Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53042 del 27/10/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 53042 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CACCIA GIUSEPPE nato il 24/10/1947

avverso la sentenza del 06/02/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;

Data Udienza: 27/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 6/2/2017, la Corte di appello di Milano, in parziale
riforma della pronuncia emessa il 17/5/2016 dal Giudice per le indagini
preliminari del locale Tribunale, rideterminava la pena da infliggere a Giuseppe
Caccia quanto alle condotte di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 216-223 I.f., 5, 8,
d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, in tre anni e nove mesi di reclusione, così calcolata
previo riconoscimento del vincolo della continuazione tra le stesse e quelle già

12/11/2014 (irr. 3/12/2014).
2. Propone ricorso per cassazione il Caccia, chiedendo l’annullamento della
pronuncia; la Corte di merito non avrebbe motivato gli aumenti di pena a titolo
di continuazione, come invece necessario anche alla luce della differente
valutazione in tal senso operata dal Collegio rispetto al primo Giudice (che,
nell’effettuare il medesimo calcolo, aveva però individuato come più grave il
delitto di cui al capo a qui contestato).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso risulta manifestamente infondato.
3. Al riguardo, infatti, occorre qui ribadire il costante e condiviso indirizzo in
forza del quale, in tema di determinazione della pena nel reato continuato, non
sussiste obbligo di specifica motivazione per gli aumenti relativi ai reati satellite,
essendo sufficienti a questi fini le ragioni a sostegno della quantificazione della
pena-base (tra le molte, Sez. 4, n. 23074 del 22/11/2016, Paternoster, Rv.
270197; Sez. 2, n. 50987 del 6/10/2016, Aquila, Rv. 268731; Sez. 2, n. 34662
del 7/7/2016, Felughi, Rv. 267721); la quale, peraltro, era stata applicata al
Caccia ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. (nel citato procedimento innanzi al
Tribunale di Piacenza), sì da evidenziarsi ex se un criterio di congruità, per esser
stata individuata dall’imputato su accordo con il pubblico ministero.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 2.000,00.

giudicate con la sentenza emessa dal Gup del Tribunale di Piacenza a data

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2017

Il Presidente

igliere estensore

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