Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52991 del 19/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 52991 Anno 2017
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) De Sousa Sabrina, nata il 19/11/1955;

Avverso l’ordinanza n. 532/2016 emessa il 20/07/2016 dalla Corte di
appello di Milano;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Giovanni
Di Leo, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 19/10/2017

RILEVATO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Milano dichiarava
inammissibile l’incidente di esecuzione presentato da Sabrina De Sousa ex art.
670 cod. proc. pen., finalizzato a ottenere la declaratoria di non esecutività della
sentenza pronunciata dalla stessa Corte di appello il 15/12/2010, del relativo
ordine di esecuzione – adottato il 24/09/2012 dalla Procura generale presso la
Corte di appello di Milano – e del mandato di arresto europeo emesso nei

La declaratoria di inammissibilità veniva pronunciata dal Giudice
dell’esecuzione sul presupposto che non emergevano vizi del titolo esecutivo
formatosi nei confronti di Sabrina De Sousa, né risultavano patologie del
connesso mandato di arresto europeo, divenuto esecutivo in conseguenza
dell’esaurimento dei mezzi di impugnazione attivati davanti all’autorità
giudiziaria portoghese.

2. Avverso tale ordinanza/ Sabrina De Sousa ricorreva per cassazione,
deducendo violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento
impugnato, in riferimento all’art. 670 cod. proc. pen., in relazione alla ritenuta
insussistenza dei presupposti per la declaratoria di non esecutività richiesta, che
erano stati valutati dalla Corte di appello di Milano con un percorso
argomentativo incongruo, che non teneva conto dei vizi procedurali che
inficiavano il mandato di arresto europeo in questione – attestati dall’erroneo
inquadramento della posizione processuale della ricorrente nell’ambito del
mandato medesimo – che avevano indotto in errore l’autorità giudiziaria
portoghese.
Non si era, inoltre, tenuto conto del fatto che la ricorrente non aveva
usufruito della rinnovazione del processo penale celebrato in sua assenza,
conclusosi con la sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Milano il
15/12/2010, alla quale la Corte di appello di Lisbona si richiamava
espressamente nel contesto della sua decisione, in conseguenza della quale
Sabrina De Sousa veniva consegnata all’autorità giudiziaria italiana in conformità
della richiesta presentata dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte
di appello di Milano.
In questo modo, la ricorrente era stata consegnata all’autorità giudiziaria
italiana dall’omologa autorità giudiziaria portoghese sul presupposto che, dopo la
consegna, avrebbe usufruito della rinnovazione del giudizio celebrato in sua
assenza; condizione processuale, questa, che non era stata risp tata dallo Stato

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confronti dell’istante.

italiano, la cui inosservanza inficiava l’intero procedimento di consegna
presupposto.
Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da Sabrina De Sousa è infondato.

Osserva preliminarmente il Collegio che nella procedura attiva di

consegna instaurata dallo Stato italiano nei confronti della ricorrente non sono
ravvisabili patologie processuali censurabili in questa sede.
Si consideri che la ricorrente veniva consegnata dall’autorità giudiziaria
portoghese a quella italiana a seguito di mandato di arresto europeo attivato
dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Milano,
conseguente alla sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano il 15/12/2010,
divenuta irrevocabile il 19/09/2012, con la quale l’imputata era stata condannata
alla pena di anni sette di reclusione per la commissione dei reati i cui agli artt.
110, 605, commi 1 e 2, cod. pen.
Il provvedimento di consegna di Sabrina De Sousa, conseguente
all’attivazione del mandato di arresto europeo da parte dell’autorità giudiziaria
italiana, quindi, veniva pronunciato dalla Corte di appello di Lisbona il
12/01/2016, divenendo irrevocabile il 10/02/2016.
In questa cornice, è anzitutto necessario richiamare il principio di diritto
affermato dalle Sezioni unite in tema di impugnabilità del mandato di arresto
europeo, secondo cui: «Non sono impugnabili nell’ordinamento interno, neanche
ai sensi degli artt. 111, comma settimo, Cost. e 568, comma secondo, cod. proc.
pen., il mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria italiana nella
procedura attiva di consegna (artt. 28, 29 e 30 della L. 22 aprile 2005, n. 69) ed
il provvedimento emesso (eventualmente in forma di m.a.e.) dalla stessa
autorità nella procedura di estensione attiva della consegna di cui agli artt. 32 e
26 della legge sopra citata, potendo i loro eventuali vizi essere dedotti solo nello
Stato richiesto, qualora incidano sulla procedura di sua pertinenza, e secondo le
regole, le forme ed i tempi previsti nel relativo ordinamento» (Sez. U, n. 30769
del 21/06/2012, Caiazzo, Rv. 252891).
Questo orientamento, a sua volta, si inserisce in un filone giurisprudenziale
consolidato di questa Corte, in tema di impugnabilità del mandato di arresto
europeo, secondo cui nell’ambito della procedura attiva di consegna è possibile
contestare, dinanzi all’autorità giudiziaria italiana, soltanto il titolo su cui si fonda
il mandato, ma non direttamente quest’ultimo, che è un atto consequenziale,
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2.

specificamente

indirizzato

all’autorità

giudiziaria

estera

in

funzione

dell’attivazione della procedura in questione (Sez. 6, n. 20823 del 19/01/2010,
Bosti, Rv. 247360; Sez. 6, n. 9273 del 05/02/2007, Shirrefs Fasola, Rv.
235557).
Ne discende che tutte le questioni riguardanti la procedura attiva di
consegna devono farsi valere dinanzi all’autorità giudiziaria dello Stato – nel
nostro caso il Portogallo – al quale viene presentata la richiesta, secondo le
regole, le forme e i tempi previsti dal relativo ordinamento. Ne consegue che è,

incidano sulla procedura di esecuzione, eventuali vizi del mandato di arresto
europeo (Sez. 6, n. 45769 del 31/10/2007, Di Summa, Rv. 23809; Sez. 6, n.
18466 dell’11/01/2007, Qerimaj Safet, Rv. 236577).
Né potrebbe essere diversamente, atteso che, come osservato dalle Sezioni
unite, nell’arresto sopra richiamato (Sez. U, n. 30769 del 21/06/2012, Caiazzo,
cit.), il mandato di arresto europeo non è un è atto rivolto al soggetto
destinatario della misura, ma un provvedimento indirizzato «all’autorità estera,
con carattere chiaramente accessorio e strumentale rispetto al provvedimento
restrittivo di cui vuole conseguire la concreta esecuzione mediante la
cooperazione di detta autorità […]».
2.1. Tanto premesso, occorre ribadire che il mandato d’arresto europeo è la
richiesta di un’autorità giudiziaria di uno Stato membro dell’Unione europea
finalizzata a ottenere l’arresto e la consegna di un soggetto che si trova in un
altro Stato membro. Tale procedura di consegna si fonda sul principio del
riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e opera mediante contatti
diretti tra le autorità giudiziarie degli Stati membri dell’Unione europea.
In questa cornice, deve rilevarsi che, nel caso di specie, i rimedi
giurisdizionali preposti a tutela della sua posizione di soggetto consegnabile
venivano regolarmente attivati da Sabrina De Sousa, che impugnava la decisione
di consegna emessa dalla Corte di appello di Lisbona il 12/01/2016, su richiesta
dell’autorità giudiziaria italiana, davanti al Supremo Tribuna! de Justiga – la Corte
suprema portoghese – che, a sua volta, rigettava il ricorso con sentenza
pronunciata il 10/02/2016, rendendo irrevocabile la pronuncia della Corte di
appello di Lisbona.
Infine, avverso la decisione sfavorevole alla ricorrente, emessa dal Supremo
Tribuna! de Justiga, veniva proposto un incidente di costituzionalità davanti alla
Corte costituzionale portoghese, che lo dichiarava inammissibile con ordinanza
del 15/04/2016.
Ne deriva che l’incidente di esecuzione proposto da Sabrina De Sousa
davanti alla Corte di appello di Milano, ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen.,
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solo in tale ambito giurisdizionale, che possono essere fatti valere, se e in quanto

costituisce una mera, non consentita, riproposizione delle istanze di tutela
giurisdizionale attivate dalla ricorrente davanti all’autorità giudiziaria portoghese,
che si concludevano con la decisione emessa dal Supremo Tribuna! de Justiga il
10/02/2016.

3. A tali dirimenti considerazioni deve aggiungersi che le doglianze sollevate
dalla difesa di Sabrina De Sousa in questa sede appaiono smentite dalle
risultanze processuali, che impongono di ribadire l’infondatezza del ricorso in

Si consideri, innanzitutto, che la circostanza che la Corte di appello di
Lisbona avesse consegnato la ricorrente all’autorità giudiziaria italiana per
consentire la rinnovazione del processo penale celebrato in sua assenza e non
già per eseguire la sentenza irrevocabile di condanna irrogata nei suoi confronti,
non rileva ai presenti fini processuali, per le ragioni esposte nei paragrafi 2 e 2.1,
cui si deve rinviare.
Non può, in ogni caso, non rilevarsi che tali patologie procedurali, sulle quali
è precluso a questo Collegio ogni ulteriore vaglio (Sez. U, n. 30769 del
21/06/2012, Caiazzo, cit.), non inficiano la regolarità della decisione irrevocabile
presupposta – emessa dalla stessa Corte di appello di Milano il 15/12/2010,
divenuta irrevocabile il 19/09/2012 – in relazione alla quale la ricorrente potrà
eventualmente attivare il rimedio della restituzione in termini di cui all’art. 175
cod. proc. pen., che non risulta azionato dalla condannata (Sez. 1, n. 51773 del
26/11/2013, Kosterri, Rv. 258233; Sez. 5, n. 31728 del 19/05/2015, Mutolo, Rv.
264470).
Priva di rilievo appare anche l’ulteriore doglianza, secondo cui la posizione
processuale della ricorrente era stata erroneamente inquadrata in sede di
emissione del mandato di arresto europeo – venendo ricondotta alla condizione
degli imputati che non hanno avuto conoscenza del processo penale celebrato
nei loro confronti -, atteso che tale inquadramento risulta ininfluente rispetto
all’esercizio delle prerogative difensive della consegnata, legittimamente attivate
dinanzi all’autorità giudiziaria portoghese, con le modalità di cui si è detto nel
paragrafo 2.1, cui si deve ulteriormente rinviare.
Si consideri, infine, che nel provvedimento con cui la Corte di appello di
Lisbona ordinava la consegna all’Italia di Sabrina De Sousa veniva posta quale
unica condizione quella della sua riconsegna allo Stato estradante portoghese qualora l’istante lo avesse richiesto e in conseguenza della sua nazionalità
portoghese – per scontare l’eventuale condanna irrogata dall’autorità giudiziaria
italiana; condizione, questa, che non risulta essere stata violata dall’autorità
giudiziaria italiana.
5

esame.

Queste considerazioni impongono di ribadire l’infondatezza del ricorso in
esame.

4. Per queste ragioni, il ricorso proposto da Sabrina De Sousa deve essere
rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 19/10/2017.

P.Q.M.

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