Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52998 del 19/10/2017

Penale Sent. Sez. 6 Num. 52998 Anno 2017
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: COSTANZO ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso la sentenza del 21/06/2016 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO COSTANZO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIELLA DE
MASELLIS
che ha concluso per
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
Udito il difensore
E’ presente l’avvocato ZACCAGNINI CARLO del foro di ROMA in difesa di
A.A. il quale si riporta ai motivi di ricorso.

Data Udienza: 19/10/2017

RITENUTO IN FATTO

 

1. Con sentenza n. 3360/2016, la Corte di appello di Bologna ha confermato
la condanna inflitta dal Tribunale di Bologna a A.A. ex artt.
81, 351 e 61 n. 2 cod. pen. con le circostanze attenuanti generiche prevalenti
sulla aggravante, per violazione della pubblica custodia di cose (atti processuali)

2. Nel ricorso di A.A. si chiede che la sentenza sia annullata, deducendo
vizio di motivazione: a) nel diniego della circostanza attenuante ex art. 62 n. 6
cod. pen. sebbene A.A. avesse spontaneamente restituito i beni sottratti e
assunto atteggiamento collaborativo; b) nel riconoscere l’elemento psicologico
del reato, pur mancando la prova della consapevolezza della funzione
conservativa dell’affidamento all’autorità e della conoscenza di procedimento
penale a suo carico; c) nell’applicare l’art. 81 cod. pen., erroneamente ritenendo
sussistenti due distinte condotte criminose; d) nella determinazione di una pena
distante dal minimo edittale trascurando criteri dettati dall’art. 133 cod.pen.; e)
nel disapplicare l’art. 131-bis cod. pen. disconoscendo la particolare tenuità del
fatto. Infine si chiede la correzione dell’erronea indicazione del nome del
difensore di fiducia presente nell’udienza in appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Delle due circostanze attenuanti del reato contenute nell’art. 62, n. 6, cod.
pen. (riparazione totale del danno e ravvedimento operoso), la seconda, quella
pertinente al caso in esame, si collega al cosiddetto danno criminale, cioè alle
conseguenze, diverse dal pregiudizio economicamente risarcibile, inerenti alla
lesione o al pericolo di lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale
violata (Sez. 3, n. 31841 del 02/04/2014, Rv. 260290; Sez. 1, n. 27542 del
27/05/2010, Rv. 247710).
Nella sentenza in esame, nella motivazione del diniego della circostanza,
mentre non è pertinente la considerazione della “oggettiva gravità del fatto”
rileva quanto espresso dalla Corte, secondo la quale “il contegno dell’imputato,

colto nella flagranza del reato, è stato tutt’altro che improntato a resipiscenza, se
non altro in considerazione del dichiarazioni parzialmente mendaci rilasciate in
sede di interrogatorio di convalida”.
2

essendosi impossessato dei beni indicati nel capo A).

t

Nel motivo di ricorso si assume la spontaneità della restituzione degli atti da
parte del ricorrente, ma non si considera che la Corte di appello ha evidenziato
che l’imputato fu sorpreso nella flagranza del reato e si deduce la mancanza di
una indicazione espressa delle dichiarazioni mendaci le quali, invece, sono
richiamate nella penultima pagina della sentenza. Vale, in ogni caso, osservare
che una eventuale insufficienza della argomentazione a sostegno del diniego non
si risolve automaticamente nella giustificazione fondatezza della attenuante.

La Corte ha chiaramente illustrato la prova dell’elemento psicologico del
reato rimarcando che all’interno del fascicolo stavano i fax contenenti una
nomina dell’imputato quale avvocato difensore con apposta una firma che era
stata da lui falsificata, per cui era stato avviato un procedimento penale nei suoi
confronti del quale era annotazione in una scheda spillata sul fascicolo
processuale che l’avvocato A.A. aveva chiesto di visionare.

3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha adeguatamente motivato circa la sussistenza di più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso: la prima consistente
nell’accartocciare e gettare nel cestino i due fax riguardanti la sua nomina nei
quali la firma della persona difesa (ma da questa disconosciuta) era stata da lui
personalmente falsificata; la seconda consistente nell’occultare dentro la sua
borsa i restanti atti e documenti contenuti nel fascicolo processuale da lui
compulsato.

4. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Nella valutazione della Corte la pena inflitta si discosta leggermente dal

minimo edittale” (che è di 1 anno, mentre nel massimo è di 5 anni di reclusione)
ma, se si considera che, tenendo conto della continuazione interna e delle
circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contesta aggravante, è stata
inflitta una pena di 9 mesi di reclusione, la pena risulta sostanzialmente aderente
al minimo edittale. Peraltro la Corte ha considerato la gravità del reato
evidenziando che la condotta illecita è stata realizzata da un avvocato penalista
dal quale “ci si sarebbe aspettato un maggior rispetto della legge in generale e di

quella penale in particolare”.

5. La ultima valutazione sopra richiamata è stata dalla Corte idoneamente
utilizzata anche per escludere la fattispecie di particolare tenuità ex art. 131-bis

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

t

cod. proc. pen.

nel disapplicare l’art. 131-bis cod. pen.. Vale, del resto,

considerare che la particolare tenuità del fatto non ha natura di causa di
giustificazione (il fatto particolarmente tenue è ancora offensivo sicché permane
l’antigiuridicità della condotta), ma costituisce mera condizione di non punibilità
che esclude l’irrogazione della pena (perché l’applicazione di un criterio di
proporzionalità – che è connesso al principio di uguaglianza – condurrebbe la
determinazione della pena sotto il limite del minimo edittale, limite peraltro nel
caso in esame non raggiunto nella determinazione della pena poiché l’avvenuto

circostanze attenuanti astrattamente riconoscibili ex art. 62 cod. pen. (Sez. 6, n.
44417 del 22/10/2015, Rv. 265065).
Pertanto anche il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle
ammende
Così deciso il 19/10/2017

riconoscimento delle attenuanti generiche non esaurisce il novero delle

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