Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53059 del 27/10/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 53059 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CITATI GIUSEPPE nato il 28/08/1944 a GANGI

avverso la sentenza del 17/01/2017 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;

Data Udienza: 27/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17/1/2017, la Corte di appello di Caltanissetta, in
parziale riforma della pronuncia emessa il 14/11/2013 dal Tribunale di Enna,
dichiarava non doversi procedere nei confronti di Giuseppe Citati in ordine alla
condotta ascrittagli, limitatamente alla dichiarazione di imposta 2007, per esser
il reato estinto per prescrizione, e rideterminava la pena quanto alle analoghe
condotte successivamente contestate in un anno e sette mesi di reclusione; allo

essersi avvalso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nelle
dichiarazioni 2008 e 2009, al fine di evadere VIVA.
2. Propone ricorso per cassazione il Citati, chiedendo l’annullamento della
pronuncia. La Corte di appello avrebbe confermato la condanna senza tener
conto degli esiti del giudizio innanzi alla competente commissione tributaria,
nonché basandosi esclusivamente su accertamenti compiuti sulla società
emittente le fatture, la “Boomerang s.r.l.”; la “Nissena”, inoltre, avrebbe sempre
tenuto regolare contabilità, annotando nei registri IVA le fatture (comprese
quelle dalla citata emittente) e versando l’imposta dovuta. Quel che la sentenza
non avrebbe considerato, sì da pervenire ad una sentenza contraria al principio
dell’al di là di ogni ragionevole dubbio”. Da ultimo, si contesta l’omessa
motivazione quanto al trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso risulta manifestamente infondato.
3. Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di
legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della
decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo,
restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv.
265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247). Si
richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte in forza del quale
l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e),
cod. proc. pen., è soltanto quella evidente, cioè di spessore tale da risultare
percepibile

ictu ocu/i;

ciò in quanto l’indagine di legittimità sul discorso

giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del

stesso, quale legale rappresentante della “Nissena carni s.n.c.”, era contestato di

legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo (Sez.
U., n. 47289 del 24/9/2003, Petrella, Rv. 226074).
In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte,
osserva allora il Collegio che le censure mosse dal ricorrente al provvedimento
impugnato si evidenziano come inammissibili; ed invero, dietro la parvenza di
una violazione di legge o di un vizio motivazionale, lo stesso di fatto tende ad
ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura delle medesime
emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una

Il che, come riportato, non è consentito.
4. La doglianza, inoltre, oblitera che la Corte di appello – pronunciandosi
proprio sulla questione qui riprodotta – ha steso una motivazione del tutto
congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente
illogica; come tale, quindi, non censurabile. In particolare, ha sottolineato che la
Boomerang – emittente delle fatture in oggetto – era risultata una mera
“cartiera”, priva di sede e strutture, che non aveva mai effettuato alcun
versamento di imposta; la merce oggetto dei documenti, dunque, era transitata
direttamente dalla venditrice estera alla “Nissena”, emergendo pertanto
l’intermediazione dell’inesistente “Boomerang” come giustificabile solo con il fine
di detrarre l’IVA (poi non versata dall’emittente) e poter praticare prezzi e
condizioni particolarmente competitive. In linea, quindi, con il frequente
meccanismo delle cd. frodi carosello; e con responsabilità accertata al di là di
ogni ragionevole dubbio. E senza che abbia alcun rilievo, al riguardo, il generico
richiamo ad una controversia tributaria, che il ricorrente non documenta e della
quale si sconosce l’esito.
5. Con riferimento, poi, al trattamento sanzionatorio, la sentenza ha
espressamente preso le mosse dal minimo edittale (un anno e sei mesi di
reclusione), operando su questo un modesto aumento (un mese) per la
continuazione interna con l’altra condotta ex art. 2, d. Igs. n. 74 del 2000; quel
che, per costante e condiviso indirizzo, giustifica una motivazione sintetica sul
punto, con implicito giudizio di congruità.
6. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 2.000,00.

2

valutazione diversa e più favorevole.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2017

sigliere estensore

Il Presidente

Il

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