Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5307 del 16/09/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 5307 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da

ZANDOMENEGHI Angiolino, nato a Verona il 16/09/1958
ZANDOMENEGHI Antonio Rodolfo, nato a San Bonifacio il 07/06/1962

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia del 30 gennaio 2012

visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Gabriele
Mazzotta, che ha chiesto il rigetto dell’istanza di sospensione ed il rigetto del
ricorso; sentito, altresì, l’avv. Maurizio Filiecci, che ha insistito per la sospensione
del procedimento e si è riportato, comunque, ai motivi di ricorso

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 16/09/2014

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Venezia
confermava la sentenza del 19 marzo 2009 con la quale il Tribunale di Verona
aveva dichiarato Angiolino Zandomeneghi, nella qualità di titolare dell’azienda
agricola Canesella, ed Antonio Rodolfo Zandomeneghi, nella qualità di titolare
dell’azienda agricola Chíavichetta, colpevoli del reato di cui all’art. 216, 219 e 223
legge fall., limitatamente alle operazioni relative alle fatture n. 3 del 1999 di
entrambe le aziende, e, concesse le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante

reclusione oltre consequenziali statuizioni; nonché al risarcimento dei danni in
favore della costituita parte civile, liquidati in via definitiva ed equitativa nella
somma di € 290.249,00; assolveva Antonio Zandomeneghi dal reato ascrittogli con
riferimento alla fattura n. 2 del 1999 dell’azienda agricola Chiavichetta perché il
fatto non sussiste.
Avverso l’anzidetta pronuncia gli imputati hanno proposto ricorso per
cassazione, affidato alle ragioni di censura di seguito indicate.
Con il primo motivo si eccepisce la nullità dell’ordinanza dibattimentale del
10 febbraio 2011 per violazione dell’art. 606 lett. c) in relazione agli artt. 157 e 171
lett. d) ed e) del codice di rito per avere rigettato l’eccezione di nullità della
notificazione del decreto di citazione a giudizio per l’udienza del 14 giugno 2010;
con conseguente nullità della sentenza impugnata. Si osserva, al riguardo, che, sin
dalla fase dell’udienza preliminare innanzi al Tribunale di Verona, l’imputato Antonio
Rodolfo Zandomeneghi aveva nominato difensore l’avv. Guglielmo Ascione senza
elezione di domicilio presso il suo studio e, quindi, ai sensi dell’art. 157 comma 1, le
notifiche erano state eseguite presso la sua casa di abitazione, ovvero in Belfiore,
via Monti Lessini n. 6; l’altro imputato Angiolino Zandomeneghi, con successivo atto
di nomina, sempre innanzi al gip di Verona, aveva nominato lo stesso difensore, ma
con elezione di domicilio presso lo stesso in Verona Corso Porta Nuova n. 11; di
talché, le notifiche degli atti relativi al giudizio di primo grado dovevano essere
eseguite presso l’abitazione di Antonio Rodolfo Zandomeneghi e presso l’avv.
Ascione per Angiolino Zandomeneghi. Tale elezione di domicilio non era mutata
dopo la sentenza di primo grado, quando entrambi gli imputati avevano nominato
un nuovo difensore in persona dell’avv. Alice Pucci del foro di Pistoia. Orbene,
l’eccezione sollevata dall’avv. Perotti, quale ultimo difensore fiduciario nel giudizio
innanzi alla Corte d’appello di Venezia, censurava la notifica del decreto di citazione
che, dopo essere stata tentata presso l’avv. Ascione (deceduto), era stata
direttamente eseguita “per saltum” il 6 maggio 2010, ai sensi dell’art. 161, comma
4, presso l’allora difensore avv. Alice Pucci (peraltro poi rinunciatario) senza tener
conto della disposizione di cui all’art. 157, comma 1, avuto particolare riguardo
all’opposizione di Antonio Rodolfo Zandomeneghi, che non aveva mai eletto
domicilio presso il deceduto avvocato Guglielmo Ascione. Erroneament,e il giudice
2

della pluralità di fatti in contestazione, li aveva condannati alla pena di anni tre di

di appello aveva ritenuto che la sopravvenuta morte del domiciliatario rientrasse nei
casi di impossibilità di utilizzare il relativo domicilio per le notifiche, con la
conseguenza che diveniva corretta la notifica del ricorso ai sensi dell’art. 161
comma quarto; che la notifica presso il nuovo difensore fiduciario era giustificata
anche ai sensi dell’art. 157 comma bis del codice di rito. In ogni caso, aveva
inequivocabilmente errato laddove aveva ritenuto che Antonio Rodolfo
Zandonneneghi avesse eletto domicilio presso il domicilio dell’avvocato deceduto,

quel luogo ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen.. La norma di cui all’art. 157 era
impropriamente richiamata in quanto l’atto di nomina dell’avv. Ascione, poi
deceduto, risaliva al 2004 e, quindi, era precedente all’introduzione del comma 8
bis, donde l’inapplicabilità al caso di specie.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 606 lett. c) ed e) in
relazione agli artt. 419, comma 3, 495 comma 4 bis comma del codice di rito
nonché in relazione all’arti. 6 n. 3 lett. b) della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo e dell’art. 111 comma 3 Cost.; difetto di motivazione in ordine al primo
motivo di appello in ordine alla violazione del diritto di difesa.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 603, commi 2 e 3, laddove
non era stata accolta la richiesta di perizia contabile, con motivazione
contraddittoria al riguardo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In limine, va delibata l’istanza di sospensione del presente giudizio in attesa
della pronunzia sul ricorso per cassazione degli stessi imputati avverso la sentenza
civile di rigetto dell’opposizione da loro proposta avverso la declaratoria di
fallimento.
Ed infatti, secondo indiscusso insegnamento giurisprudenziale di legittimità, è ben
vero che, in tema di reati fallimentari, il giudice penale può disporre la sospensione
del dibattimento, a norma dell’art. 479 cod. proc. peri., qualora sia in corso il
procedimento civile per l’accertamento dello “status” di fallito (cfr. Sez. U n.19601
del 28/02/2008, Rv. 239399); ma è pur vero che l’esercizio di tale potere
discrezionale é subordinato alla valutazione della serietà della questione sollevata,
essendo ineludibile postulato della reclamata sospensione la complessità del
giudizio instaurato in sede civile o amministrativa (Sez. 5, n. 8607 del 16/12/2011
dep. 2012, Rv. 251950), anche in ragione del carattere eccezionale della stessa
sospensione (Sez. 5, n. 14972 del 24/03/2005, Rv. 231326).
Orbene, nel caso di specie, al di là dell’ordinaria opinabilità delle tesi di
diritto, non pare che la questione agitata, tanto più alla luce della pronunzia di
rigetto di primo grado (cui ha fatto seguito la declaratoria di inammissibilità in

3

con la conseguenza che nessuna notifica poteva essere validamente eseguita in

appello), rechi tratti di complessità tale da giustificare la sospensione del presente
giudizio, salva restando la facoltà degli imputati, una volta che sia intervenuta
sentenza definitiva di condanna, di chiederne la revisione ai sensi dell’art. 630,
comma primo, lett. b) cod.proc.pen. (Sez. U n. 1960172008 cit.).

2. Venendo ora all’oggetto delle censure, va colta, senz’altro, l’infondatezza
della doglianza relativa alla ritualità della notifica del decreto di citazione in appello,

la quale 2a#detta eccezione era stata rigettIl convincimento del giudice di appello
in ordine alla ritualità della notifica si pone, peraltro, in sintonia con consolidato
insegnamento giurisprudenziale di legittimità, secondo cui in tema di notificazioni,
qualora l’imputato abbia eletto domicilio presso lo studio del difensore,
successivamente deceduto, all’imputato incombe l’obbligo di comunicare la morte
del domiciliatario, con la conseguenza che, mancando tale comunicazione ed
essendo divenuta impossibile la notificazione presso il domicilio non revocato, è
legittima la notificazione effettuata mediante consegna dell’atto al secondo
difensore di fiducia, rivestendo, tuttavia, in tal caso, il professionista non già la
veste di domiciliatario bensì quella di semplice consegnatario (cos’, tra le altre,Sez.
4, n. 34377 del 13/07/2011, Rv. 251114).
Del pari ineccepibile é il rilievo di ritualità della notifica poi effettuata ai sensi
dell’art. 157, comma 8 bis, del codice di rito presso il difensore di fiducia, che non
risulta abbia rifiutato la notificazione. È appena il caso di sottolineare quanto sia
priva di pregio l’obiezione difensiva in ordine alla pretesa inapplicabilità
dell’anzidetta disposizione, stante l’anteriorità dell’atto di nomina presso il
precedente difensore deceduto, rispetto all’entrata in vigore della stessa,
trattandosi, in tutta evidenza, di norma processuale, come tale di immediata
applicazione.
Priva di fondamento é, poi, la censura relativa alla pretesa violazione dei diritti
di difesa, alla stregua delle argomentazioni addotte al riguardo dal giudice di
appello, che non ha mancato di segnalare come, in pieno accoglimento delle istanze
difensive, fosse stata disposta rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello
ai fini dell’escussione dei testi addotti, le cui dichiarazioni sono state raccolte alle
udienze specificamente indicate e, poi, adeguatamente apprezzate.
Infine, i ricorrenti non hanno motivo di dolersi della mancata ammissione della
richiesta perizia contabile, a fronte di idonea giustificazione resa dalla Corte
distrettuale in ordine alle ragioni per le quali il proposto incombente istruttorio non
è stato ritenuto necessario ai fini della decisione, stante la completezza del
materiale istruttorio. È ben noto, del resto, che la perizia é mezzo di prova neutro
sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso al prudente apprezzamento del

4

essendo ineccepibili le ragioni addotte a sostegno dell’ordinanza dibattimentale con

giudice, sicché non può, per definizione, avere carattere di decisività (cfr., tra le
altre, Sez 4, 221.2007, n. 14130, Rv.236191).

3. Per quanto precede, i ricorsi – globalmente considerati – devono essere
rigettati, con le consequenziali statuizioni dettate in dispositivo.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, singolarmente, al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso il 16/09/2014

P.Q.M.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA