Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53153 del 26/10/2017


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 53153 Anno 2017
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Crisci Domenico, nato il 02/06/1962

avverso la sentenza del 18/03/2016 della Corte di appello di Perugia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Carmine
Di Stabile, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, avv. Cerella Antonino, quale sostituto dell’avv.
Cerella Giovanni, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 26/10/2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 Tribunale di Vasto con sentenza 21/06/2013 dichiarava Crisci
Domenico responsabile:
a) del reato ex art. 10 bis d.lgvo n. 74/2000, poiché, in qualità di legale
rappresentante della società Argo s.r.I., aveva omesso di versare le ritenute
dovute in base alla dichiarazione annuale del 2006 – relativa al 2005 – risultanti
dalle certificazioni rilasciate ai sostituti per un importo pari a C 60.753,00;

rappresentante della ditta Pro Vasto Football Club s.r.I., aveva omesso di
versare, nei termini previsti, VIVA dovuta in base alla dichiarazione annuale Mod.
Unico del 2007 e relativa al 2006 per un importo pari a C 93.443,00;
c) del reato di cui agli artt. 81 c.p. e 10 ter d. lgvo n. 74/2000, poiché, in
qualità di legale rappresentante della ditta Crisci s.r.l. (ora Argo s.r.I.), con più
azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, aveva omesso di versare,
entro i termini previsti, VIVA dovuta in base alla dichiarazione annuale Mod.
Unico del 2006 e relativa al 2005 per un importo pari a C 341.876,00 e VIVA
dovuta in base alla dichiarazione annuale Mod. Unico di 2007 e relativa al 2006
per un importo pari a C 255.486,00.

2.La Corte di Appello dell’Aquila, investita dell’impugnazione del Crisci,
con sentenza 18/07/2014, in parziale riforma della sentenza di primo grado:

dichiarava non doversi procedere in ordine al secondo capo

d’imputazione (reato ex art. 10 ter D.Lvo 74/2000) perché il fatto non era più
previsto dalla legge come reato (imposta evasa inferiore a 103.291,38 euro,
giusta sentenza Corte costituzionale n. 80 dell’8 aprile 2014) e
– quanto agli altri due reati in contestazione, nel confermare il giudizio di
penale responsabilità, rideterminava la pena per le restanti imputazioni in mesi
otto di reclusione.

3.Avverso la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila il Crisci proponeva
ricorso, lamentando tra l’altro che la Corte territoriale non aveva applicato la
sentenza n. 80/2014 della Corte costituzionale anche al reato di cui al capo A).

4. La Terza Sezione Penale di questa Corte con sentenza 11/11/2015,
rigettando nel resto il ricorso:
– ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’Appello limitatamente
al reato di cui all’art. 10-bis, d. Igs. n. 74 del 2000 perché il fatto non sussiste e

2

b) del reato ex art. 10 ter d. Igvo n. 74/2000, poiché, in qualità di legale

quanto al reato di cui all’art. 10-ter, d. 1gs. n 74 del 2000, riferito all’anno 2005,
perché estinto per prescrizione; mentre
-ha annullato con rinvio alla Corte di appello di Perugia per la
determinazione della pena quanto al residuo reato.

5. La Corte d’Appello di Perugia, quale Giudice di rinvio, con la sentenza
impugnata, in parziale riforma della sentenza di primo grado, per il residuo reato
ha rideterminato il trattamento sanzionatorio in mesi 6 di reclusione (sostituita

6.Avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia, tramite difensore
di fiducia, propone ricorso Crisi Domenico, denunciando violazione di legge e
vizio di motivazione in punto di valutazione della deposizione del teste Di
Giovannangelo (escusso all’udienza del 30/11/2012) e della dichiarazione
27/12/2007 del legale rappresentante della Argo srl (atti che vengono allegati al
ricorso, unitamente all’atto di rettifica).
Il ricorrente deduce che il Giudice di rinvio avrebbe erroneamente ritenuta
superata la soglia di punibilità prevista dall’art. 10 ter D.Lvo (così come
modificato dal D.Lgs. 158/2015) ritenendo, sulla base di quanto dichiarato dalla
teste Dott.ssa Moretta dell’Agenzia delle Entrate, che l’ammontare dell’IVA non
versata nell’anno 2006 ammontasse ad C 255.456,00; mentre dalla dichiarazione
depositata dal legale rappresentante della Argo s.r.l. in data 27/12/2007 e dalla
deposizione testimoniale resa dal teste Di Giovannangelo avanti il Tribunale di
Vasto e non presa in considerazione dalla Corte d’Appello di Perugia sarebbe
risultato che l’imposta dovuta era pari a C 205.505,00 (e dunque inferiore alla
suddetta soglia di punibilità). Secondo il ricorrente, la maggior somma oggetto di
contestazione (C 49.951,00) sarebbe riconducibile ad una rettifica con la quale
l’Agenzia delle Entrate aveva individuato un nuovo importo, come indebita
compensazione per il periodo d’imposta 2006 e, dunque, esulava dal capo
d’imputazione (che ha ad oggetto l’omesso versamento, peraltro in relazione al
periodo di imposta 2005). Tanto più che la rettifica era stata emessa il
13/5/2008 e, dunque, oltre il termine stabilito per la dichiarazione iva del 2007
(e cioè il 27/12/2007).

7. Il ricorso non è fondato.
7.1.Invero, la Terza Sezione Penale di questa Corte con sentenza
11/11/2015 ha rigettato il ricorso quanto all’imputazione di cui all’art.

10-ter

relativa alla dichiarazione Modello Unico 2007. In relazione a detta imputazione l’unica che residua – la Terza Sezione Penale di questa Corte ha annullato con

3

nella corrispondente pena pecuniaria di euro 6840).

rinvio alla Corte di appello di Perugia esclusivamente “per la determinazione
della pena”.
Ne consegue che, avuto riguardo al combinato disposto di cui agli artt.
627 comma 3 e 628 comma 2 c.p.p., era precluso al giudice di rinvio – ed è ora
precluso al ricorrente – di ritornare sul tema della sua penale responsabilità per
detta ipotesi di reato.
Peraltro, per come risulta dalla sentenza di annullamento (p.4), lo stesso
difensore in sede di udienza aveva formulato richiesta di applicazione della causa

l’omissione i.v.a. 2006 (Modello Unico 2007), poiché quantificata in 255.486,00
euro, era per l’appunto di poco superiore alla (non contestata) soglia di punibilità
di 250.000 euro, come individuata dal d. Igs. 24 settembre 2015, n. 158

(Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, I.
11 marzo 2014, n. 23), in vigore dal 22 ottobre 2015.
7.2. Infine, quanto al tempo decorso dalla data dei fatti, può essere utile
ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte, componendo un precedente
contrasto interpretativo, già da oltre 20 anni, hanno affermato il principio della
formazione progressiva del giudicato, precisando che: “Qualora venga rimessa
dalla Corte di cassazione al giudice di rinvio esclusivamente la questione relativa
alla determinazione della pena (come per l’appunto è avvenuto nel caso di
specie), il giudicato (progressivo) formatosi sull’accertamento dei reato e della
responsabilità dell’imputato, con la definitività della decisione su tali parti,
impedisce l’applicazione di cause estintive sopravvenute all’annullamento
parziale (cfr. sent. n. 4904 del 26/03/1997, Attinà, Rv. 207640).
Al dicta delle Sezioni Unite si è conformata tutta la successiva
giurisprudenza di legittimità a sezioni semplici, che, più recente, ha anche
valutato come manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 624, 627 comma 3 e 628 comma 2 c.p.p.: in relazione non soltanto al
principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost. (Sez. 5,
sent. n. 36080 del 27/03/2015, Knox ed altri, Rv. 264860) ma anche in relazione
al disposto di cui all’art. 27 comma 2 Cost. (Sez. 2, sent. n. 44949 del
17/10/2013, Abenavoli, Rv. 257314) e al disposto di cui all’art. 3 Cost. (Sez. 6,
sent. n. 45900 del 16/10/2013, Di Bella, Rv. 257464). Invero, rientra nella
ragionevole durata anche il tempo occorrente alla determinazione della pena nel
giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte della Cassazione; e, d’altra
parte, risulta ragionevolmente differenziata l’incidenza della sopravvenienza della
causa estintiva sulla base della formazione del giudicato progressivo, rispetto al
caso in cui quest’ultimo non si è verificato.

4

di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. proprio sul presupposto che

7.3. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente
condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Il Consiglierfore

Il Presi ente

Pasquale G anniti

Vincenz Romis

2 2 NOV, 2017

5

Così deciso il 26/10/2017.

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