Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53127 del 30/01/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 53127 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIRLIG Gabriel, nato in Romania il 26 agosto 1967;

avverso la sentenza n. 1388 della Corte di appello di Milano del 20 febbraio 2015;

letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe
CORASANITI, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata per prescrizione.

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Data Udienza: 30/01/2017

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20 febbraio 2015 la Corte di appello di Milano ha
confermato, quanto alla affermazione della penale responsabilità e quanto alla
irrogazione della conseguente pena, la sentenza con la quale, il precedente 7
febbraio 2014, il Tribunale di Lecco aveva dichiarato Cirlig Gabriel colpevole
del reato di cui agli artt. 81, cpv, cod. pen. e 10-bis del dlgs n. 74 del 2000
per avere, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, omesso,

versare, entro il termine di legge, le ritenute alla fonte operate, nella predetta
qualità, come sostituto di imposta relativamente agli emolumenti erogati
rispettivamente negli anni di imposta 2006 e 2007 e nell’anno di imposta
2007 e lo aveva condannato alla pena di mesi 4 e giorni 20 di reclusione.
Con la citata sentenza la Corte territoriale lombarda, rilevata la
insussistenza della condizioni obbiettive previste dalla legge per la
concessione della sospensione condizionale della pena, ha revocato la relativa
disposizione, erroneamente disposta dal Tribunale di Lecco.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Cirlig,
articolando quattro motivi di impugnazione.
Il primo di essi riguarda il vizio da cui sarebbe stata affetta la
notificazione della citazione dell’imputato di fronte al giudice di primo grado
essendo stata questa eseguita presso la sede delle società da lui
amministrate, ma dopo che queste erano state dichiarate fallite.
Il secondo motivo di impugnazione concerne la ritenuta violazione
dell’art. 9 della legge n. 67 del 2014, la quale disciplina il processo

in

absentia, in forza del quale, in ragione della omessa regolare notificazione del
provvedimento con il quale è stato disposto il giudizio a carico del Cirlig e
della sua conseguente mancata presentazione per rispondere delle
imputazioni a lui contestate, sarebbe stato necessario sospendere il giudizio.
Il terzo motivo riguarda la ritenuta contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione della sentenza impugnata, essendo stata del tutto
ignorata dai giudici del merito la attività istruttoria dibattimentale a discarico
consistente nell’esame dei testi addotti dalla difesa dell’imputato e nella
produzione documentale da questo versata agli atti del giudizio.

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in qualità di legale rappresentante della Infiore Srl e della Emmeci Sri, di

Il quarto motivo, infine, riguarda la erronea revoca della sospensione
condizionale della pena, disposta dalla Corte meneghina sulla base di una
errata lettura delle risultanze del certificato penale del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, con le conseguenze che saranno

infra meglio

indicate.

la Corte che è pacifico che il Cirlig, quale motivo di censura avverso la
sentenza di primo grado, abbia dedotto la nullità della notificazione del
decreto che dispone il giudizio, essendo stata questa eseguita presso la sede
delle società, ubicata per ambedue in Merate presso lo studio di un
commercialista, sebbene queste sin dal 2010 non avessero più ivi il loro
recapito in quanto dichiarate fallite.
Tale motivo di appello è stato ritenuto infondato dalla Corte milanese
sulla base delle seguenti affermazioni così sintetizzate: a) il solo indirizzo noto
dell’imputato era quello relativo alla sede delle società da lui amministrate; b)
sia l’avviso di conclusione delle indagini che il decreto di citazione a giudizio in
primo grado, indirizzati presso il citato recapito, erano stati ritirati da persona
che si era presentata come a ciò addetta; c) il fatto che l’imputato avesse
depositato l’atto di nomina del suo difensore di fiducia stava a comprova della
circostanza che egli fosse a conoscenza degli atti in quel modo notificatigli; d)
nessuna eccezione di difetto di notificazione è stata sollevata dalla difesa del
ricorrente in primo grado, essendo stata solo dedotta in occasione della
formulazione dei motivi di impugnazione, unitamente alla indicazione di un
indirizzo estero del prevenuto.
Sulla base di tali elementi, ritenuto che si potesse considerare
felicemente perfezionatosi il procedimento di notificazione degli atti in
questione nei confronti dell’imputato, la Corte milanese ha rigettato sul punto
il gravame.
Tale capo della pronunzia della Corte territoriale è stato, a sua volta,
oggetto di impugnazione da parte del Cirlig, il quale ha rilevato come, a fronte
della estraneità del luogo ove la notificazione è stata eseguita rispetto alla
persona del destinatario di essa (estraneità connessa al fatto che lì dove la
notificazione è stata eseguita da tempo non vi era alcun recapito delle società
da lui amministrate, in quanto le stesse erano da tempo state dichiarate
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Esaminando, infatti, la prima doglianza articolata dal ricorrente, osserva

fallite), la circostanza che l’atto sia stato da qualcuno in tale luogo ricevuto è
elemento del tutto irrilevante.
Così come motivata la impugnazione del ricorrente è fondata.
Osserva, infatti, il Collegio che, secondo il dettato dell’art. 157 cod. proc.
pen., salve le ipotesi, qui non pertinenti, di cui agli artt. 161 e 162 cod. proc.
pen., la prima notificazione nei confronti dell’imputato che, come nel caso di

lui dell’atto da notificare; ove ciò non sia possibile la consegna può essere
eseguita, tramite materiale

traditio

dell’atto in questione a persona

convivente, anche temporaneamente, col destinatario di esso ovvero al
portiere, o a che ne fa le veci, dello stabile ove il destinatario abbia la propria
abitazione oppure vi svolga abitualmente la sua attività lavorativa.
Sebbene debba essere generalmente riconosciuto che la notificazione
nei confronti di soggetto che svolga compiti gestori all’interno di una
compagine sociale possa essere eseguita anche presso la sede di tale
compagine, dovendo ritenersi che il soggetto persona fisica che ricopra il
predetto ruolo in detta società conduca abitualmente lì la sua attività
lavorativa e dovendo, altresì, ritenersi che la persona che sia ivi addetta alla
ricezione degli atti si trovi, per effetto della preposizione allo svolgimento di
tale compito (connesso alla sua prestazione lavorativa), nella relazione di
temporanea convivenza col destinatario dell’atto richiesta dall’art. 157,
comma 1, cod. proc. pen. (Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 marzo
1996, n. 589), tuttavia l’applicazione del predetto principio, ove si voglia
tutelare la effettività della conoscenza dell’atto trasmesso, postula, come
presupposto indubitabilmente indispensabile, che la notificazione sia eseguita
in un luogo ove la struttura societaria in cui il materiale destinatario dell’atto
sia incardinato abbia un reale ed attuale radicamento.
Tale non può però ritenersi la mera sede legale di detta compagine, nel
caso in cui la stessa sia stata dichiarata fallita, posto che il passaggio del
potere rappresentativo e gestorio di essa nelle mani del curatore, rende non
più attuale il rapporto fra amministratore e società, che faceva
ragionevolmente presumere che il primo ivi svolgesse abitualmente la sua
attività lavorativa.
Poiché, secondo quanto emerge dagli atti la notificazione del decreto con
cui è stato disposto il giudizio a carico del Cirlig è stata eseguita presso la
sede delle società da lui amministrate, a distanza di circa due anni dal
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specie, non sia detenuto, deve essere eseguita mediante consegna, in copia, a

momento in cui (id est il 12 novembre 2010), essendo state dichiarate fallite
le società de quibus agitur, il Cirlig stesso non svolgeva più alcuna funzione
all’interno di esse, la notificazione in questione non può considerarsi valida,
dovendo escludersi che la stessa sia stata eseguita nel luogo in cui l’imputato
esercita abitualmente la sua attività lavorativa.
La nullità, pertanto, della notificazione sia dell’avviso di chiusura delle
indagini preliminari sia dello stesso decreto con il quale è stato disposto il

enfatizzato in sede di sentenza dalla Corte milanese, che tale vizio non sia
stato denunziato dalla difesa dell’imputato nel corso del giudizio di primo
grado, posto che, trattandosi di vizio afferente alla omessa citazione
dell’imputato, esso, secondo la previsione di cui all’art. 179, comma 1, cod.
proc. pen., è insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento),
rendendo viziati tutti gli atti successivi comporta l’annullamento della
sentenza impugnata; ad esso dovrebbe seguire anche l’annullamento della
sentenza di primo grado e la restituzione degli atti al Pm per il rinnovo degli
atti viziati.
Osserva, tuttavia, la Corte che un tale incombente non si palesa più
necessario, posto che, in forza del lungo tempo trascorso dal momento della
commissione dei reati ascritti al Cirlig, questi sono oramai tutti estinti per
prescrizione, sicché la rinnovazione degli atti nulli si porrebbe come un’inutile
spreco di risorse, laddove, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., potrà essere
questa stessa Corte a rilevare l’intervenuta prescrizione dei reati contestati,
restando, ovviamente, assorbiti da tale pronunzia i restanti motivi di
impugnazione.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

giudizio (a tale proposito giova segnalare la irrilevanza del fatto, inutilmente

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