Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5308 del 15/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5308 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
URBANO FRANCESCO N. IL 14/01/1975
avverso la sentenza n. 1742/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
13/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

,

Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13 giugno 2012, la Corte d’appello di Lecce ha
confermato la sentenza del 20 maggio 2010 del Tribunale di Brindisi – sezione
distaccata di Mesagne, che aveva dichiarato Urbano Francesco responsabile del
reato di cui all’ad 9, comma 2, legge n. 1423 del 1956 e l’aveva condannato alla
pena di anni uno e mesi otto di reclusione, riconosciuta la recidiva specifica,

ipotesi, cod. pen.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di
unico motivo, con il quale ha denunciato mancanza e/o contraddittorietà e/o
manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e),
cod. proc. pen., per non avere il Giudice di primo grado fatto buon governo della
prova logica e la Corte di merito seguito un coerente iter logico-argomentativo
nel rispondere ai rilievi difensivi e valutare la contestata sussistenza
dell’elemento psicologico del reato.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile.
2. Le deduzioni svolte attinenti alla contestata conferma della responsabilità
penale per il reato ascritto sotto il profilo soggettivo, riproducono, infatti, gli
argomenti che, già dedotti in primo grado, sono stati prospettati nel gravame e
ai quali la Corte d’appello ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in
fatto, per la loro coerenza interna e per la loro logica congruenza alle richiamate
risultanze di fatto, e corrette in diritto, per l’esatta applicazione dei principi in
tema di valutazione probatoria e degli elementi costitutivi del contestato reato.
Il ricorrente tende, invece, a provocare, esprimendo un diffuso dissenso di
merito rispetto alle risposte ricevute e opponendo, in via di contrapposizione
argomentativa, la sua analisi degli elementi probatori, una diversa lettura degli
aspetti attinenti alla ricostruzione dei dati fattuali e all’apprezzamento
dell’elemento soggettivo del reato, ma una tale prospettazione, che si traduce
nel sostanziale riesame nel merito, non è consentita in sede d’indagine di

2

reiterata e infraquinquennale contestata ai sensi dell’art. 99, comma 4, seconda

legittimità, in presenza di un discorso giustificativo della decisione non viziato da
alcun profilo di manifesta illogicità e chiaramente riferito alle emergenze
processuali.
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto
del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,

P.Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, in data 4 5 il A er4to2013

Il Consigliere estensore

Il Pre idente

ritenuta congrua, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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