Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53000 del 11/09/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 53000 Anno 2017
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: COSTANZO ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MARRA RAFFAELE (OBBL. PRESENT. P.G.) nato il 29/01/1972 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del 20/04/2017 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO COSTANZO;
lette/sentite le conclusioni del PG GIANLUIGI PRATOLA
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore
E’ presente l’avvocato SCACCHI FRANCESCO del foro di ROMA, anche in
sostituzione dell’avvocato MERLUZZI FABRIZIO, in difesa di MARRA RAFFAELE, il
quale conclude per l’accoglimento del ricorso.
Si da’ atto della presenza in aula di MARRA RAFFAELE.

Data Udienza: 11/09/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 20/04/2017, il Tribunale di Roma ha sostituito con gli
arresti domiciliari e il divieto di comunicazione ex art. 284, comma 2, cod. proc.
pen l’originaria custodia cautelare in carcere applicata a Raffaele Marra dal
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma per reati contro la

2. Nel ricorso di Marra si chiede annullarsi l’ordinanza per: a) violazione di
legge non sussistendo un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato
considerate le sopravvenute dimissioni volontarie – irrevocabili e con decorrenza
immediata – dall’incarico pubblico di dirigente comunale comunicate da Marra al
Comune di Roma con pec del 10/04/2017, dimissioni per le quali non è più
richiesta l’accettazione da parte della pubblica amministrazione e delle quali
comunque il dipartimento organizzazione e risorse umane del Comune ha
formalmente preso atto rendendo impossibile il trasferimento a altra pubblica
amministrazione e possibile il reinserimento di Marra in un ente pubblico solo
vincendo un nuovo concorso; b) violazione di legge e vizio di motivazione circa
l’attualità e la concretezza del rischio di inquinamento probatorio, stante la
richiesta di giudizio immediato, l’assenza di attività investigativa dopo
l’applicazione della misura cautelare e la sostanziale cristallizzazione del
materiale probatorio (le rogatorie sui movimenti bancari esteri sono solo mezzi di
ricerca della prova per reati mai ipotizzati) e poiché il provvedimento impugnato
non chiarisce come Marra potrebbe inquinare le prove (costituite da
intercettazioni di conversazioni, da documentazione e da una sola prova
dichiarativa).

3. Con ordinanza successiva al ricorso in esame, il 4/07/2017 il Tribunale di
Roma ha sostituito gli arresti domiciliari con il divieto di espatrio, l’interdizione
provvisoria dai pubblici uffici e dall’esercizio di attività imprenditoriali per 12
mesi, con obbligo di presentazione giornaliero alla stazione dei Carabinieri
territorialmente competente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il Tribunale ha accolto la richiesta (subordinata) della difesa
dell’appellante volta a ottenere la sostituzione della custodia cautelare in carcere
con gli arresti domiciliari, ma ha ritenuto ancora sussistenti, seppure affievolite,
2

Pubblica amministrazione.

le esigenze cautelari in relazione sia al rischio di reiterazione del reato, sia al
rischio di inquinamento probatorio. Invece il ricorso in esame assume
insussistenti le esigenze cautelari, per cui ne permane l’interesse anche dopo la
posteriore modifica del provvedimento impugnato.

2. Il pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, che l’art. 274 lett.
a) cod. proc. pen. richiede per l’applicazione di una misura cautelare, deve

possibile desumere, secondo la regola

dell’id quod plerumque accidit,

che

l’indagato può realmente influire sulla formazione della prova (nel procedimento
a suo carico e non in procedimenti diversi seppure connessi), ostacolandone la
ricerca o inquinandone le fonti. Per evitare che il requisito del concreto e attuale
pericolo perda il suo significato e si trasformi in semplice clausola di stile, il
giudice deve indicare, con riferimento all’indagato, le specifiche circostanze di
fatto dalle quali esso è desunto e fornisca sul punto adeguata e logica
motivazione (Sez. 6, n. 19048 del 04/03/2002, dep. 2003, Rv. 225215; Sez. 6,
n. 1460 del 19/04/1995, Rv. 202984).
Nella caso in esame, l’ordinanza impugnata, mentre si limita a osservare
(pag. 2) genericamente che il pericolo di inquinamento probatorio non viene
meno con la chiusura delle indagini preliminari (dovendo nel dibattimento essere
esaminati testimoni e indagati o imputati di reato connesso), considera (pag. 3)
che risulta cristallizzato il quadro probatorio ritenuto idoneo a sostenere l’accusa
in giudizio.

3. L’ordinanza impugnata (che sviluppa le sue argomentazioni sullo sfondo
di quelle della ordinanza con cui il Tribunale di Roma il 4/01/2017 ha confermato
la misura della custodia cautelare in carcere applicata a Raffaele Marra dal
Giudice per le indagini preliminari di Roma e in relazione alla quale questa
Sezione ha rigettato precedente ricorso di Marra con sentenza n. 13864 del
16/03/2017) ha ritenuto, “quanto al pericolo di recidiva”, che il “conferimento ad
altro dirigente dell’incarico già ricoperto da Marra non vale ad escludere il
ricollocamento dell’imputato in altra posizione apicale” all’interno del Comune di
Roma o presso altri enti pubblici (pag. 2).
Nei reati contro la pubblica amministrazione, la prognosi sulla pericolosità
dell’incolpato non è di per sé impedita dal fatto che l’indagato abbia dismesso la
carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva realizzato la condotta
contestatagli. Tuttavia, la validità di tale principio deve essere rapportata al caso
3

essere concreto e attuale e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia

concreto: il rischio di ulteriori condotte illecite del tipo di quella contestata deve
essere reso possibile dal permanere di una posizione soggettiva dell’agente nella
pubblica amministrazione e da specifiche circostanze fattuali che gli consentano
di continuare a mantenere, pur nell’ambito di funzioni o incarichi pubblici diversi,
condotte antigiuridiche che abbiano lo stesso rilievo e offendano la stessa
categoria di beni e valori del reato commesso (Sez. 6, n. 18770 del 16/04/2014,
Rv. 259685; Sez. 6, n. 19052 del 10/01/2013, Rv. 256223; Sez. 6, n. 6566 del

delle dimissioni del ricorrente e dell’accertamento della loro portata non si
esaurisce con la interpretazione dei dati normativi, ma richiede la ricostruzione
dell’inquadramento del rapporto di lavoro del Marra nel Comune di Roma, che
implica accertamenti di fatto incompatibili con la natura e le funzioni proprie del
giudizio di legittimità. Solo questa ricostruzione consente di stabilire se,
nonostante le dimissioni, persista o meno un inserimento di Marra
nell’organigramma del Comune di Roma (e, pertanto, se residuino
concrete possibilità di strumentalizzazione da parte del ricorrente di tale
posizione).
Invece, sia l’ordinanza impugnata, sia quella successivamente adottata dal
Tribunale di Roma – mentre danno atto delle “dimissioni volontarie dal Comune

di Roma con effetto immediato e irrevocabili” presentate da Marra con atto del
10/04/2017 – non chiariscono: a) quale è, sulla base della documentazione
acquisita, lo status giuridico di Marra all’interno del Comune di Roma; b) o, per
altro verso, se emergono concreti elementi per supporre che egli possa essere
assunto presso altre pubblica amministrazione.

4. Pertanto, le deduzioni sviluppare nel ricorso risultano fondate e
l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame sui punti
suindicati sub a) e sub b) al fine di chiarire se permangono concrete condizioni di
pericolo per la acquisizione e la genuinità della prova o di recidiva nel termini
espressi nell’art. 274 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame sul punto al
Tribunale di Roma-sezione per il riesame delle misure cautelari.
Così deciso 1’11/09/2017

13/12/2011, dep. 2012, Rv. 252037). In altri termini, la questione della efficacia

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