Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53092 del 27/10/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 53092 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:

VETERE SALVATORE AGOSTINO nato il 01/08/1962 a STRONGOLI

avverso la sentenza del 30/01/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;

Data Udienza: 27/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 30/1/2017, la Corte di appello di Milano confermava la
pronuncia emessa il 13/4/2016 dal locale Tribunale, con la quale Salvatore
Agostino Vetere era stato giudicato colpevole del delitto di cui agli artt. 81 cpv.
cod. pen., 10-quater, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, e condannato alla pena di
otto mesi di reclusione; allo stesso, quale amministratore unico della “Europe At
Work soc. coop.”, era contestato di aver utilizzato in compensazione crediti IVA

2. Propone ricorso per cassazione il Vetere, chiedendo l’annullamento della
pronuncia. La Corte di merito non avrebbe motivato quanto all’insussistenza del
debito della cooperativa nei confronti dell’INAIL; la società, anzi, sarebbe
risultata a credito verso lo stesso istituto, e l’imputazione originerebbe soltanto
da un errore formale compiuto dal professionista incaricato dal ricorrente, tale
Sessa. In tal senso, e per l’insussistenza del delitto in rubrica, deporrebbero poi
le emergenze istruttorie, comprese quelle non assunte, a muover dalla
testimonianza del citato Sessa. In forza di quanto precede, infine, difetterebbe il
profilo soggettivo del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di
legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della
decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo,
restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv.
265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).
In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte,
osserva allora il Collegio che le censure mosse dal ricorrente al provvedimento
impugnato si evidenziano come inammissibili; ed invero, dietro la parvenza di
una violazione di legge o di un vizio motivazionale, lo stesso tende
esplicitamente ad ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura delle
medesime emergenze istruttorie (testimoniali e documentali) già esaminate dai
Giudici di merito, sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole.
Il che, come riportato, non è consentito.
4. La doglianza, inoltre, oblitera che la Corte di appello – pronunciandosi
proprio sulla questione qui riprodotta – ha steso una motivazione del tutto

non spettanti o inesistenti per oltre 540.000 euro.

congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente
illogica; come tale, quindi, non censurabile. In particolare, ha sottolineato che la
responsabilità del Vetere quanto alla condotta ascrittagli derivava dalla posizione
apicale ricoperta in seno alla cooperativa, fonte ex se di responsabilità e doveri
di vigilanza e controllo, anche in punto di contabilità e regolare adempimento
degli obblighi fiscali; ancora, la sentenza ha evidenziato che il commercialista
Sessa – indicato dal ricorrente quale vero artefice dell’errore contabile da cui era
scaturita l’imputazione – era stato contattato dal Vetere soltanto in epoca

confermava ulteriormente il diretto interessamento – da parte dell’imputato non solo in ordine ai profili commerciali dell’ente, ma anche quanto a quelli
fiscali, qui in rilievo. Con ogni conseguenza, inoltre, in punto di elemento
soggettivo del delitto.
5. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2017

ansigliere estensore

Il Presidente

successiva al fatto qui addebitato, e che la richiesta di intervento dello stesso

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