Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53124 del 16/11/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 53124 Anno 2017
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FIRAKU ELIS nato il 29/06/1984

avverso l’ordinanza del 06/06/2017 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA
sentita la relazione svolta dal Consigliere EMILIA ANNA GIORDANO;
sentite le conclusioni del PG SIMONE PERELLI, che ha concluso chiedendo
dichiarare inammissibile il ricorso;
Udito il difensore, avvocato SINTUCCI ALESSANDRO del foro di FORLI’, anche
quale sostituto del codifensore l’avvocato CRISTOFORI ALESSANDRO del foro di
BOLOGNA, che ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.

Data Udienza: 16/11/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Bologna, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha
confermato quella del 29 maggio 2017 con la quale il giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Ravenna aveva applicato la misura della custodia
cautelare in carcere nei confronti di Elis Firaku, sottoposto ad indagini per
plurime condotte di detenzione a fini di cessione di sostanze stupefacenti tipo
cocaina e, precisamente, gr. 67,4 di stupefacente (suddivisi in 98 dosi), in parte
detenuta nel cassettone dell’abitazione, in parte sotterrata nell’orto poco distante

suddiviso in undici involucri consegnati a Fation Elazi – cognato del ricorrente- e
alla minore Elsa Elezi per conservarli in un garage dell’abitazione, come da capo
b), erroneamente indicato come capo a); gr. 62 (suddivisi in 122 dosi) occultati
lungo la massicciata della Ferrovia Ravenna-Bologna, capo c) erroneamente
indicato come b) e ulteriori, non meglio precisati, quantitativi della medesima
sostanza stupefacente, con condotte accertate dal 21 marzo al 16 maggio 2017.

2. Nell’ordinanza il Tribunale dà atto che l’indagato era stato tratto in arresto
in flagranza di reato il 16 maggio 2017 e che era stata dichiarata la inefficacia
della conseguente ordinanza cautelare per omessa iscrizione a ruolo della
richiesta di riesame che aveva comportato la impossibilità di trattare la richiesta
entro i termini di cui all’art. 309 cod. proc. pen..

3.11 Tribunale si è soffermato sul quadro indiziario, comunque non
contestato dalla difesa, ed ha ritenuto sussistente – con riguardo al reato
contestato al capo b) – l’aggravante di cui all’art. 80, comma 1, lett. b) d.P.R.
309/1990 valorizzando le direttive che l’indagato, sottoposto ad operazioni di
intercettazione, monitoraggio e controllo visivo, aveva dettato alla minore per
confezionamento e prelievo della droga. Ha poi ritenuto sussistenti eccezionali
esigenze cautelari che legittimavano l’applicazione della più grave tra le misure
custodiali.

4. E proprio sulla ricorrenza delle eccezionali esigenze cautelari richieste
dall’art. 309 comma 10 cod. proc. pen. si appuntano i ricorsi proposti
nell’interesse del Firaku, con motivi che denunciano vizio di violazione di legge e
vizio di motivazione.

5. L’avvocato Alessandro Sintucci, deduce, in particolare, che VaTEuna
valutazione di adeguatezza e proporzionalità di misure diverse dalla custodia in
carcere è stata compiuta dai giudici della cautela, giudizio che non può

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dall’abitazione, come da capo a); gr. 1.058, 9 lordi del medesimo stupefacente

discendere dal mero richiamo alla prima ordinanza impositiva con la quale era
stata valutata la inidoneità a realizzare le finalità di prevenzione la misura degli
arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico. Né nell’ordinanza
applicativa sono stati specificati, con apposita motivazione, gli elementi che
denotano la “eccezionalità” delle esigenze cautelari poiché i giudici della cautela
si sono limitati a reiterare, connotandole come eccezionali, le medesime esigenze
poste a fondamento della misura originaria valorizzando i medesimi elementi
fattuali e trascurando, viceversa, la incensuratezza del Firaku, elemento che ex
incrina il ritenuto giudizio di eccezionalità. Denuncia, inoltre, vizio di

mancanza di motivazione con riguardo alla richiesta della difesa, di cui alla
memoria scritta del 6 giugno 2017, di sostituzione della misura con quella degli
arresti domiciliari, carenza che fa seguito a quella del giudice per le indagini
preliminari che nel provvedimento genetico nulla aveva detto al riguardo.

6. L’avvocato Alessandro Cristofori, nel ricorso a sua firma, denuncia vizio di
violazione di legge e vizio di motivazione in relazione: 6.1 alla mancata
declaratoria di nullità, ai sensi dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen.,
dell’ordinanza impositiva perché priva di autonoma valutazione delle esigenze
cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza oggetto della previsione di cui all’art.
292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen.; 6.2 alla sussistenza dell’aggravante di cui
all’art. 80, comma 1, lett. b), d.P.R. 309/1990 poiché la contestazione si risolve
nell’ipotesi di concorso con il minore e gli elementi posti a fondamento non
denotano la induzione alla commissione del fatto di persona minore; 6.3 alla
mancanza di motivazione sulla eccezionalità delle esigenze cautelari e sulla
imprescindibilità della disposta misura della custodia cautelare in carcere. Al
contrario, l’ordinanza cautelare, nella parte in cui dà atto che se completamente
libero l’indagato possa reiterare il reato, mostra chiaramente di non avere preso
in considerazione l’adeguatezza di misure diverse, e meno afflittive, a realizzare
la finalità di prevenzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato.

2. Va trattato, per imprescindibili ragioni logiche, il motivo sub 6.1 del
ricorso dell’avvocato Cristofori che si appalesa generico e manifestamente
infondato.

2

se

3. Questa Corte, con affermazione di principio condiviso dal Collegio, ha già
avuto modo di precisare che la nozione di autonoma valutazione dei gravi indizi
di colpevolezza e delle esigenze cautelari, previsto dall’art. 292, comma primo,
lett.c), cod. proc. pen., non implica la necessità di una riscrittura “originale”
degli elementi o circostanze rilevanti ai fini della disposizione della misura ma
impone al giudice di esplicitare, indipendentemente dal richiamo in tutto o in
parte di altri atti del procedimento, i criteri adottati a fondamento della decisione
(Sez. 6, n. 13864 del 16/03/2017, Marra, Rv. 269648). Risulta, pertanto,

suo assunto, a riportare testualmente alcuni righi dell’ ordinanza cautelare e ne
propone la lettura sinottica con altrettante espressioni della richiesta cautelare,
e, dunque, sulla scorta di un argomento che neppure si confronta con la
motivazione dell’ordinanza impugnata che, viceversa, facendo applicazione della
regola innanzi indicata, al fine di disattendere la denunciata nullità, pur nel
contesto della motivazione per relationem seguito dal giudice per le indagini
preliminari, ha dato atto dei connotati di autonomia valutativa dell’ordinanza
impositiva desumibili dall’esame critico dei dati fattuali e della ragioni per le quali
il giudice per le indagini preliminari li ha ritenuti idonei a supportare
l’applicazione della misura.

4. Generico e manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso con il
quale si eccepisce la insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 1,
lett. b) d.P.R. 309/1990 in mancanza della prova della induzione alla
commissione del fatto della persona minore di età. La tesi sostenuta è priva di
alcun referente normativo poiché la circostanza aggravante prevista dall’art. 80,
comma primo, lett. b), d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 opera, per il principio di
dinamicità delle fonti del diritto ed in base all’interpretazione letterale della
norma, un rinvio formale a tutte le ipotesi richiamate dall’art. 112, comma
primo, n. 4, cod. pen., rinvio che non è limitato soltanto alla condotta di colui
che abbia “determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto”, ma si
estende alle ulteriori ipotesi successivamente introdotte di “essersi comunque
avvalso degli stessi” o di aver con questi “partecipato nella commissione di un
delitto” (Sez. 6, n. 4967 del 01/1212015, Russo, Rv. 266170). Correttamente,
pertanto, il Tribunale ha confermato la qualificazione giuridica del fatto e ritenuto
la sussistenza dell’aggravante in presenza della condotta – di essersi il ricorrente
avvalso della minore per la custodia dello stupefacente ed il suo
confezionamento in dosi – attestata dalle conversazioni intercettate, descritte a
pag. 5 dell’ordinanza impugnata, ed alla stregua di una ricostruzione in fatto che
non è stata contestata dalla difesa.

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generico il motivo (cfr. pag. 3), nel quale il ricorrente si limita, a comprova del

5. Sono infondati gli ulteriori motivi di ricorso.

6. E’ condivisibile l’assunto, svolto nel ricorso dell’avvocato Sintucci, secondo
il quale la valutazione di adeguatezza e proporzionalità della misura deve essere
rapportata, e deve costituire oggetto di specifica motivazione, con riferimento al
grado ed alla natura delle concrete e attuali esigenze cautelari che costituiscono
il fondamento della misura. E’, tuttavia, necessaria una premessa sull’istituto in

7. L’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. – modificato dall’art. 11, comma 5
della legge 16 aprile 2015, n. 47 – prevede la perdita di efficacia dell’ordinanza
coercitiva per effetto della mancata trasmissione degli atti nel rispetto dei
termini di cui al comma 5 dell’art. 309, ovvero se la decisione sulla richiesta e il
deposito dell’ordinanza in cancelleria non intervengono nei termini prescritti e
che l’ordinanza non possa essere rinnovata. Nondimeno, al fine di evitare di
creare una sostanziale area di impunità cautelare nei casi in cui la procedura di
riesame non sia pervenuta, entro i termini tassativamente previsti, alla sua
conclusione, è previsto che, in presenza di eccezionali esigenze cautelari
specificamente motivate, possa farsi luogo alla rinnovazione dell’ordinanza che
dispone la misura coercitiva.

8. L’uso dell’espressione “eccezionali esigenze cautelari” – spesso associato
nelle previsioni legislative all’applicazione della più grave tra le misure custodiali,
in relazione a condizioni soggettive della persona da sottoporre a misura – non
implica, in guisa di misura automatica,

l’applicazione della più grave tra le

misure sia perché la rinnovazione può avere ad oggetto qualsiasi ordinanza che
dispone l’applicazione di misura coercitiva, dichiarata estinta, sia perché si
accompagna alla previsione di uno specifico ed indefettibile onere di
motivazione, imposto al giudice come ineludibile contrappeso alla verificazione di
un evento che ha comportato la perdita di efficacia della misura. Tale onere
appare funzionale ad evitare la ripetizione della misura caducata come mero ed
automatico correttivo, in presenza dei descritti eventi procedurali. Detto in altre
parole, la norma ha lo scopo di contrastare prassi distorsive come quella
dell’adozione di una nuova ordinanza cautelare prima ancora della scarcerazione
dell’interessato o quella della successione di “ordinanze-fotocopia”, caducate e
non controllate. Ne consegue che, indipendentemente dal grado dell’esigenza
cautelare e dall’intensità del pericolo, è sempre possibile che venga adottata una
misura diversa da quella carceraria, o perché lo impone la pena comminata per il

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esame.

reato (inferiore nel massimo a cinque anni), ovvero perché, pur non ostando la
pena, una qualsiasi misura coercitiva diversa da quella della custodia in carcere
risulti adeguata, cioè idonea a contrastare il pericolo. Il principio di adeguatezza
impone, infatti, al giudice di adottare la misura che comporta per chi la subisce il
minor sacrificio necessario per fronteggiare i pericula libertatis, ed è ipotizzabile
l’esistenza di un’eccezionale situazione di pericolo, che, se non fosse contrastata,
determinerebbe con elevata probabilità l’evento da prevenire, e tuttavia
potrebbe (e dunque dovrebbe) essere efficacemente contrastata con misure

233).

9. Sotto altro aspetto, con condivisibili affermazioni di principio questa Corte
ha già precisato che le eccezionali esigenze cautelari non vanno equivocate con
la necessità di un quid pluris rispetto alle esigenze che fondavano la misura
perenta né con elementi nuovi sopravvenuti (Sez. 2,

n. 51098 del 04/11/2016,

Iovine, Rv. 268346), come pure previsto in relazione ad altre situazioni nelle
quali si è verificata la perenzione del titolo cautelare, e che tali qualificate
esigenze cautelari si distinguono da quelle ordinarie per il grado di pericolo, che
deve superare la concretezza e l’attualità richiesta dall’art. 274 cod. proc. pen.
per raggiungere la soglia della sostanziale certezza che l’indagato, ove non
sottoposto a misure coercitive, continui nella commissione di delitti della specie
di quello per cui si procede (Sez. 2,

n. 16187 del 01/02/2017, Sinicropi,

Rv. 270265).

10.E tali condizioni sono state rispettate nell’ordinanza impugnata che ha
ripercorso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari e le deduzioni
difensive svolte nella richiesta di riesame (la conversazione intercorsa tra il
ricorrente e tale Gendrit Elezi), richiamando, ai fini del giudizio di pericolosità, la
professionalità dell’agire dell’indagato ed i collegamenti sui quali aveva potuto
contare dopo la perdita di uno dei depositi di sostanze stupefacenti (quello
occultato lungo la linea ferroviaria Bologna-Ravenna recuperato dagli inquirenti il
22 marzo 2017 dopo che avevano visto il Feriku ivi intento ad armeggiare) tanto
da poter avere in breve tempo il possesso, nonostante la perdita subita, di oltre
un chilogrammo di cocaina, oggetto dei sequestri del 16 maggio 2017. I giudici
del riesame, proseguendo nella valutazione degli elementi indicati dalla difesa
come lo svolgimento di attività lavorativa del Firaku hanno, inoltre, evidenziato
che l’indagato, pur potendo contare sul reddito del lavoro dipendente svolto, non
aveva esitato ad ingerirsi in un traffico di consistenti sostanze stupefacenti,
avvalendosi dei legami familiari con gli altri indagati, che sicuramente

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diverse dalla custodia cautelare in carcere (Corte Cost. 3 novembre 2016, n.

rendevano maggiormente efficace l’apparato organizzativo che ne supportava
l’attività illecita e, rileva il Collegio, fra questi, di una persona minore di età
quale Elsa Elezi (sorella di Fation Elezi, cognato del ricorrente), minore che era
certamente a conoscenza del luogo di occultamento della droga e coinvolta nelle
operazioni di confezionamento dello stupefacente, secondo le risultanze delle
conversazioni intercettate, e, infine, della moglie del Firaku (cfr. pag. 4
dell’ordinanza impugnata). Elementi, anche questi, valorizzati nell’ordinanza
impugnata che fa riferimento alla trama di relazioni dell’indagato ed alla brama

verificarsi dell’occasione propizia. Si tratta di una motivazione che, ponendosi in
ragionato confronto con gli elementi allegati dalla difesa, ha, e non solo
nominalisticamente, illustrato l’eccezionalità delle esigenze cautelari, correlate
all’elevato pericolo di recidiva, che sovrasta, annullandola, la valenza dello stato
di formale incensuratezza dell’indagato.

11.Può, dunque, concludersi che i giudici della cautela – l’ordinanza
impugnata va letta in confronto con quella impositiva che ne costituisce il
presupposto – hanno assolto l’onere di adeguata e specifica motivazione in
relazione alla sussistenza dell’eccezionale pericolo di reiterazione di condotte
dello stesso genere desunti dall’esame della personalità dell’indagato e dalle
modalità dei fatti. Non rileva, conclusivamente, che i giudici abbiano esaminato
le medesime condizioni soggettive e fattuali poste a fondamento, nell’ordinanza
dichiarata inefficace, del pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere
poiché ciò che rileva, in questa sede, è che il titolo rinnovato non si risolva nella
mera riedizione di quello dichiarato inefficace, e che i giudici della cautela
abbiano esaminato, con argomenti logici e congruenti, la sussistenza di elementi
indicatori del pericolo di reiterazione idonei ad esprimere un elevatissimo e per
nulla ordinario grado di pericolo, e, quindi, la eccezionalità, nell’accezione innanzi
tracciata, delle esigenze cautelari.

12.Ed è con riguardo a tali concrete e attuali esigenze che i giudici a quibus
hanno ritenuto unica misura adeguata e proporzionata quella della custodia
cautelare in carcere e, al di là di qualche incertezza lessicale, la inidoneità di
misure diverse a realizzare la finalità di cautela, valorizzando la circostanza che
l’indagato aveva commesso i fatti proprio sfruttando proprio le relazioni familiari,
la casa di abitazione e le sue pertinenze, rilievo che, implicitamente, risponde
alla richiesta della difesa di sostituzione della misura con quella degli arresti
domiciliari poichè, si conclude nell’ordinanza impugnata, non si può fare
affidamento alcuno sulla capacità di autocontrollo del ricorrente, conclusione

6

di guadagni che ne conclama il pericolo di ripresa dell’attività criminosa al

tutt’altro che apodittica perché fondata sull’analisi delle concrete modalità della
condotta illecita e degli apporti esterni, ma anche familiari, sui quali aveva
potuto contare.

13.Consegue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali. Seguono, a cura della cancelleria, gli adempimenti

ex

art. 94, comma 1- ter disp. att. cod. proc. pen..

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma

– llter,

disp. att. cod. proc. pen..

Cosi deciso il 16 novembre 2017

Il Consigliere esti nsore
Emilia Anna Gior ano

P.Q.M.

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