Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53134 del 04/04/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 53134 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: GALTERIO DONATELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
SFERRAZZA GIOACCHINO, nato a Canicattì il 23.10.1966

avverso la sentenza in data 7.10.2015 della Corte di Appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Giulio Romano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv.to Giovanni Aricò, che si è riportato al ricorso

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza in data 7.10.2015 la Corte di Appello di Palermo ha
confermato la pronuncia resa in primo grado dal tribunale di Marsala che aveva
condannato Gioacchino Sferrazza alla pena di otto mesi di reclusione oltre alle
sanzioni accessorie ritenendolo responsabile del reato di cui all’art.6, commi 1 e
6 1.401/1989 per non aver ottemperato al provvedimento DASPO notificatogli dal
Questore di Agrigento in data 29.9.2009 con il quale gli veniva impartito il
divieto di avvicinarsi agli stadi dove siano disputate partite ufficiali o amichevoli
alle quali partecipi la squadra dell’Akragas. Avverso la suddetta pronuncia
l’imputato ha proposto, per il tramite del difensore, ricorso per Cassazione

Data Udienza: 04/04/2017

articolando un unico motivo con il quale contesta, in relazione al vizio di
violazione di legge nonché al vizio motivazionale, il travisamento della prova
atteso che il tratto di strada nel quale il sottoposto era stato sorpreso dai
verbalizzanti non rientrava tra i luoghi, costituiti dai soli piazzali adibiti alla
partenza e alla sosta dei mezzi di trasporto delle tifoserie, ai quali gli era
precluso l’accesso dal DASPO, e che nessuna certezza dell’orario della contestata
infrazione al divieto poteva ritenersi accertato non essendo le videocamere che
lo avevano ripreso aggiornate sull’ora esatta. Sostiene inoltre il ricorrente

ragionevole dubbio , atteso che, in assenza di qualsiasi automezzo o di tifoserie
presenti quel giorno nella zona in cui era stato notato dai verbalizzanti, doveva
escludersi la sua volontà da_par-te di contravvenire, inconsapevole del fatto che
anche quel tratto di strada fosse ricompreso fra i luoghi dei quali gli era stata
inibita la frequentazione, alle prescrizioni impartitegli con il Daspo

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso, consistente al di là del nonnen juris della rubrica, in mere censure
di fatto sulle identiche questioni articolate con i motivi di appello e
motivatamente respinte dai giudici del gravame, deve essere dichiarato
inammissibile. Lungi dall’individuare le asserite violazioni di legge, le doglianze
svolte risultano semmai dirette a censurare sul piano motivazionale le valutazioni
di merito in ordine alle emergenze probatorie raccolte, ma neppure in relazione a
tale profilo individuano fratture logiche od omissioni argomentative, nelle quali
soltanto si compendia il vizio di manifesta illogicità che deve peraltro essere
decisivo, ovverosia di portata tale da incrinare l’intera capacità dimostrativa del
compendio indiziario (Sez. 2, n. 21644 del 13.2.2013, Badagliacca e altri, rv.
255542; Sez. 3, n. 35397 del 20.6.2007). Né tantomeno sono evincibili gli
elementi fondanti il preteso travisamento della prova, che ricorre
esclusivamente nell’ipotesi di contraddittorietà processuale della sentenza, nella
quale si sia cioè omesso di valutare una prova decisiva, o dove al contrario il
convincimento risulti fondato su una prova che non esiste o sul risultato di una
prova incontestabilmente diverso da quello reale (Sez. 3, n. 12110 del
21/11/2008 – dep. 19/03/2009, Campanella e altro, Rv. 24324701). Come
invero ripetutamente affermato da questa Corte in relazione all’art. 606 c.p.p.,
comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene ne’ alla
ricostruzione dei fatti ne’ all’apprezzamento del giudice di merito, ma ha un
orizzonte ben più circoscritto dovendosi arrestare alla verifica che il testo
dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a)
l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;
2

l’insussistenza dell’elemento del dolo, quanto meno in relazione al profilo del

b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti,
ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento (Sez. 2, n. 21644 del 13.2.2013, Badagliacca e altri, Rv.
255542).
Così ridelineato il perimetro del sindacato riservato a questa Corte, la
sentenza impugnata risulta immune da censure avendo con congrua e logica
motivazione chiarito che il tratto di strada ove l’imputato era stato notato dagli
agenti di PS veniva, in concomitanza con le manifestazioni sportive, chiuso e

consentire la sosta e il parcheggio dei veicoli dei tifosi che vengono ad assistere
alle partite, senza che nessuna rilevanza potesse assumere l’assenza, del tutto
contingente, di automezzi in ragione dell’intervenuta delimitazione dell’area. E’
invero proprio la delimitazione, attraverso recinzioni materiali, della strada,
chiusa in tal modo al traffico, ad evidenziarne la diversa destinazione rispetto al
pubblico transito cui è naturalmente assoggettata, trasformandola in luogo
temporaneamente asservito allo stadio limitrofg per l’arrivo, la sosta e la
partenza delle tifoserie, esattamente come i luoghi ai quali era stato esteso con il
DASPO il divieto di accesso imposto all’imputato. Del resto la oggettiva visibilità
del transennamento esclude alla radice l’insussistenza dell’elemento soggettivo
del reato, essendo insita nella sosta all’interno dell’area riservata ai frequentatori
dello stadio la consapevolezza in capo al sottoposto di infrangere il divieto. Con
altrettanta coerenza argomentativa viene affermato essere stato accertato dalle
deposizioni dei verbalizzanti che il sottoposto alla misura di prevenzione era
stato visto ivi transitare nell’ora successiva al termine della partita disputata
dall’Akragas, laddove il diverso orario figurante sulle fotografie e sulle riprese, di
un’ora successivo a quello effettivo, dipendeva dalla mancata configurazione
dell’ora solare, da poco entrata in vigore.
Segue all’esito del ricorso la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una somma
equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 4.4.2017

recintato, in quanto di pertinenza dello stadio cui è adiacente, al fine di

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