Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5317 del 17/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5317 Anno 2015
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRANZONI RUGGERO N. IL 28/01/1938
SABATTINI CESARE N. IL 14/03/1954
avverso la sentenza n. 2008/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
19/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 17/09/2014

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr Gioacchino Izzo, conclude chiedendo
l’annullamento con rinvio della sentenza, limitatamente alla condotta di dissipazione, e rigetto
nel resto.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Vanni Barzellotti il quale chiede l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO

contro la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Brescia in data 19 ottobre 2012 con
la quale, in parziale riforma della decisione del 20 marzo 2008 del giudice per l’udienza
preliminare presso il Tribunale di Brescia, gli imputati sono stati condannati, ciascuno,
alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, per il reato di bancarotta fraudolenta
patrimoniale poiché Franzoni, nella qualità di amministratore unico della società
Confitalia srl, dichiarata fallita il 23 giugno 2004 e Sabattini, quale amministratore di
fatto, avevano dissipato la merce presente in magazzino e quella acquistata nell’anno
2003, con un risultato negativo, dato dalla differenza tra il valore della merce e
l’ammontare dei ricavi di esercizio, pari a euro 184.000 circa.
2. Con specifico riferimento alla condotta distrattiva, la Corte d’Appello ha richiamato la
decisione di primo grado nella quale, sulla base dei dati contabili acquisiti dal curatore,
era emerso un costo del venduto, pari alle rimanenze iniziali, più gli acquisti, sottratte
le rimanenze finali, di euro 2.927.000, superiore ai ricavi di esercizio, pari ad euro
2.743.000.
3. Avverso la decisione di primo grado aveva proposto appello la difesa rilevando, sul
punto specifico, che l’andamento anomalo delle vendite avrebbe potuto trovare idonea
giustificazione in una sopravvalutazione delle giacenze finali dell’esercizio precedente,
espediente utilizzato dagli imputati per evitare di presentare un bilancio in perdita.
4. La Corte d’Appello ha ritenuto del tutto astratta e sganciata dalle emergenze processuali
la censura, confermando l’affermazione di responsabilità sul punto ed escludendo la
sussistenza dell’ulteriore contestazione relativa alla distrazione dell’intera azienda,
nonché l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità.
5. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la difesa degli imputati,
lamentando:

violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza della prova della condotta distrattiva
contestata;

violazione di legge e vizio di motivazione riguardo alla qualificazione della condotta degli
imputati, come dissipativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso la difesa deduce la violazione dell’articolo 533 del codice
di rito per l’insussistenza della prova della condotta di distrazione contestata, in

1. Il difensore di Franzoni Ruggero e Sabattini Cesare propone ricorso per cassazione

relazione all’articolo 216 della legge fallimentare, rilevando che la Corte d’Appello, nel
confermare l’addebito di dissipazione della merce ceduta nel corso dell’anno 2003, con
una perdita contabile di euro 184.000, rispetto a un volume di acquisti di euro
2.927.000, non aveva applicato i principi giurisprudenziali in materia. E’ necessario, in
ogni caso, valutare l’attendibilità delle scritture contabili, esprimendo una motivazione
congrua sul punto specifico, riguardo alla correttezza contabile dell’appostazione in
bilancio di un valore di rimanenze iniziali, tale da influenzare il dato finale dei ricavi di

2. Con il secondo motivo lamenta errata applicazione della legge penale e difetto di
motivazione riguardo alla qualificazione della condotta degli imputati come dissipativa,
dovendosi, al contrario, escludere che la vendita di merce sottocosto integri la
fattispecie di bancarotta fraudolenta per dissipazione, non avendo rilevanza penale la
condotta dell’imprenditore il quale, in un settore come quello dell’abbigliamento, al fine
di evitare di trovarsi giacenze di magazzino difficilmente vendibili, decida di esitarle sul
mercato ad un prezzo inferiore a quello di costo.
3. Preliminarmente va rilevato che, come correttamente dedotto con il secondo motivo di
ricorso, la residua condotta descritta nel capo d’imputazione ed oggetto di
impugnazione non è riferibile all’ipotesi della bancarotta fraudolenta per dissipazione,
ma alla fattispecie della bancarotta per distrazione, poiché la prima richiede, sotto il
profilo oggettivo, l’incoerenza assoluta, nella prospettiva delle esigenze dell’impresa,
delle operazioni poste in essere e, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza
dell’autore della condotta di diminuire il patrimonio della stessa per scopi del tutto
estranei alla medesima (Sez. 5, Sentenza n. 47040 del 19/10/2011), profili entrambi
non ricorrenti nella fattispecie in esame.
4. Nel caso di specie, la presunta condotta dissipativa degli imputati, consistente nella
vendita di merce sottocosto, realizza scopi funzionali all’attività della società attraverso
operazioni economiche, comunque, coerenti con l’attività commerciale svolta dagli
imputati nel settore dell’abbigliamento.
5. L’ipotesi di bancarotta per distrazione, però, richiede l’ulteriore elemento della
sistematica e preordinata vendita sotto costo, o comunque in perdita, di beni aziendali.
(Sez. 5, n. 2876 del 10/06/1998 – dep. 03/03/1999, Vichi W, Rv. 212608). Ma le
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trisultnré processuaTU non militano in tale direzione poiché la Corte territoriale non
prende in esame il profilo della eventuale continuità e sistematicità della vendita
sottocosto. Al contrario, il nucleo centrale della motivazione, muovendo dall’effettiva
disponibilità, da parte dell’imputato, dei beni costituiti dalle giacenze finali dell’esercizio
precedente esclude, in concreto, l’esistenza di riscontri documentali al deprezzamento
prospettato dalla difesa, riferito al bilancio di esercizio dell’anno 2003. Pertanto, a
fronte della tesi della difesa, secondo cui l’andamento anomalo delle vendite operate
nell’anno 2003, avrebbe potuto trovare spiegazione in una originaria sopravvalutazione

esercizio.

delle giacenze finali dell’esercizio precedente, costituendo questo un espediente al quale
gli imputati avrebbero potuto fare ricorso per evitare di presentare un bilancio in
perdita, la Corte si limita a ritenere ad escludere tale ipotesi, senza prendere in esame
l’ulteriore profilo della continuità e sistematicità della condotta. Sotto tale aspetto la
Corte evidenzia che, una cosa è indicare in contabilità dati non corrispondenti al vero
(ipotesi neppure prospettata, in secondo grado, dagli imputati), mentre cosa diversa è
riferirsi ad una perdita di valore dei beni di magazzino (in tal senso interpretando la

una significativa parte del suo valore iniziale”). Tale valutazione non spiega e non
individua la sussistenza di condotte caratterizzate da sistematica e preordinata vendita
sotto-costo, o comunque in perdita, di beni aziendali con conseguente danno di
gestione (con la necessaria precisazione che, secondo l’orientamento di questa Corte,
costituisce vendita in perdita anche quella al prezzo di costo, o meglio al prezzo di
acquisto pagato dal rivenditore, per la mancata incorporazione in esso della
corrispondente quota delle spese fisse di impresa, che devono essere calcolate per non
operare in perdita). La questione risulta assorbente rispetto alle censure oggetto del
secondo motivo di ricorso.
6. In conclusione la sentenza impugnata va annullata con rinvio per verificare e chiarire la
eventuale sussistenza dei presupposti dell’ipotesi di bancarotta per distrazione, sotto il
profilo specifico della sistematica e preordinata vendita sotto-costo, o comunque in
perdita, di beni aziendali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia per
nuovo esame.
Così deciso in Roma il 17/09/2014

sibillina dichiarazione dell’amministratore: “il magazzino dell’esercizio 2003 ha perso

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