Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53068 del 27/10/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 53068 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI PASQUALE ERCOLE nato il 06/10/1946 a MOSCIANO SANT’ANGELO

avverso la sentenza del 20/04/2017 del GIP TRIBUNALE di TERAMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;

Data Udienza: 27/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20/4/2017, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Teramo dichiarava Ercole Di Pasquale colpevole della
contravvenzione di cui all’art. 29, comma 1, in relazione all’art. 55, comma 1,
lett. a), d. Igs. n. 81 del 2008, e lo condannava alla pena di 1.200,00 euro di
ammenda.
2. Propone appello il Di Pasquale, chiedendo l’assoluzione perché il fatto non

riduzione della pena. La penale responsabilità sarebbe stata dichiarata pur a
fronte dell’avvenuto pagamento della sanzione amministrativa, avvenuto con un
solo giorno di ritardo (trentunesimo dalla notifica della nota) rispetto al richiesto;
quel che, all’evidenza, sarebbe da addebitare all’età anziana del ricorrente ed
alla sua scarsa dimestichezza con i termini processuali (un mese anziché 30
giorni), sì da potersi configurare un errore sulla legge penale del tutto scusabile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen.,
sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola
pena dell’ammenda, come nel caso di specie; ne consegue che – in questa sede
– deve verificarsi l’effettiva possibilità di convertire l’atto di appello in ricorso per
cassazione, analizzando il concreto contenuto dello stesso e la natura delle
doglianze ivi sollevate. Al riguardo, infatti, deve confermarsi il costante indirizzo
di legittimità in forza del quale, in tema di conversione dell’impugnazione ai sensi
dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., l’appello erroneamente proposto avverso
la sentenza di condanna a pena pecuniaria non si converte automaticamente in
ricorso per cassazione, stante la necessità di avere riguardo – al di là
dell’apparente nomen iuris

alle reali intenzioni dell’impugnante ed all’effettivo

contenuto dell’atto di gravame, con la conseguenza che ove dall’esame di tale
atto si tragga la conclusione che l’impugnante abbia effettivamente voluto ed
esattamente denominato il mezzo di impugnazione non consentito dalla legge,
l’appello deve essere dichiarato inammissibile (Sez. U, n. 16 del 26/11/1997, n.
Nexhi, Rv. 209336; Sez. 2, n. 47051 del 25/9/2013, Ercolano, Rv. 257481; Sez.
5, n. 35442 del 3/7/2009, Mazzola, Rv. 245150).
4.

Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che tale conversione sia

inammissibile nel caso di specie, atteso che l’appello proposto contiene
esclusivamente censure in fatto, legate alla sussistenza della condotta di reato
ed all’assenza – in capo al Di Pasquale – del necessario elemento soggettivo;

sussiste o perché non è previsto dalla legge come reato; in via graduata, la

censure, peraltro, fondate su elementi tanto suggestivi quanto ipotetici, legati
all’età del ricorrente ed alla possibilità che lo stesso si fosse sbagliato nel
computare i giorni per il pagamento. La medesima doglianza, inoltre, oblitera del
tutto la motivazione di cui alla sentenza impugnata, con la quale sì è evidenziato
– circostanza pacifica – che l’imputato aveva effettuato il pagamento in esame
senza il rispetto del termine di 30 giorni di cui all’art. 21, comma 2, d. Igs. 19
dicembre 1994, n. 758; termine perentorio, come da costante e condivisa
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. 3, n. 7773 del 5/12/2013,

5. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale
e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la
parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del
procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa
delle ammende, equitativamente fissata in euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2017

nsigliere estensore

Il Presidente

Bongiovanni, Rv. 258852; Sez. 3, n. 11265 dell’11/2/2000, Freda, Rv. 246460).

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA