Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5310 del 15/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5310 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NAZIONALE GAETANO N. IL 16/06/1981
avverso l’ordinanza n. 312/2011 TRIBUNALE di TORRE
ANNUNZIATA, del 14/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

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Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 14 maggio 2012, il Tribunale di Torre Annunziata,
quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Nazionale
Gaetano, volta al riconoscimento del vincolo della continuazione, ai sensi dell’art.
671 cod. proc. pen., tra i reati di cui alle sentenze richiamate specificamente in
premessa, avuto riguardo alla mancanza di elementi probativi della loro

2.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il

condannato personalmente, chiedendone l’annullamento sulla base di unico
motivo, con il quale ha censurato, per inosservanza degli artt. 81 cod. pen. e
671 cod. proc. pen. e per manifesta illogicità della motivazione, il diniego del
vincolo della continuazione.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile con tutte le conseguenze di legge.
1.1. La nozione di continuazione, delineata nell’art. 81, comma 2, cod. pen.,
richiede che i fatti siano riferibili a un “medesimo”, dunque originario, disegno
criminoso.
Detta unicità di disegno, necessaria per il riconoscimento della continuazione
in fase di cognizione e in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale
tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita
che implica la reiterazione di determinate condotte criminose. Occorre, invece,
che si abbia una iniziale programmazione e deliberazione di compiere una
pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine
progettati e organizzati, purché siano almeno in linea generale previsti in
funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo al
conseguimento di un unico fine, prefissato e sufficientemente specifico.
Deve, pertanto, escludersi che una tale programmazione possa essere
desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui essi
sono maturati. Né l’inciso “anche in tempi diversi”, contenuto nell’art. 81,
comma 2, cod. pen., consente di escludere rilevanza all’aspetto del tempo di
commissione dei reati, non potendo ritenersi che la vicinanza temporale
costituisca di per sé “indizio necessario” dell’esistenza del medesimo disegno
2

preordinazione secondo un unitario disegno criminoso.

criminoso, né escludersi che la distanza temporale possa costituire in concreto
un limite logico alla possibilità di ravvisare la continuazione per le difficoltà di
programmazione e deliberazione a lunga scadenza dei singoli episodi criminosi.
1.2. Nella specie, il Giudice dell’esecuzione, che ha preso in considerazione i
reati, cui il ricorrente ha riferito la sua richiesta di unificazione, e i dati di fatto
tratti dalle sentenze in atti, ha ragionevolmente ritenuto la non riconducibilità
delle condotte illecite, pur analoghe per tipologia, a un medesimo disegno
criminoso esistente sin dal momento in cui è stato commesso il primo reato,

commissione e il diverso ambito spaziale dei fatti, considerati espressione di
generica attività delinquenziale, elevata a programma di vita.
Le linee argomentative dell’ordinanza, congrue sul piano logico e corrette
in diritto, resistono alle censure formulate dal ricorrente, che si risolvono nella
generica prospettazione di considerazioni attinenti al fondamento dell’istituto
della continuazione e di un diffuso dissenso di merito rispetto

all’iter

argomentativo della decisione, cui oppongono il solo riferimento a una
detenzione intermedia, che, solo affermata, non è comunque da sola
dimostrativa di un preventivo disegno criminoso non destrutturato dalla
restrizione.
2. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto
del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Pre idente

valorizzando la distanza cronologica delle condotte, la diversità delle modalità di

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