Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53180 del 17/07/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 53180 Anno 2017
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NDOJA KASTRIOT nato il 10/03/1981

avverso la sentenza del 23/09/2016 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA FIDANZIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPE
CORASANITI
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’

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Udito il difensore à
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LA DIFESA INSISTE PER L’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO

Data Udienza: 17/07/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 23 settembre 2016 la Corte d’Appello di Torino, in
parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva a Ndoja Kastriot la pena ad anni otto
e mesi 6 di reclusione ed C 1.650,00 di multa per una pluralità dei delitti di furto ex artt. 624,
625 nn. 2 e 5, 61 nn. 5 e 7 c.p.. commessi dall’imputato in concorso con suoi connazionali

2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione agli artt. 192
comma 2° c.p.p. e 533 comma 1° c.p.p. in tema di valutazione di prova indiziaria, in
relazione agli art. 110 e 624 c.p.p. quanto alla individuazione del rapporto concausale nella
realizzazione delle condotte di furto, nonché vizio di motivazione nella valutazione degli
elementi di prova.
Lamenta il ricorrente la carenza di motivazione quanto a tutti gli episodi di furto allo
stesso contestati, avendo erroneamente la Corte territoriale ritenuto il concorso dell’imputato
per aver accompagnato gli autori delle sottrazioni nel territorio di Verbania.
Ritiene il prevenuto che la sua responsabilità sia stata accertata sulla base di sillogismi e
di dati presuntivi ed apodittici, quali la disponibilità dell’Audi 6 di proprietà della sua compagna
o l’utenza cellulare allo stesso in uso, oltre al travisamento delle sue dichiarazioni (in ordine
all’ammissione di aver accompagnato i pretesi correi nelle località in cui sono stati perpetrati i
furti).
I giudici di merito non sono comunque riusciti a dimostrare che Ndoja si sia trovato prima,
dopo e durante i furti nelle medesime località in cui si trovavano i suoi coimputati, essendo
stati valorizzati indizi che non dimostravano il consapevole intervento dello stesso quale
concorrente diretto nel delitto di furto al di là di ogni ragionevole dubbio, sia con riferimento ai
furti consumati nel territorio di Verbania, sia con riferimento a quelli perpetrati nelle altre
località.
In conclusione, ritiene il ricorrente che gli indizi valorizzati dalla Corte territoriale non
fossero connotati dalla quella gravità, precisione e concordanza idonee a dimostrare con
elevata probabilità il fatto ignoto (la sua compartecipazione ai delitti di furto).
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione al diniego delle
attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio applicato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile per genericità.
Non vi è dubbio che il ricorrente, nel lamentare la gravità, precisione e concordanza degli
indizi in base ai quali è stata accertata la sua penale responsabilità, non abbia fatto altro che
2

albanesi.

formulare censure di mero fatto, in quanto finalizzate a sollecitare una rivalutazione del
materiale probatorio esaminato dai giudici di merito e ad accreditare una diversa ricostruzione
del fatto.
Il ricorrente non ha denunciato singoli passaggi motivazionali della sentenza impugnata
affetti da manifesta illogicità – come richiesto dall’art. 606 lett. e) c.p.p. – ma si è limitato ad
invocare una diversa valutazione delle prove, che è preclusa in sede di legittimità, non
potendosi accedere ad una diversa lettura dei dati processuali rispetto a quanto ritenuto dal

della motivazione in rapporto ai dati processuali (vedi motivazione Sez. 3, n. 357 del
15/11/2007 – dep. 08/01/2008, Bulica, Rv. 238696).
D’altra parte, la prevalenza accordata dai giudici di merito a taluni elementi probatori,
piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando
non sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di legittimità della
Corte Suprema (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362).
In proposito, con argomentazioni esaustive ed immuni da vizi logici, la Corte territoriale
ha individuato in modo puntuale e certosino la pluralità di elementi probatori emersi a carico
dell’imputato, quali:
– l’aver lo stesso accompagnato i suoi complici in tutte le località in cui sono stati
commessi i vari furti, e non solo nel territorio di Verbania ove il ricorrenti aveva un valido
motivo di recarsi per incontrare la ragazza, ma anche a Domodossola e Senago;
– l’argomentazione di natura logica che i compiutati non si sarebbero mai serviti per
raggiungere le località del furto di un soggetto inconsapevole, andando diversamente incontro
al concreto rischio di essersi denunciati alle forze dell’ordine una volta scoperto lo scopo dei
viaggi;
– si è trattato non di una collaborazione occasionale ma reiterata nel tempo, peraltro non
limitata al viaggio di andata, dato che Ndoja accompagnava i suoi complici anche nei viaggi di
ritorno, generalmente avvenuti in piena notte;
– dai tabulati telefonici è emersa la presenza del prevenuto nei luoghi dei furti negli orari
(normalmente notturni) in cui vennero commessi e gli spostamenti insieme ai coimputati;
– i contatti dell’imputato con i suoi complici nelle ore precedenti e successivi ai furti e le
conversazioni con gli stessi mentre erano in corso i delitti, circostanze spiegabili solo con il
rilievo che il ricorrente svolgesse una costante e consapevole attività di supporto logicistico ai
complici;
– gli accertamenti relativi al transito dell’autovettura condotta dal Ndoja alla barriera
autostradale immediatamente dopo o prima le autovetture rubate in occasione dei furti di cui
ai capi a) e k);
– il servizio di o.p.c. eseguito dai Carabinieri in data 11.7.2014;

3

giudice di merito, perché è estraneo al giudizio di questa Corte il controllo sulla correttezza

- i contenuti delle conversazioni effettuate dal Ndoja con il cellulare con i complici in
occasione dei furti del 14 e del 16.7.2014, da cui si evince la sua attiva collaborazione don i
complici, avendo loro procurato anche abiti asciutti dopo il fallimento dei furti sub i e j.
Di fronte ad un così articolato e solido quadro probatorio ricostruito dai giudici di merito,
le censure del ricorrente, oltre che in fatto, si appalesano per la loro genericità, non
confrontandosi seriamente con le precise argomentazioni della sentenza impugnata.
2. il secondo motivo è inammissibile.

sanzionatorio, la concessione o meno delle attenuanti generiche, o il bilanciamento delle
circostanze rientrano nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice,
il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la
sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla
personalità del reo (Sez. 6 n. 41365 del 28 ottobre 2010, Straface, rv 248737).
Ciò posto, la Corte territoriale ha congruamente motivato sia in ordine alla mancata
concessione delle attenuanti generiche, evidenziando la notevole gravità dei reati contestati,
commessi in maniera sistematica per diverse settimane in concorso con una pluralità di correi
secondo modalità professionali, l’entità consistente dei danni patrimoniali cagionati alle
persone offese, la condotta processuale non indicativa di ravvedimento e di comprensione del
disvalore dei fatti commessi.
Né la descritta gravità della condotta del ricorrente si pone in contraddizione logica con
l’obiettiva natura ausiliaria (al cospetto dei complici) del ruolo dallo stesso svolto, che gli è
valso una riduzione della pena in grado di appello.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende,
che si stima equo stabilire nella misura di 2.000,00 Euro.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17 luglio 2017
Il consigliere estensore

Il Presidente

E’ giurisprudenza consolidata di questa Corte che la determinazione del trattamento

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