Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53099 del 27/10/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 53099 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NASER YOUSEF nato il 25/05/1962 a AMMAN( GIORDANIA)

avverso la sentenza del 30/11/2016 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;

Data Udienza: 27/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 30/11/2016, la Corte di appello di Messina, in parziale
riforma della pronuncia emessa il 31/10/2011 dal Tribunale di Mistretta,
concedeva a Yousef Naser la circostanza attenuante di cui all’art. 648, comma 2,
cod. pen., rideterminando la pena inflitta quanto a tale reato – in continuazione
con la fattispecie di cui all’art. 171-ter, I. 22 aprile 1941, n. 633 – in sei mesi di
reclusione e 400,00 euro di multa; allo stesso era contestato di aver ricettato e

abusivamente riprodotti.
2. Propone ricorso per cassazione il Naser, chiedendo l’annullamento della
pronuncia. La Corte ne avrebbe confermato la responsabilità – quanto al delitto
di ricettazione – pur difettando ogni prova; in particolare, non sarebbe stata
accertata la corrispondenza tra il contenuto dei supporti e quanto indicato nelle

relative copertine, sì da emergere palese il difetto di motivazione del
provvedimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di
legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della
decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo,
restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv.
265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).
In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte,
osserva allora il Collegio che le censure mosse dal ricorrente al provvedimento
impugnato si evidenziano come inammissibili; ed invero, dietro la parvenza di
una violazione di legge o di un vizio motivazionale, lo stesso di fatto tende ad
ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura delle medesime
emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una
valutazione diversa e più favorevole.
Il che, come riportato, non è consentito.
4. La doglianza, inoltre, oblitera che la Corte di appello – pronunciandosi
proprio sulla questione qui riprodotta – ha steso una motivazione del tutto
congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente
illogica; come tale, quindi, non censurabile. In particolare, ha sottolineato che la

detenuto a fine di commercio 36 CD musicali e 12 DVD privi di marchio SIAE ed

responsabilità del ricorrente (anche) quanto al delitto di ricettazione emergeva
dalla pacifica disponibilità – in suo capo – dei supporti contraffatti e detenuti a
fine di commercio (su bancarella di un mercato); come tali, dunque, prodotto di
reato. E senza che risulti – in sede di merito, così come nella presente – che il
Naser avesse anche solo dedotto una circostanza di segno contrario, ossia che la
contraffazione dei supporti stessi fosse stata eseguita da lui, personalmente, e
che, dunque, non avesse acquisito da terzi il possesso dei beni medesimi.
Quel che, pertanto, priva di ogni sostegno il motivo dedotto a fondamento

responsabilità quanto al diverso delitto di cui all’art. 171-ter, I. n. 633 del 1941,
ammessa dallo stesso ricorrente, impedisce di attribuire qualsivoglia rilievo alla
dedotta mancanza di accertamenti quanto al contenuto dei CD/DVD, risultando
evidente il carattere contraffatto dei supporti medesimi.
5. Il gravame, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2017

onsigliere estensore

Il Presidente

del ricorso in punto di ricettazione; e con la precisazione che la pacifica

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