”; infine per aver indirizzato una successiva e-mail, in
data 05/01/2010, sempre indirizzata alla locale Procura della Repubblica,
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difensore ad altro procuratore quale sostituto processuale o, comunque, dal solo

contenente la frase “in un condominio camorrista”, in tal modo offendendo la
reputazione di Passini Carlo Maria, Rossi Antonietta, Tayebati Seyed Kosrow,
Boldrini Fabrizio, Lintei Maurizio, Montaruli Angelo, Gaddi Elena, Brizi Stefano,
Pistilli Alberto, Morosi Vincenza, proprietari degli appartamenti ubicati nel
condominio di vi Giulia Piccolomini Ciccarelli n. 41, in Camerino
2. Quanto al primo motivo di ricorso, va osservato che la Corte di merito ha
affermato – con motivazione scevra da censure logiche -, che colui il quale
indirizzi un atto ad un ufficio pubblico, quale la Procura della Repubblica, senza
neppure inserire un particolare nominativo né una dicitura che selezioni il

volere che l’atto stesso sia letto e visionato da più persone, a cominciare da chi è
preposto al ricevimento ed allo smistamento della corrispondenza; tale
destinazione alla divulgazione può trovare, infatti, il suo fondamento, oltre che
nella esplicita volontà del mittente-autore, anche nella natura stessa della
comunicazione, in quanto propulsiva di un procedimento giudiziario,
amministrativo, disciplinare, che deve essere portato a conoscenza di altre
persone, diverse dall’immediato destinatario.
Detta motivazione appare, senza dubbio, in linea con la giurisprudenza di questa
Corte regolatrice, puntualmente citata dalla Corte di merito (Sez. 5, sentenza n.
26560 del 29/04/2014, Cadoria, Rv. 260229; Sez. 5, sentenza n. 23222 del
06/04/2011, P.G. in proc. Saccussi, Rv. 250458), attesa l’impersonalità del
destinatario, la palese volontà di attivare un procedimento penale che,
fisiologicamente e per comune nozione di esperienza, anche da parte di soggetto
non specificamente addetto ai lavori, avrebbe coinvolto una pluralità di figure
professionali, che avrebbero appreso in un breve arco di tempo il contenuto delle
missive, una delle quali inviata anche a mezzo posta elettronica, ossia attraverso
un mezzo di comunicazione fisiologicamente dotato di ampia ed indistinta
capacità diffusiva.
3. Quanto alla possibilità di applicare la causa di non punibilità di cui all’art. 131
bis, cod. pen., in sede di legittimità, va ricordato che la sentenza impugnata
risulta emessa in data 05/10/2015, in epoca successiva, cioè, all’entrata in
vigore del d. Igs. 16 marzo 2015, n. 28, che ha inserito la detta norma nel codice
penale.
Pertanto la difesa avrebbe dovuto richiedere l’applicazione della norma quanto
meno in sede di conclusioni orali del processo di appello, non risultando detta
richiesta formulata, come si evince dal verbale del giudizio di secondo grado.
Ne discende, pertanto, la inammissibilità della relativa richiesta, formulata per la
prima volta in sede di legittimità.
In ogni caso va osservato che la condotta non avrebbe potuto essere qualificata
di particolare tenuità, attesa la serialità della stessa, consistita nell’invio di
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destinatario – ad esempio “riservata personale” -, non può che rappresentarsi o

successive raccomandate e messaggi di posta elettronica, peraltro astrattamente
idonei a promuovere indagini in sede penale a carico di una pluralità di soggetti.
3. Venendo all’esame del terzo motivo di ricorso, la sentenza impugnata ha
premesso come non vi fosse stato alcun formale provvedimento di ammissione
relativamente alla costituzione di parte civile della persona offesa Tayerati Seyed
Khosrow, osservando che l’atto di costituzione era stato depositato all’udienza
preliminare del 28/06/2012, e che alla prima udienza dibattimentale successiva,
in data 13/02/2012, era stato dato atto della presenza della parte civile, in
persona dell’Avv.to De Rosa, delegato legittimamente dal difensore della parte

nomina di sostituti; peraltro nulla era stato eccepito dalla difesa dell’imputato,
con conseguente ammissione della difesa del Tayebati a partecipare all’istruttoria
dibattimentale ed a presentare le conclusioni.
Dall’esame del verbale dell’udienza dibattimentale di primo grado del
13/02/2013 risulta, infatti, acquisito l’atto di costituzione di parte civile del
Tayebati; detto atto, come si evince dall’attestazione di deposito, era stato
depositato all’udienza preliminare del 28/02/2012, con la conseguenza che in
quella sede la parte civile aveva assunto la qualità di parte processuale, non
essendo affatto necessario un formale provvedimento ammissivo (Sez. 5,
sentenza n. 474 del 25/06/2014, dep. 08/01/2015, Casamassima ed altri, Rv.
263221; Sez. 3, sentenza n. 12423 del 06/02/2008, Di Bernardino ed altri, Rv.
239335). In ogni caso, come risulta dal relativo verbale, all’udienza
dibattimentale del 13/02/2013 1 il giudice di primo grado aveva atto che il
pubblico ministero aveva prodotto l’atto di costituzione di parte civile del
Tayebati che, pertanto, era stato costituito nella qualità, nulla avendo eccepito
sul punto la difesa dell’imputato.
Come noto, per pacifica giurisprudenza, la preclusione derivata dalla omessa
eccezione relativamente alla costituzione della parte civile ai sensi dell’art. 491
cod. proc. pen., implica che l’ammissione non possa essere contestata in sede di
successiva impugnazione (Sez. 3, sentenza n. 24677 del 09/07/2014, dep.
11/06/2015, Busolin ed altri, P.C., Rv. 264113; Sez. 6, sentenza n. 49057 del
26/09/2013, P.C., Andriulo, Rv. 258129).
Peraltro, nel caso in esame, per quanto rileva dagli atti in possesso di questa
Corte, e segnatamente il verbale dell’udienza dibattimentale del 13/02/2013,
l’atto di costituzione di parte civile era stato depositato in sede di udienza
preliminare, come si evince dall’attestazione di deposito apposta sull’atto stesso,
acquisito alla successiva udienza dibattimentale del 13/02/2013; la difesa nulla
di diverso ha documentato circa lo svolgimento dell’udienza preliminare del
28/02/2012, per cui appare incontestabile come il deposito dell’atto di
costituzione avesse determinato l’assunzione della qualità di parte civile da parte
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civile, Avv.to Zaccagnino, munito di procura speciale con espressa facoltà di

del Tayebati, nulla* essendo stato eccepito, ai sensi dell’art. 491 cod. proc. pen.,
alla prima udienza dibattimentale.
Dal rigetto del ricorso discende, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, oltre al rimborso delle
spese sostenute dalle parti civili, che vanno liquidate in complessivi euro
3000,00, oltre accessori, come per legge.
La natura delle questioni trattate consente la redazione della motivazione in

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
oltre al rimborso delle spese sostenute dalle parti civili, che liquida in
complessivi euro 3000,00, oltre accessori come per legge. Motivazione
semplificata
Così deciso in Roma, il 12/10/2017

forma semplificata.

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