Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5311 del 16/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5311 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHIARA ANDREA N. IL 02/04/1976
avverso la sentenza n. 1034/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
22/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE
CfA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ,Z)\

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. 8(‘.p 9A,u—a ,- 9£- ok-cl

C.O.AP2

Data Udienza: 16/09/2014

Il ricorso non merita accoglimento.
Quanto al primo motivo di carattere procedurale , va rilevato che l’obbligo di correlazione tra
accusa e sentenza è violato non da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto
nel caso in cui la modificazione dell’imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell’imputato: la
nozione strutturale di “fatto” va coniugata con quella funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere
solo le effettive lesioni del diritto di difesa, posto che il principio di necessaria correlazione tra
accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto
del potere del giudice) risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto,
inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi.
Ciò non avviene quando, nell’ambito dei fatti oggetto di contestazione, si prospettino o comunque
emergano circostanze di contorno o elementi soggettivi che valgono a meglio inquadrare e definire
la condotta complessivamente intesa e che, debitamente evidenziati, abbiano formato oggetto di una
possibile discolpa e/o contestazione da parte del prevenuto. . La giurisprudenza di questa Corte si è
già soffermata sulla analisi delle due fattispecie ,rilevando come la bancarotta semplice

FATTO E DIRITTO
Con sentenza 22.4.2013, la corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza 21.5.2008
del tribunale di Monza , ha concesso a Chiara Andrea la attenuanti generiche , con giudizio di
equivalenza, e ha rideterminato in 3 anni di reclusione la pena inflitta per i reati di bancarotta per
distrazione e bancarotta documentale, commessi in qualità di amministratore unico dall’11.4.2003
all’1.7.03 e in qualità di amministratore di fatto nel corso del periodo successivo fino al 25.3.04,
data del fallimento della società CSL Cooperativa Servizi Logistici a r.1..
Ha confermato nel resto l’impugnata sentenza.
Nell’interesse dell’imputato è stato presentato ricorso per i seguenti motivi:
1.violazione di legge in riferimento all’art. 522 c.p.p. : nel decreto di citazione era stata formulata
l’accusa, in riferimento alla tenuta della documentazione contabile, di violazione dell’art. 217 L.
Fall., per omesso aggiornamento del libro e delle altre scritture contabili obbligatorie All’udienza
13.7.03, il PM ha contestato la violazione dell’art. 216 co. 1 e 2 L.Fall, per aver tenuto i libri e le
altre scritture contabili obbligatorie in maniera tale da non consentire la ricostruzione del
patrimonio e del movimento degli affari della società fallita . Trattandosi di due fattispecie
completamente diverse , il PM avrebbe dovuto agire nelle forme ordinarie , ex art. 518 c.p.p. e non
contestare direttamente la nuova ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale.
La corte di appello —in violazione del combinato disposto degli artt. 518 co. 2 e 522 c.p.p. – ha
affermato che “anche a voler accedere alla tesi dell’appellante secondo cui trattasi di un fatto del
tutto nuovo,e il PM avrebbe dovuto procedere per le vie ordinarie, la contestazione è stata
consentita dal presidente del collegio, senza opposizione alcuna da parte dell’imputato “. Va
rilevato che l’art. 518 co. 2 c.p.p. stabilisce che si procede nelle forme ordinarie non se l’imputato
non si oppone ma se l’imputato, presente all’udienza, presta il consenso. Il Chiara non solo non ha
prestato il consenso, ma era contumace., per cui gli è stato notificato il p.v. dell’udienza 13.7.07. E’
errato l’argomento della corte di appello relativo alla mancata impugnazione dell’ordinanza, sia
perché non è stata emessa alcuna ordinanza sul punto, sia perché nell’atto di gravame erano stati
impugnate “tutte le ordinanze dibattimentali in ogni modo pregiudizievoli per l’imputato”;
2.violazione di legge in riferimento alla sussistenza del dolo nella bancarotta distrattiva : la corte
ha ammesso che il denaro non trovato nella cassa dal curatore, sarebbero stati utilizzati per il
pagamento in nero degli stipendi ai dipendenti , osservando però che l’ammanco di una cifra
residua (circa 30.000 euro) non trova giustificazione. Non vi è però alcun cenno in
motivazione sulla sussistenza o meno dell’elemento soggettivo del dolo ;
3. violazione di legge in riferimento all’art. 69 c.p. : la corte di appello ha concesso le
attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alla contestata aggravante , ma non risulta
che sia stata formalmente contestata alcuna aggravante e quindi è inapplicabile il
bilanciamento ex art. 69 c.p. .

documentale sia ricompresa, nei suoi elementi essenziali, in quella della bancarotta fraudolenta
documentale caratterizzata, a differenza dell’altra, sempre dal dolo, e.tlaillestes~ato.41:14.~ eitettdi flior~rierel,o(sez. 5 n17393 del 22/03/2005,Rv.231771).
Nel caso in esame, correttamente la corte di merito ha escluso la violazione del suddetto principio
di correlazione tra fatto oggetto di contestazione (mancato aggiornamento dei libri e delle altre
scritture contabili obbligatorie) e fatto oggetto della sentenza ( tenuta della predetta
documentazione in maniera da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento di
affari della società) , in quanto ha ritenuto , con razionale e insindacabile valutazione fattuale , che il
nucleo fondamentale del secondo era già contenuto nella descrizione del primo.
Alla luce di queste considerazioni, perdono rilievo le ulteriori argomentazioni sul punto contenute
nel primo motivo del ricorso.
E’ manifestamente infondata la censura relativa alla mancata motivazione sulla ritenuta
sussistenza dell’elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta per distrazione , addebitata al
ricorrente . Va rilevato che tale bancarotta ha ad oggetto la somma di denaro indicata nel capo di
imputazione, risultante dai conteggi di quanto riferibile alla cassa sociale , somma che è stata
analiticamente esaminata nelle sue varie articolazioni, dal giudice di appello . La corte di merito
alla luce della ricostruzione dell’originaria presenza di questa somma nella cassa attiva
dell’impresa e della indiscussa funzione apicale del Chiara ,attribuitagli da tutti i testi escussi ha
ritenuto implicitamente e inequivocabilmente dimostrata l’esistenza dell’elemento soggettivo
costituito dal dolo generico, cioè dalla consapevole volontà dell’imputato di dare al patrimonio
sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell’impresa e di compiere atti che cagionavano
o erano idonei a cagionare, danno ai creditori; situazione che secondo l’ insindacabile
accertamento dei giudici di merito, è sicuramente addebitabile al ricorrente, quale amministratore
di fatto.
E’ manifestamente infondata anche la critica al trattamento sanzionatorio e al giudizio di
equivalenza delle attenuanti generiche : tale comparazione è pienamente giustificata dalla
sostanziale ed evidente configurazione dell’aggravante ex art. 219 co. 2 n. 1 L. Fall. , contenuta
nella contestazione di “più fatti” di bancarotta patrimoniale e documentale di cui ai capi di
imputazione.
Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Roma, 16.9. 2014

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