Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5311 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5311 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
QERACA FERDI N. IL 22/01/1978
avverso la sentenza n. 16921/2011 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di BRESCIA, del 08/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

n

Data Udienza: 20/09/2013

Ritenuto in fatto e in diritto

Con sentenza resa il giorno 8.3.2013, ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen. il
gip del Tribunale di Brescia, applicava a QERACA Ferdi, imputato dei reati di cui
agli artt. 2 e 7 I. 895/1967, 23 L. 110/75 e 648 cod.pen., la pena concordata tra
le parti di anni uno e mesi dieci di reclusione ed euro 2000 di multa.
Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato

rito, asseritamente conferita in altro processo. In secondo luogo, viene contestato
che sia stata ritenuta la recidiva sulla base dei soli rilievi dattiloscopici, sia stata
non correttamente operata la riduzione del terzo per il rito, che non siano stati
condotti accertamenti sulla sua posizione quanto a suscettibilità di espulsione.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Quanto alla procura rilasciata al difensore va subito rilevato che risulta
regolarmente conferita , come attestato dal gip in sede di verbale di udienza
8.3.2013, alla presenza del difensore.
Detto ciò va aggiunto che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è
un meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che
non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art.
129 c.p.p. Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena art. 444 c.p.p., – l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o
soggettivi della fattispecie, perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, il Collegio osserva che i motivi di ricorso appaiono privo di
specificità e comunque manifestamente infondato, atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è adeguato a quanto contenuto nello accordo
intervenuto fra le parti escludendo specificatamente la sussistenza dei presupposti
di cui all’art.129 c.p.p, alla luce dell’annotazione di Polizia. Tale motivazione, avuto
riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su
richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale
genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (si vedano tra
le altre, Cass. SS.UU. 27 marzo 1992, Di Benedetto; SS.UU. 27 settembre 1995,
Serafino; SS.UU. 25 novembre 1998, Messina).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di

2

(

1

(

deducendo in primis difetto di procura speciale del difensore che operò la scelta del

elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della
cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro
millecinquecento, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen.

P.Q.M.

processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 20 Settembre 2013

Il C sigliere estensore

Il Pre idente

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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