Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53030 del 07/11/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 53030 Anno 2017
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: VIGNA MARIA SABINA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
SMAKAJ LEONARD, nato il 29/10/1979 in Albania
avverso la ordinanza del 29/05/2017 del Tribunale di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Maria Sabina Vigna;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Simone Perelli, che ha
concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;

preso atto dell’assenza dei difensori.

Data Udienza: 07/11/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 29 maggio 2017 il Tribunale di Milano, in funzione di tribunale del
riesame, ha rigettato l’appello proposto da Smakaj Leonard avverso l’ordinanza emessa dalla
Corte d’appello di Milano il 24/04/2017, reiettiva dell’istanza di concessione degli arresti
domiciliari presso la comunità terapeutica «Fontane», osservando che:

1.1 Smakaj si trova sottoposto dal 1/10/2014 alla misura della custodia cautelare in
carcere per i delitti di cui agli artt. 74 e 73-80 T.U. Stup., essendo stato al vertice in Italia, fino

narcotrafficanti, di etnia albanese e con base organizzativa ad Amsterdam, dedita
all’importazione, acquisto e successiva commercializzazione e distribuzione di ingenti
quantitativi di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina e marijuana.
Smakaj, in accordo con i vertici dell’organizzazione, si recava in Olanda per trattare
l’acquisto di decine di chilogrammi di cocaina e organizzava i viaggi dei corrieri. Il predetto era
arrestato il 28 novembre 2011 per avere detenuto 530,8 kg. di marijuana e, in relazione a tale
episodio, per il quale è intervenuta sentenza irrevocabile di condanna alla pena di anni cinque
mesi otto di reclusione ed euro 35.000 di multa, era sottoposto alla misura della custodia
cautelare in carcere, poi sostituita con quella degli arresti domiciliari in data 9/07/2014.
Il 1/10/2014 Smakaj era, quindi, nuovamente arrestato in esecuzione dell’ordinanza di
custodia cautelare in carcere di cui al presente procedimento ed era condannato dal GUP di
Milano alla pena di anni 16 e mesi 2 di reclusione, poi ridotta in appello, in ragione della
concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni 12 di reclusione,
riconosciuta la continuazione con il reato per il quale era stato arrestato il 28 novembre 2011.

1.2. Precedenti istanze formulate da Smakaj in data 26/11/2014 e in data 1/12/2016 ai
sensi dell’articolo 89 T.U. Stup. sono state respinte dal Tribunale del riesame in ragione del
fatto che la contestazione di cui all’articolo 74 del predetto testo unico è ostativa alla
concessione degli arresti donniciliari in comunità terapeutica ai sensi del suindicato articolo.

1.3. Se l’istanza che ha dato origine al procedimento di appello deve essere intesa come
richiesta di sostituzione della misura in corso con quella degli arresti domiciliari presso la
comunità residenziale terapeutica « Fontane» ex art. 89 T.U. Stup. – atteso il tenore della
stessa, incentrata sull’opportunità dell’effettuazione del percorso di disintossicazione, e vista la
documentazione allegata dalla difesa proveniente dal Ser.T. di Padova, dalla ASST di Pavia e
dalla comunità terapeutica – l’appello è inammissibile trattandosi della stessa istanza già
presentata e rigettata dal Tribunale.

1.4. Se, invece, l’istanza della difesa deve essere intesa come richiesta di modifica della
misura in corso basata sul presupposto dell’affievolimento del quadro cautelare in ragione degli

al momento del suo arresto avvenuto il 28 novembre 2011, di una vasta organizzazione di

elementi di novità costituiti in primis dalla riduzione della pena all’esito della sentenza di
secondo grado, la stessa è infondata, non risultando in atti elementi diversi o di novità idonei
da fondare una differente valutazione cautelare.

1.5. I fatti contestati dell’imputato sono di assoluta gravità e lo stesso risulta avere
riportato condanne per i reati di simulazione, riciclaggio, soppressione di atti veri, falsità
materiale, falsità ideologica ed associazione per delinquere. Tali precedenti, pur non essendo
specifici, sono dimostrativi di una personalità indifferente al rispetto delle regole. L’imputato

‘comprovate lecite e stabili fonte di reddito.

1.6. La concessione degli arresti domiciliari nel procedimento innanzi all’autorità giudiziaria
di Varese è irrilevante, atteso che il calibro della capacità delinquenziale imputato è emerso
solo nel presente procedimento.

1.7. Le esigenze specialpreventive non appaiono fronteggiabili con la misura degli arresti
domiciliari in considerazione della pericolosità imputato, dalla quale discende un giudizio
negativo circa la sua affidabilità.

2. Avverso la predetta ordinanza ha presentato ricorso l’ imputato, a mezzo dei difensori
di fiducia Avv.to Fabrizio Cardinali e Avv.to Ivano Chiesa, i quali ne hanno chiesto
l’annullamento, lamentando, con un unico motivo, la violazione dell’articolo 606, comma 1 lett.
b) cod. proc. pen. in relazione agli articoli 274 comma 1 lett. b) e c), 275 e 275 bis cod. proc.
pen. e la contestuale violazione dell’articolo 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

2.1. Quanto all’erronea applicazione della legge penale, difetta la valutazione delle
esigenze cautelari sotto il profilo della loro attualità, così come interpretata dalla
giurisprudenza di legittimità a seguito dell’introduzione di tare ulteriore requisito con la legge
n. 47/2015. Smakaj è stato condannato dalla Corte d’appello di Milano per fatti anteriori al 28
novembre 2011, data del suo arresto in altro procedimento connesso a partire dalla quale il
predetto è sempre stato sottoposto a misura custodiale.
La più grave fattispecie associativa di cui al capo 1) di imputazione avente ha ad oggetto
un sodalizio criminoso ormai completamente smantellato nel maggio 2011 con l’arresto del
capo Mejdani Aleks. Prima ancora, però, l’imputato aveva interrotto ogni contatto con il gruppo
olandese da marzo 2010.
Il Tribunale del riesame di Milano fonda il giudizio sulla pericolosità dell’imputato sulla
scorta dei suoi precedenti, i quali non appaiono di particolare gravità.

non ha mai mostrato la volontà di distaccarsi dal contesto criminale e non risulta avere

Il Tribunale ha erroneamente ritenuto ininfluente la documentazione prodotta in merito
allo stato di tossicodipendenza di Smakaj; inoltre la volontà dello stesso di porre fine alla
propria dipendenza da sostanze è sicuro indice di rivisitazione critica.

2.2. Un ulteriore profilo di violazione di legge e contestuale illogicità è ravvisabile nelle
generiche considerazioni della Tribunale sulla inadeguatezza del c.d. braccialetto elettronico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

motivazione, essendo le conclusioni assunte del tutto congrue e prive di illogicità manifesta. Il
ricorso è, pertanto, infondato e deve essere rigettato.

1.1 Come correttamente sostenuto dal Tribunale del riesame, se l’istanza dell’imputato
di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti
domiciliari deve intendersi formulata ai sensi dell’art. 89 T.U. Stup., la stessa è inammissibile.
La citata disposizione prevede, come noto, qualora ricorrano i presupposti per applicare la
misura della custodia in carcere e non sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza,
l’applicazione degli arresti domiciliari nei confronti di soggetto che voglia intraprendere o abbia
in corso un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici di assistenza o
nell’ambito di struttura privata autorizzata.
Siffatta previsione generale è però derogata da quanto previsto al comma 4, il quale
esclude l’applicazione dei commi 1 e 2 quando si procede per uno dei delitti previsti dall’art. 4

bis ord. pen., a meno che non si tratti dei delitti di rapina ed estorsione e non ricorrano
elementi di collegamento con la criminalità organizzata o eversiva.
La fattispecie di cui all’art. 74 T.U. Stup. è compresa nell’elencazione dell’art. 4 bis ord.
pen., per cui il regime cautelare più favorevole non può essere applicato, nonostante
l’imputato presenti dipendenza patologica ed abbia la possibilità di intraprendere un
programma di riabilitazione.

1.2. Il Tribunale del Riesame di Milano ha correttamente preso in esame anche
l’eventualità – prospettata solo oralmente dai difensori nel corso dell’udienza ex art. 310 cod.
proc. pen. – che l’istanza dell’imputato di sostituzione della misura della custodia cautelare in
carcere con quella degli arresti domiciliari sia stata formulata ai sensi dell’art. 299 cod. proc.
pen.. In ragione di ciò ha preliminarmente valutato la attuale sussistenza delle esigenze
cautelari ed ha motivato in maniera congrua ed esaustiva in ordine alla assenza in atti di
elementi diversi o di novità idonei da fondare una differente valutazione cautelare, a fronte
della presunzione relativa di adeguatezza di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen..
Il Tribunale ha condivisimilmente ritenuto che l’avere già scontato un lungo periodo di
detenzione e l’avere intrapreso, nel breve periodo di tempo di sottoposizione agli arresti

(11j

1. Nella valutazione del Tribunale non si riscontra alcuna violazione di legge o vizio di

domiciliari per il reato connesso, un programma di disintossicazione dalle sostanze
stupefacenti, non costituiscono, in assenza di un aliquid novi, un serio ed unico sintomo di un
mutamento dello stile di vita dell’interessato. Né l’elemento di novità in ordine
all’affievolimento delle esigenze cautelari può ravvisarsi nella concessione nel giudizio di
appello relativo al presente procedimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di
prevalenza sulle aggravanti e sulla recidiva; ciò in considerazione del fatto che il
‘riconoscimento delle stesse viene motivato unicamente sulla base della necessità «di adeguare
la pena al fatto e potere così applicare in modo più equo un trattamento sanzionatorio

2. Quanto al lamentato difetto di valutazione delle esigenze cautelari sotto il profilo
della loro attualità, osserva il Collegio che il «tempo trascorso dalla commissione del reato»
deve essere oggetto di valutazione – a norma dell’art. 292, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. da parte del giudice che pronuncia l’ordinanza di custodia cautelare; analoga valutazione non è
richiesta nel momento successivo in cui si discute, ex art. 299 cod. proc. pen., di revoca o di
sostituzione della misura.
Va ribadito che il «fatto nuovo» rilevante ai fini della revoca ovvero della sostituzione
della misura coercitiva con altra meno grave, deve essere costituito da elementi di sicura
valenza sintomatica in ordine al mutamento delle esigenze cautelari apprezzate all’inizio del
trattamento cautelare con riferimento al singolo indagato (Sez. 2, Sentenza n. 39785 del
26/09/2007 Rv. 238763; Sez. 5, Ordinanza n. 16425 del 02/02/2010 Rv. 246868).
Correttamente, quindi, è stato valutato ininfluente il mero decorso del tempo, posto
che la partecipazione dell’imputato con ruolo apicale fino al 2011 aveva già formato oggetto di
valutazione al momento dell’emissione dell’ordinanza cautelare nel 2014. Tale dato deve
essere coordinato, come già detto, con la valutazione relativa alla persistenza delle esigenze
cautelari sopra evidenziate (cfr. SU 31.3.2011 n. 16085).
Sul punto il Tribunale ha, inoltre, puntualmente sottolineato la assoluta gravità del fatto
ed ha tenuto conto della pena elevata (anni 12 di reclusione) inflitta a Smakaj e del ruolo di
organizzatore e promotore rivestito dallo stesso, il quale, oltre ad essere al vertice
dell’organizzazione, ha curato importazione di quantitativi elevatissimi di droga (decine di chili
di cocaina e marijuana).
Il pericolo di reiterazione è stato, quindi, desunto con motivazione immune da vizi logici
dalla serialità e professionalità della condotta.
Le giustificazioni addotte in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari
tutelabili solo con il mantenimento della custodia carceraria danno conto, per implicito, del
convincimento della inidoneità di ogni altra misura meno affittiva, ivi compresi gli arresti
‘domiciliari con braccialetto elettronico.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

normativamente già severo» .

Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. Att. c.p.p..

Così deciso il 7 novembre 2017.

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