Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53175 del 14/06/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 53175 Anno 2017
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KURBASIC DEJAN nato il 12/09/1981 a GRADACAC (BOSNIA-ERZEGOVINA)

avverso la sentenza del 06/10/2016 della CORTE APPELLO di TRIESTE

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
PASQUALE FIMIANI, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Anna Castagna, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 06/10/2016 la Corte di Appello di Trieste confermava
la sentenza del Tribunale di Pordenone, emessa il 18/12/2014, che aveva
affermato la responsabilità penale di Kurbasic Dejan per il reato di cui agli
artt. 477, 482 e 489 cod. pen., per aver contraffatto la patente di guida,
apparentemente rilasciata dalle autorità macedoni, apponendovi la propria
fotografia, facendone uso e presentandola agli uffici della MCTC per la
conversione.

Data Udienza: 14/06/2017

2. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione personalmente
Kurbasic Dejan, deducendo i seguenti motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi
dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la
motivazione.
2.1. Omessa assunzione di due prove decisive per dimostrare il falso
grossolano e l’elemento soggettivo colposo: deduce che all’udienza del
13/06/2014 sia stata rigettata l’istanza di escussione dei tecnici della polizia

falso, che può essere diverso per il privato cittadino, ovvero per l’agente
qualificato; tant’è che il funzionario della Motorizzazione si accorse
immediatamente del falso, realizzato con una stampante a getto d’inchiostro.
Lamenta inoltre che i testi Esad Becirovic e Sadat non siano stati oggetto
di indagini, nonostante fossero correi, e il Sadat apparisse il principale
responsabile; costui è l’unica persona che può chiarire lo stato d’animo del
Kurbasic al momento dell’acquisto del documento poi rivelatosi falso.
2.2. Vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio: lamenta
che la pena base sia stata individuata in misura superiore al minimo edittale,
nonostante l’imputato fosse incensurato, avesse agito con colpa, ed il falso
fosse grossolano.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato, avendo la sentenza
impugnata escluso, con esauriente motivazione immune da censure di
illogicità, la rilevanza dell’escussione del funzionario di polizia che ha
riscontrato la falsità della patente di guida, in ragione della stessa dinamica
dei fatti riferita dall’imputato, che ha sostenuto di aver ottenuto la
“conversione” della propria patente bosniaca in una patente macedone grazie
all’opera di un soggetto privato (un certo Sadat), incontrato in un bar, ed al
quale aveva consegnato la propria fotografia ed una somma di denaro.
La modalità di “conversione” è stata logicamente ritenuta
manifestamente illecita, e come tale insuscettibile di una alternativa
percezione da parte del titolare della patente, che, anziché rivolgersi alle
autorità italiane, sostenendo costi e tempi per il rilascio del documento, si è
rivolto a canali evidentemente illegittimi; circostanze, dunque, che privano di

scientifica, avanzata per appurare quale fosse il grado di riconoscibilità del

fondamento la tesi dell’asserita natura colposa del fatto, sottolineando
l’irrilevanza dell’audizione delle due persone (Esad e Sadat) che avrebbero
concorso nella formazione della falsa patente, e che, in tal senso, ove
realmente esistenti, non avrebbero potuto essere ascoltati in veste di
testimoni.
Anche sotto il profilo della dedotta ‘grossolanità’ del falso, la doglianza è
manifestamente infondata; premesso che la grossolanità della contraffazione,
che dà luogo al reato impossibile, si apprezza solo quando il falso sia ictu °cui/

non si debba far riferimento nè alle particolari cognizioni ed alla competenza
specifica di soggetti qualificati, nè alla straordinaria diligenza di cui alcune
persone possono esser dotate (ex multis, Sez. 5, n. 6873 del 06/10/2015,
dep. 2016, Carillo, Rv. 266417), la sentenza impugnata ha esaustivamente
chiarito che la falsità del documento, lungi dall’essere immediatamente
riconoscibile, è stata accertata soltanto in seguito ad una doppia verifica da
parte della Polizia Stradale e poi della Polizia Scientifica.

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto, a
prescindere dal rilievo che la pena inflitta è stata determinata in prossimità
del minimo edittale (pena base pari a mesi 6 di reclusione), è pacifico che la
graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni
previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella
discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la
pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen,; ne
discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri
ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non
sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da
sufficiente motivazione (ex multis, Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep.
2014, Ferrario, Rv. 259142).
Inoltre, sul rilievo che, nel caso in cui venga irrogata una pena prossima
al minimo edittale, l’obbligo di motivazione del giudice si attenua, talchè è
sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono
impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 28852 del
08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464), nel caso in esame la sentenza impugnata
ha compiutamente motivato la determinazione della pena in misura
lievemente superiore al minimo edittale, evidenziando il comportamento
dell’imputato, che ha dimostrato di non aver elaborato alcuna coscienza del

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riconoscibile da qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza e

disvalore della condotta, preferendo attestarsi su una versione quantomeno
inverosimile dei fatti.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di
denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo
determinare in Euro 2.000,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue
tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al

nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3,
sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di C 2.000,00 ìn favore della
Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 14/06/2017

pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia

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