Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53013 del 11/10/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 53013 Anno 2017
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: D’ARCANGELO FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da

Di Bella Placido Alcide, nato a Lipari il 18/07/1943, parte offesa nel procedimento
contro

Buongiovanni Elisa, nata il 15/06/1982 a Prato
Buono Rosanna, nata il 17/01/1960 a Pistoia
Buono Ferdinando, nato il 29/04/1967 a Benevento

avverso la ordinanza del 04/07/2016 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Prato

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D’Arcangelo;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 11/10/2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’avv. Francesco Mandarano, difensore della persona offesa Placido Di
Bella, ricorre per cassazione avverso la ordinanza con il quale il Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Prato ha archiviato in data 4 luglio 2016 il
procedimento nei confronti di Rosanna Buono, Ferdinando Buono ed Elisa
Buongiovanni per il delitto di cui all’art. 368 cod. pen., deducendo, con unico
motivo, la violazione di legge ed “il travisamento dei fatti” per illegittima

2. Secondo il ricorrente, infatti, le frasi con le quali il Giudice per le indagini
preliminari aveva ritenuto irrilevanti i temi di investigazione suppletiva richiesta
risultavano, anche giuridicamente, incomprensibili.
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto il motivo nello
stesso dedotto si rivela aspecifico, prima ancora che manifestamente infondato.

4. Il ricorso è, infatti, generico, in quanto si limita ad una critica, quasi
esclusivamente di ordine lessicale avverso la motivazione del provvedimento
impugnato, senza svolgere alcuna reale censura avverso la stessa ed indicare il
fondamento della violazione di legge dedotta.
5. La mancanza di specificità del motivo, del resto, dev’essere apprezzata
non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione ed, in entrambi i conduce, ai sensi
dell’art. 591 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), all’inammissibilità della stessa
(Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 4, n. 256 del
18/09/1997, Ahmetovic, Rv. 210157; Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000, Barone,
Rv. 216473; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n.
34270 del 03/07/2007, Scicchitano).
6. Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità,
dal quale non vi è ragione di discostarsi, l’archiviazione può essere pronunciata

de plano, in presenza di opposizione della persona offesa alla richiesta, ove
ricorrano due condizioni, delle quali si deve dare atto con adeguata motivazione,
e cioè l’inammissibilità dell’opposizione, per l’omessa indicazione dell’oggetto
dell’investigazione suppletiva, e l’infondatezza della notizia di reato (Sez. 4, n.
167 del 24/11/2010, Ortu, Rv. 249236).

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dichiarazione di inammissibilità della opposizione proposta.

7. Il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, peraltro,
equipara la omessa indicazione dell’oggetto della investigazione suppletiva alla
indicazione di indagini che si appalesino non pertinenti o irrilevanti sotto il profilo
della idoneità a porre in discussione il presupposto della richiesta di archiviazione
e l’infondatezza della notizia di reato (Sez. 4, n. 23624 del 01/04/2004,
Bonaventura, Rv. 228928).

8. Nell’archiviare

de plano

nonostante l’opposizione

proposta dal

denunciante, ai sensi dell’art. 410, comrna 2, cod. proc. pen., pertanto, il giudice

infondatezza della notizia di reato sia all’inammissibilità dell’opposizione, che può
essere dichiarata per omessa indicazione dell’oggetto delle investigazioni
suppletive o dei relativi elementi di prova, ovvero per difetto di pertinenza o di
rilevanza degli elementi indicati, in quanto inidonei ad incidere sulle risultanze
delle indagini preliminari; ove difettino tali condizioni, l’archiviazione

de plano

determina una violazione del contraddittorio censurabile con ricorso per
cassazione (ex plurimis: Sez. 6, n. 53433 del 06/11/2014, Ignoti, Rv. 262079;
Sez. 5, n. 16506 del 21/04/2006, Rv. 234453).

9. Declinando tali consolidati principi nel caso di specie deve rilevarsi che il
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Prato ha motivato in
conformità alla disciplina processuale la ritenuta inammissibilità delle indagini
suppletive richieste dalla parte opponente.

10. Il Giudice per le indagini preliminari ha, infatti, congruamente rilevato la
irrilevanza delle indagini suppletive indicate dall’opponente, atteso che le
circostanze sulle quali erano stati richiesti approfondimenti istruttori non erano
controverse; gli stessi, infatti, secondo la prospettazione dell’opponente, si
sarebbero risolti nell’escutere il denunciante e le persone sottoposte ad indagini
sul contenuto delle querele dalle quali era scaturito il procedimento penale a
carico della persona offesa per il delitto di calunnia.

11. Il Giudice per le indagini preliminari ha, pertanto, stigmatizzato la
genericità dei temi di indagini integrativa proposti in quanto le escussioni
testimoniali avrebbero avuto ad oggetto il contenuto delle querele e, pertanto,
avrebbero assunto una valenza rnerannente reiterativa di quanto già consacrato
negli atti acquisiti.
12. Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità,
dal quale non vi è ragione per discostarsi, il giudizio di inammissibilità

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delle indagini preliminari deve motivare specificamente in ordine sia alla

dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione può attenere
soltanto alla pertinenza e specificità degli atti di indagine richiesti e non anche, in
chiave prognostica, alla fondatezza degli stessi (ex plurimis: Sez. 5, n. 13400 del
12/01/2016, Rampani, Rv. 266664; Sez. 2, n. 43113 del 19/09/2013, Iacovone,
Rv. 257236).

13. L’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico
ministero può, tuttavia, ritenersi idonea a legittimare l’intervento della persona
offesa dal reato nel procedimento (e, quindi, ad instaurare il contraddittorio nel

specificità previsti tassativamente dall’art. 410 c.p.p., comma 1, consistenti
nell’indicazione dell’oggetto delle indagini suppletive e dei relativi elementi di
prova che devono caratterizzarsi per la pertinenza (cioè la inerenza rispetto alla
notizia di reato) e la rilevanza (cioè l’incidenza concreta sulle risultanze
dell’attività compiuta nel corso delle indagini preliminari) (Sez. U, n. 2 del
14/02/1996, Testa ed altri, Rv. 204133).
14. In tale prospettiva interpretativa è, pertanto, legittima la declaratoria di
inammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione
qualora le investigazioni prospettate dall’opponente non siano in grado di
apportare elementi ulteriori rispetto a quelli già acquisiti (Sez. 4, n. 17181 del
10/04/2015, Martellaro, Rv. 263445, fattispecie relativa a procedimento per i
reati di omissione di atti d’ufficio e omicidio colposo in cui era stata richiesta
l’escussione di medici e infermieri relativamente a circostanze chiarite dalla
cartella clinica del paziente).
15. Al fine di valutare l’ammissibilità dell’opposizione della persona offesa
alla richiesta di archiviazione, il giudice, infatti, pur non potendo effettuare una
valutazione prognostica dell’esito della investigazione suppletiva e delle relative
fonti di prova indicate dalla parte offesa, conserva tuttavia il potere-dovere di
escludere le richieste investigative che appaiano, con immediata evidenza,
superflue o comunque inidonee a determinare modificazioni sostanziali del
quadro probatorio (Sez. 3, n. 16551 del 03/11/2016, Criscuolo, Rv. 269693, in
motivazione, la S.C. ha osservato che l’onere di indicazione posto a carico della
persona offesa dall’art. 410, comma primo, cod. proc. pen., è funzionale a
consentire al giudicante di sfrondare il procedimento da richieste non serie o
merannente esplorative, che sottoporrebbero l’indagato ad un’inutile aggravio
della propria posizione processuale).

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previsto rito camerale), in quanto contenga quegli elementi di concretezza e di

16. Nel caso di specie, pertanto, il giudizio di superfluità delle investigazioni
integrative dedotte in opposizione non si è concretizzato in una valutazione
prognostica di subvalenza dell’attitudine probatoria delle escussioni testimoniali
richieste rispetto al compendio probatorio già disponibile, ma esclusivamente
nella constatazione che le stesse – per come prospettate dall’opponente – non
risultavano suscettibili di apportare ulteriori informazioni, in quanto avrebbero
dovuto avere ad oggetto le medesime circostanze già documentate nelle querele.
17. Il ricorrente non ha, peraltro, neppure indicato per quale per quale

civile abitazione sito in Calenzano (FI), di proprietà del Notaio Di Bella” fosse
indispensabile per ricostruire la vicenda oggetto di indagine e, pertanto, tale
doglianza si rivela inammissibile in quanto aspecifica.
18. Parimenti il Giudice per le indagini preliminari ha, non certo
incongruamente, rilevato che la calunnia denunciata dal Di Bella era infondata in
quanto l’opponente era stato già rinviato a giudizio proprio per aver calunniato
Rosanna Buono, Ferdinando Buono ed Elisa Buongiovanni in separato
procedimento penale e, pertanto, le accuse di tali soggetti non erano risultate
false, bensì idonee a fondare l’esercizio dell’azione penale.

19. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
siano stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di duemila euro, in favore della cassa delle
ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso 1’11/10/2017.
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Fabrizio D’Arcangelo

Giovanni Conti

ragione “l’acquisizione di tutte le sentenze civili riguardanti un’immobile uso

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