Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53158 del 26/10/2017


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 53158 Anno 2017
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Saporito Pasquale, nato il 30/04/1988

avverso la sentenza del 22/02/2017 della Corte di appello di Napoli;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Carmine
Di Stabile, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, avv. Saverio Grassi, quale sostituto dell’avv.
Francesco Fabrizio, che ha concluso riportandosi ai motivi.

Data Udienza: 26/10/2017

:

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Saporito Pasquale era stato tratto a giudizio per rispondere del reato p.

e p. dagli artt. 81 cpv, 73 comma 1 e 80 d.P.R. 309/90 perché, in Potenza, tra la
fine di agosto e l’inizio di settembre 2009, con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, senza l’autorizzazione di
cui all’art. 17 del citato d.P.R., e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75, aveva

aveva ceduto a tossicodipendenti che gliene avevano fatto richiesta (e, in
particolare, ad alcuni a Teleschi Federica, all’epoca minorenne).

2. Il Tribunale di Potenza con sentenza 21/06/2010 dichiarava Saporito
colpevole del reato continuato allo stesso ascritto e, ritenuta l’ipotesi di cui
all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/90, valutata equivalente rispetto all’aggravante
contestata, lo condannava alla pena di anni 7 e mesi 6 di reclusione ed euro
28.000,00 di multa, applicando le sanzioni accessorie dell’interdizione perpetua
dai pubblici uffici e dell’interdizione legale.

3. La Corte di appello di Potenza con sentenza 3/02/2011, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, si limitava a ridurre la pena in anni 6 e
mesi 6 di reclusione ed euro 27.000,00 di multa, confermando nel resto.

4. Questa Sezione Quarta della Corte di cassazione, adita dal Saporito,
con sentenza n. 24994 del 9/02/2012 – dopo aver rilevato che i Giudici del
gravame avevano omesso di pronunciarsi sulla doglianza con la quale la Difesa
aveva chiesto che l’attenuante di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/90, già
valutata come equivalente dal giudice di primo grado, fosse valutata prevalente
rispetto alla ritenuta aggravante di cui all’art. 80 – annullava la sentenza
impugnata con rinvio alla Corte di appello di Salerno limitatamente al suddetto
giudizio di comparazione; rigettando nel resto il ricorso.

5. La Corte di appello di Salerno, quale Giudice di rinvio, con sentenza
6/10/2014 ha riconosciuto al Saporito le attenuanti generiche prevalenti
sull’aggravante e, conseguentemente, ha rideterminato la pena in anni 4 di
reclusione ed euro 20.000,00 di multa.

6. Avverso la sentenza del Giudice di rinvio, sempre tramite difensore di
fiducia, il Saporito proponeva nuovamente ricorso per cassazione, deducendo

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illecitamente detenuto sostanza stupefacente di tipo eroina, che in più occasioni

violazione degli artt. 63 comma 3 e 627 c.p.p. nonché vizio di motivazione,
laddove il Giudice del rinvio aveva incentrato la propria attenzione sul diniego
delle circostanze attenuanti piuttosto che sulla lieve entità del fatto rispetto alla
aggravante della minore età della Telesca, pervenendo per tale via alla disposta
riduzione del trattamento sanzionatorio, senza avvedersi che la già pacifica
concessione dell’attenuante speciale della lieve entità avrebbe consentito di
individuare, ai sensi dell’art. 63 comma 3 c.p., una pena base assai più mite.

19/94/2016 annullava la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di
Napoli. Questa Corte evidenziava che la Corte di appello di Salerno, pur avendo
operato un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sull’aggravante,
aveva omesso di considerare le disposizioni più favorevoli intervenute nelle more
per effetto della I. n. 10/14 e n. 79/14, non potendosi escludere che anche per le
droghe pesanti potesse rivelarsi di maggior favore l’originaria previsione
legislativa se giudicata l’attenuante prevalente rispetto alle aggravanti.

8. La Corte di appello di Napoli, quale nuovo giudice di rinvio, con la
sentenza impugnata, in riforma della sentenza 21/06/2010, ha rideterminato la
pena inflitta in anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 3.000,00 di multa (partendo
dalla pena base di anni 1 e mesi 9 di reclusione ed euro 3900 di multa; diminuita
di un terzo per le generiche prevalenti e quindi aumentata ad anni 1 e mesi 4 di
reclusione ed euro 3 mila di multa per la continuazione).

9. Avverso la citata sentenza, tramite difensore di fiducia, propone ricorso
l’interessato articolando due motivi di doglianza.
9.1 Nel primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione
in punto di determinazione della pena.

Il ricorrente si lamenta del fatto che la Corte di appello di Napoli diversamente dai precedenti giudizi nei quali la pena era stata individuata nel
minimo edittale previsto in considerazione della minima offensività della condotta
a lui ascritta e della valutazione delle altre circostanze improprie di cui all’art.
133 c.p. – ha individuato una pena base assai distante da quella minima facendo
riferimento a nuovi parametri (la tipologia dello stupefacente oggetto di cessione
e la sua dedizione allo spaccio). Così facendo i Giudici di appello avrebbero
illegittimamente modificato, in violazione dell’art. 627 c.p.p., quanto già
irrevocabilmente statuito, peraltro con motivazione assolutamente carente.
9.2 Nel secondo motivo denuncia violazione di legge, in particolare
dell’art. 129 c.p.p.

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7. La Terza Sezione Penale di questa Corte con sentenza n. 1253 del

Il ricorrente deduce che i reati a lui ascritti sono estinti per intervenuta
prescrizione, essendo spirato il termine prescrizionale di legge, avuto riguardo al
fatto che l’ultima delle condotte contestate sarebbe stata (al più tardi)
consumata all’inizio del mese di settembre 2009.

10. Il ricorso è inammissibile.
10.1. Inammissibile è il primo motivo di ricorso, in quanto, in punto di
dosimetria della pena e di limiti del relativo sindacato di legittimità, la

(Sez. 6, sent. n. 36382 del 22/09/2003, Dell’Anna, Rv. 227142) o con formule
sintetiche (tipo “si ritiene congrua”: cfr. Sez. 4, sent. n. 9120 del 4/08/1998,
Urrata, Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento
ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando
siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Sez. 3, sent. n. 26908 del
16/06/2004, Ronzoni, Rv. 229298).
Si tratta di evenienza che non sussiste nel caso di specie, nel quale il
Giudice del rinvio – dopo aver premesso che, alla luce dei dicta contenuti nella
sentenza di annullamento, costituivano dati definitivi l’inquadramento del fatto
sotto la disposizione di cui all’art. 73 comma 5 e il riconoscimento delle
attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante della cessione di sostanze
stupefacenti a persona minore di età – si è correttamente posto il problema di
applicare la normativa di cui alle sopramenzionate, sopravvenute e più
favorevoli, disposizioni legislative; e, alla stregua dei criteri di cui agli artt. 132 e
133 c.p., avuto riguardo al quantitativo e soprattutto alla tipologia della droga
(diverse dosi di eroina spacciata in distinte occasioni, ravvicinate nel tempo:
agosto/settembre 2009 a Potenza) e a tutte le circostanze significative di una
dedizione del Saporito allo spaccio (già indicate nella sentenza del Tribunale di
Potenza e in quella della Corte di appello della stessa città), avuto riguardo alla
nuova forbice edittale, ha rideterminato la pena in anni 1 e mesi 4 di reclusione
ed euro 3000 di multa (secondo il criterio di calcolo sopra ricordato).
D’altronde, anche questa Sezione ha avuto modo di recente di precisare
(cfr. sent. n. 46412 dek 5711/2015, Scaramozzino, Rv 265283) che, in tema di
determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto
della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da
parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della
pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.
10.2. Quanto poi al tempo decorso dalla data dei fatti, è sufficiente
ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte, componendo un precedente

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giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita

contrasto interpretativo, già da oltre 20 anni, hanno affermato il principio della
formazione progressiva del giudicato, precisando che: “Qualora venga rimessa
dalla Corte di cassazione al giudice di rinvio esclusivamente la questione relativa
alla determinazione della pena (come per l’appunto è avvenuto nel caso di
specie), il giudicato (progressivo) formatosi sull’accertamento del reato e della
responsabilità dell’imputato, con la definitività della decisione su tali parti,
impedisce l’applicazione di cause estintive sopravvenute all’annullamento
parziale (cfr. sent. n. 4904 del 26/03/1997, Attinà, Rv. 207640).

inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a
favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo
determinare nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2000 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 26/10/2017.

10.3. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato

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